Chiara Ferragni, ipotesi di truffa aggravata per il caso Balocco: cosa ha fatto scattare l’indagine

Il caso del pandoro "Pink Christmas" è arrivato sul tavolo della Guardia di Finanza: cos'ha fatto partire l'indagine contro Chiara Ferragni

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Martina Dessì

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Il caso del pandoro griffato Chiara Ferragni finisce sotto indagine. Al centro degli accertamenti della Procura, ci sono i diversi messaggi di posta elettronica scambiati tra il team dell’imprenditrice digitale e Balocco, il cui contenuto rimane secretato fino alla fine delle indagini che dureranno ancora per molti mesi. Intanto, sia l’influencer che Alessandra Balocco, anche lei indagata, si sono dette serene e pronte a collaborare con la magistratura.

Cosa dicono le email tra Chiara Ferragni e Balocco

Gli accertamenti sono partiti dall’Agcm che, al termine di tutte le verifiche, ha deciso di sanzionare Chiara Ferragni con una multa da un milione di euro per pratica commerciale scorretta. Solo successivamente, le Procure e la Guardia di Finanza di Milano hanno avviato le indagini prima contro ignoti e senza accusa di reato, poi indirizzandosi verso le due imprenditrici. Il contenuto di alcune di queste email era stato rivelato proprio dall’Antitrust in dicembre, al momento della pubblicazione del provvedimento.

Le email in cui si parla di come inserire il tema delle donazioni nella comunicazione commerciale per la vendita del pandoro con spolvero rosa risalgono a novembre 2022, proprio quando il manager della Balocco aveva sollevato il problema della possibile ambiguità del messaggio: “Per noi è molto importante sottolineare il sostegno al progetto benefico senza menzionare le vendite (in quanto si tratta di una donazione che non è legata all’andamento del prodotto sul mercato)”, riporta Corriere della Sera, indicando uno dei testi dei messaggi tra l’azienda dolciaria e il team Ferragni.

E ancora: “Massima attenzione all’attività benefica che ci espone a pubblicità ingannevole se correlata alle vendite. Occorre spiegarglielo bene, meglio forse per telefono”. Seguono alcune correzioni, in cui il team propone un nuovo comunicato stampa: “Buongiorno. Ho rivisto il comunicato in qualche punto. Te lo rimando in allegato. […] ‘Lo storico brand piemontese Balocco, riconosciuto ed apprezzato nel mondo per l’eccellenza della sua offerta natalizia, presenta una novità esclusiva: il pandoro Chiara Ferragni, le cui vendite serviranno a finanziare un percorso di ricerca promosso dall’Ospedale Regina Margherita di Torino'”. A far discutere è però questo messaggio: “Mi verrebbe da rispondere che in realtà le vendite servono per pagare il vs cachet esorbitante”.

L’azione del Codacons e gli scenari futuri

Nel frattempo, il Codacons è nuovamente sceso in campo per lanciare una “azione collettiva contro Chiara Ferragni per conto di tutte le parti lese dai presunti illeciti per cui indaga la magistratura, volta a far ottenere ai consumatori che hanno acquistato il pandoro Balocco ‘Pink Christmas’ il rimborso delle maggiori somme pagate”.

In particolare, l’Associazione presieduta da Carlo Rienzi sottolinea che “con la nostra azione miriamo a far ottenere rimborsi per complessivi 1,65 milioni di euro agli acquirenti del pandoro griffato Ferragni, somma calcolata sugli oltre 290mila pandori venduti nel 2022 (su un totale di 362.577 pezzi commercializzati) e pari alla differenza tra il prezzo del pandoro ‘normale’ Balocco (3,68 euro) e quello griffato Ferragni (9,37 euro), incremento di valore che, complici i post dell’influencer, avrebbe fatto ritenere che la maggiorazione di prezzo di 5,69 euro fosse il valore della donazione in solidarietà dei singoli acquirenti”.

Al centro delle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco, ci sarebbe solo il caso del pandoro griffato mentre quelle per le uova di Pasqua e della bambola Trudi seguirebbero filoni paralleli e secondari. I magistrati stanno quindi rivolgendo la loro attenzione verso la comunicazione legata al dolce di Natale. Chiara Ferragni e Alessandra Balocco non sono ancora state convocate per un interrogatorio ma i legali dell’imprenditrice – Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana –  hanno già incontrato il pubblico ministero.