Roland Garros: Lady Oscar, Materazzi e mamma Siglinde battono Alcaraz

Che c’entra Materazzi con la finale del Roland Garros? E Lady Oscar? Tutto. Perché sugli spalti, l’unica lezione l’ha data mamma Siglinde

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Irene Vella

Giornalista, Storyteller, Writer e Speaker

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Pubblicato: 9 Giugno 2025 12:35

Jannik Sinner ha sfiorato il sogno della vita, un primo Roland Garros, un’impresa titanica durata 5 ore e 29 minuti, la finale più lunga dell’Era Open. Sul campo, due gladiatori: Carlos Alcaraz, campione in carica e numero 1 del mondo, e il nostro Jannik, che dopo aver avuto tre match point e aver servito per il torneo, ha visto sfumare il titolo per un soffio. Il punteggio: 4-6 6-7(4) 6-4 7-6(3) 7-6(2). Un dramma sportivo che ha dimostrato la forza delle tre C spagnole — corazón, cabeza y cojones — e la tenacia del giovane altoatesino, che ora volge le sue ambizioni all’erba di Wimbledon.

Ma al di là dei numeri e delle emozioni sul campo, quello che più colpisce, e fa sorridere, è il modo in cui questo match è stato vissuto sugli spalti e da chi guarda da casa. Vi confesso: io non sono una tifosa di tennis. Anzi, se non ci fosse mio marito che pianta la televisione e guarda tutto, probabilmente non guarderei mai una partita. E ogni volta che passo davanti alla tv, sento quei versi strani, quasi un set di un film porno (giuro!), e mi chiedo: “Ma che soddisfazione c’è a vedere due persone che si tirano una pallina avanti e indietro per ore?”

Eppure ieri, senza neanche rendermene conto, mi sono ritrovata incollata allo schermo per la finale del Roland Garros 2025. Mancavano solo un paio d’ore alla fine della partita, ma quei due ragazzi in campo, Sinner e Alcaraz, avevano già dato vita a uno spettacolo infinito: cinque ore e mezza di gioco, una finale mai vista prima, la più lunga nella storia dell’Era Open.

Cinque ore e 29 minuti in cui si sono dati battaglia con una passione feroce, un’espressione quasi tragica negli occhi e una tensione che si tagliava col coltello. Alla fine ha vinto Alcaraz, ribaltando la partita dopo essere stato sotto di due set. Ma più della partita, mi ha colpito qualcosa di molto più umano.
Jannik Sinner, il nostro campione, è entrato in campo con la compostezza di chi sa cosa sta facendo, ma anche con la sofferenza scritta sul volto. Gli occhi non mentono: a ogni errore, a ogni punto perso, si leggeva la voglia disperata di vincere e la fatica che si fa a non mollare. Poi c’era Alcaraz, l’altra faccia della medaglia, che sembrava un personaggio uscito da un cartone animato. Ogni punto era una festa, un’esplosione di energia e urla, a volte fin troppo plateale, quasi a voler scaldare il pubblico come se fosse l’animatore del villaggio.

E qui veniamo al pubblico: il tifo francese, che ha preso di mira soprattutto Sinner, senza motivo apparente. Per qualche ragione, ogni volta che un italiano, un vincente, gioca in Francia sembra scattare un meccanismo di fastidio nazionale, e il pubblico diventa decisamente scorretto. Non sto parlando solo di qualche fischio, ma di un vero e proprio boicottaggio emotivo. Scusate se lo dico in modo brutale, ma viene da pensare “Materazzi quel giorno del 2006 ha fatto bene”, io ogni volta che sono in fila, al museo, in banca e mi ritrovo davanti un francese maleducato lo ripeto ad alta voce: “Bravo Materazzi, tu sì che hai fatto bene quel giorno, hai smascherato con una parola i francesi finti cortesi”. Sì, avete capito bene. Sarà il loro nazionalismo esasperato, sarà che forse non ci sopportano, sarà quel che sarà, ma il tifo francese ieri è stato proprio brutto da sentire.

Però, non è vero che non sopporto tutti i francesi. Anzi, io ho amato e amo profondamente Lady Oscar e Andrè. Solo che, aspettate, adesso che mi sovviene, Lady Oscar e André sono stati fucilati e uccisi alla presa della Bastiglia, proprio dai francesi, secondo me sono gli stessi francesi che ieri tifavano Alcaraz e non Sinner, ecco perché non li tollero, hanno pure “fatto fuori” la mia adorata Lady Oscar, e questa è una ferita che non si rimarginerà mai. (Sono ironica, spero di non doverlo spiegare, ma è comunque meglio mettere un disclaimer…)

E poi arriva lei, la genuinità fatta persona: Siglinde, la mamma di Sinner. La mamma di Jannik sembra una di noi, una mamma normale, quella che la domenica mattina porta il figlio all’oratorio, o alla finale nazionale dei punti Esselunga, con lo stesso sguardo, la stessa ansia, la stessa sofferenza dipinta sul volto. Non importa che sia la mamma di un campione del mondo o di un numero 1: una mamma resta una mamma. È bellissimo vedere il viso di questa donna cambiare espressione a seconda del momento del gioco, ci avresti potuto leggere il risultato in quegli occhi,  e pur sapendo di avere un campione davanti, vive ogni punto come se fosse la partita del cuore. Quella mamma che si contorce, che si emoziona, che trattiene il respiro, che nei momenti di difficoltà non si arrende.

Questa spontaneità è un tifo vero, puro, sincero, quello che ieri è mancato sugli spalti, mentre i francesi sparano cori scorretti, gioendo degli sbagli di Jannik, la risposta vera è nel tifo di quella mamma che siamo tutti in grado di riconoscere, perché fa parte di noi, della nostra umanità.
Insomma, ieri non è stato solo uno spettacolo sportivo. È stata una lezione di vita, di tenacia, di passione e soprattutto di amore vero, quello di una mamma che, come tante, tifa col cuore.

PS. E comunque cari francesi ci vediamo alla prossima, ride bene chi ride ultimo. E sempre viva LADY OSCAR.