Misurare la circonferenza addominale con un metro da sarta posto attorno alla vita all’altezza dell’ombelico potrebbe svelarci molto di più sulla nostra salute rispetto al solo peso corporeo letto sulla bilancia. Un articolo di recente pubblicato su ‘Nutrition, Obesity and Exercise’ ha dimostrato, infatti, che un punto vita abbondante, superiore a 88 cm (cioè un’obesità di tipo centrale), anche quando il peso corporeo è normale, nelle donne in post-menopausa risulta associato a un aumento della mortalità rispetto alle donne normopeso con circonferenza vita nella norma.
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Perché misurare il giro vita
“Il messaggio che emerge da questo studio – spiega la professoressa Patrizia Burra, ordinario di Gastroenterologia, dipartimento di Scienze chirurgiche, oncologiche e gastroenterologiche dell’Università degli Studi di Padova e vicepresidente della Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva (SIGE) – è importante perché, analizzando un’ampia coorte prospettica, ha permesso di evidenziare come donne di peso corporeo normale, che presentino però obesità centrale, siano a maggior rischio di mortalità rispetto a donne di peso normale senza obesità centrale e che questo rischio sia simile a quello delle donne obese. Ciò significa che basare la valutazione del rischio comportato dall’obesità solo sulla base del calcolo dell’indice di massa corporea (BMI) non consente di individuare l’aumentato rischio di mortalità proprio delle donne normopeso, ma con distribuzione del grasso di tipo centrale”.
A rischio anche le donne più giovani
Anche un altro studio (Normal-Weight Central Obesity: Implications for Total and Cardiovascular Mortality)pubblicato nel 2015, analizzando i dati relativi a 15.184 persone (52.3 per cento donne) di età compresa tra i 18 e i 90 anni, aveva riscontrato che nelle persone normopeso, ma con obesità centrale, il rischio di mortalità generale e da eventi cardiovascolari fosse superiore rispetto a soggetti con indice di massa corporea simile ma senza distribuzione del grasso a livello centrale, dato che è stato confermato nelle donne.
Dalla bilancia al metro
L’associazione tra circonferenza vita e rischio di malattie è spiegata dal fatto che la circonferenza vita rappresenta una valida indicazione sull’accumulo del tessuto adiposo in sede viscerale: questa particolare localizzazione rappresenta un fattore di rischio più significativo per le patologie croniche di quanto sia la quantità assoluta di massa grassa. Infatti, il tessuto adiposo, in particolare quello viscerale, non è un semplice tessuto di accumulo, ma agisce come un vero e proprio organo capace di influenzare varie funzioni dell’organismo anche in senso negativo (infiammazione, rischio di trombosi, insulino-resistenza).
Il messaggio che arriva dagli esperti è dunque chiaro e semplice: non affidarsi solo alla bilancia, ma misurare sempre il giro vita! Anche perché il peso è dato dalla somma di quattro componenti corporee: acqua, ossa, massa grassa e massa magra muscolare. La bilancia, quindi, ci dà indicazione del fat point, ossia ci fa scoprire se siamo in peso forma o in sovrappeso, ma non ci mostra dove è accumulato il grasso o viene perso il peso. Il metro, invece, genera la fat line, cioè il profilo estetico, la silhouette, le zone in cui si immagazzina o si perde il grasso. Attenzione, dunque: valori della circonferenza della vita superiori a 102 cm nei maschi e a 8 8cm nelle femmine sono fortemente associati al rischio di seri problemi per la salute, quali il diabete di tipo 2, la sindrome metabolica e tutte le altre complicanze metaboliche dell’obesità. Vanno considerati campanelli di allarme anche valori superiori a 94 cm nel maschio e a 80 cm nella femmina, anch’essi associati ad un aumento del rischio di malattie cronico-degenerative.
Importante, come dimostrano gli studi scientifici citati, è ricordare che la misura della circonferenza della vita è utile anche in individui in leggero sovrappeso e nelle persone con peso normale: in questi casi, valori superiori ai limiti indicati sono comunque segno di un aumentato rischio.