Ha occhi azzurro ghiaccio, onde bionde perfette e un paio di jeans che ora sono diventati una dichiarazione politica. Sydney Sweeney, volto amatissimo di serie come Euphoria e The White Lotus, è finita al centro di una tempesta mediatica senza precedenti. Tutto per una pubblicità apparentemente innocua – ma solo in apparenza – realizzata per American Eagle. Uno spot che ha fatto infuriare la sinistra liberal, galvanizzato i repubblicani (compreso Donald Trump in persona) e acceso un dibattito rovente che va ben oltre la moda.
Il claim? Un gioco di parole audace quanto semplice: “Sydney Sweeney has great jeans”, dove il termine “jeans” gioca volutamente con “genes”, ovvero geni. E da lì, il caos.
Sydney Sweeney e un paio di jeans
Nella clip – decisamente accattivante – Sydney Sweeney compare in total denim, con una giacca over abbinata a jeans a vita alta che scolpiscono la silhouette. La ripresa è lenta, la luce dorata, l’atmosfera volutamente sensuale. Poi la frase: “Genes are passed down from parents to offspring, often determining traits like hair color, personality and even eye color. My jeans are blue”. Un’inquadratura ravvicinata rivela i suoi occhi chiarissimi, mentre la voce fuori campo commenta: “I miei jeans sono blu”.
A qualcuno è bastato questo per evocare spettri inquietanti. Il biondo, gli occhi azzurri, il richiamo alla genetica. È subito bufera. Sui social piovono accuse di razzismo, suprematismo bianco, eugenetica, “propaganda nazista in chiave fashion”, scrive qualcuno su TikTok. Le critiche più feroci vengono dal fronte liberal e woke: usare una ragazza così convenzionalmente perfetta per parlare di “geni” sembra, per molti, un ritorno ai peggiori stereotipi del passato.

C’è chi, come l’antropologa Shalini Shankar, accusa il brand di strizzare l’occhio al nazionalismo bianco. “Il linguaggio è usato in modo molto intenzionale”, ha dichiarato alla CNN, leggendo nello spot una chiara presa di posizione anti-woke e un’allusione ideologica più sottile.
Trump: “È lo spot più sexy in circolazione”. E le azioni volano
Ma se la sinistra si scandalizza, la destra esulta. Donald Trump, sempre pronto a cavalcare le onde più agitate del discorso pubblico, ha colto al volo l’occasione per schierarsi: “Sydney Sweeney ha lo spot più sexy in circolazione. È per American Eagle, e i jeans stanno volando via dagli scaffali. Vai, Sydney!” ha scritto su Truth Social.
Nel giro di poche ore, le azioni di American Eagle sono salite del 23%. Non è chiaro se davvero la campagna stia facendo impazzire i consumatori o solo infiammando il dibattito, ma l’effetto Sweeney, almeno in borsa, è concreto.

Trump, entusiasta, ha poi rilanciato il confronto con Taylor Swift – definita “non più sexy” dopo aver sostenuto Kamala Harris – e ha paragonato la situazione a quella del boicottaggio Bud Light del 2023, legato alla partnership con l’influencer transgender Dylan Mulvaney. “La marea è cambiata: essere woke è da perdenti, essere repubblicani è la scelta giusta”, ha chiosato.
E per rendere tutto ancora più politicamente infuocato, è spuntata anche la notizia della registrazione di Sydney Sweeney come elettrice repubblicana in Florida. Il dettaglio ha fatto esplodere il caso, confermando per alcuni che la scelta dell’attrice per la campagna fosse tutt’altro che casuale. Trump, informato dai giornalisti mentre saliva sull’Air Force One, ha esclamato: “È una repubblicana? Allora ora adoro il suo spot!”.
La risposta di American Eagle (e il silenzio di Sydney)
Nel frattempo, mentre il mondo si divide su jeans vs genes, Sydney Sweeney resta in silenzio. L’attrice non ha ancora commentato pubblicamente, e forse mai lo farà. Nessun post, nessuna intervista, nessuna smentita. L’unica dichiarazione arriva direttamente da American Eagle: “‘Sydney Sweeney Has Great Jeans’ è e sarà sempre incentrato sui jeans. I suoi jeans. La sua storia. Continueremo a celebrare il modo in cui ognuno indossa i jeans American Eagle con fiducia, a modo proprio”.
Il brand, insomma, tiene il punto. Nessuna scusa, nessun dietrofront. E per il momento, pare funzionare. L’advertising classico – con sex appeal, semplicità e star power – sembra tornare prepotentemente di moda dopo anni di narrazioni ideologiche e comunicazione inclusiva forzata.

I politici che si sono schierati: “Bella = Nazi?”
Tra i sostenitori più entusiasti dello spot, anche il senatore Ted Cruz, che ha twittato: “Adesso la sinistra radicale è contro le donne belle. Ottimo per i sondaggi”. Più ironico, ma non meno diretto, il vicepresidente J.D. Vance ha dichiarato: “Il mio consiglio ai Democratici? Continuate a dire che chi trova Sydney Sweeney attraente è un nazista”.
Il caso ha generato un corto circuito mediatico difficile da ignorare. Una pubblicità di jeans è diventata, nel giro di poche ore, il manifesto di un’America divisa tra chi accusa di razzismo anche i capi d’abbigliamento e chi vorrebbe tornare a spot “vecchio stile”, senza pretese ideologiche.
Certo è che la campagna, creata per attirare un pubblico giovane, sta parlando (e urlando) a tutt’altra platea. Gli adolescenti? Non pervenuti. Al loro posto, opinionisti, politici, giornalisti e professori universitari.

Ma cosa c’entra davvero l’eugenetica?
Nel cuore delle accuse mosse allo spot c’è un sottotesto inquietante: l’idea che scegliere una bionda dagli occhi chiari per una pubblicità giocata sulla parola “geni” possa rievocare antichi fantasmi, come la selezione della razza. Eppure lo spot, se visto con occhi meno accesi, resta una provocazione tutto sommato ironica. Il tono è volutamente leggero, il gioco di parole palese.
In un’altra versione del video, la parola “genes” viene barrata e sostituita da “jeans”, con un effetto visivo da spot anni ’90. In sottofondo, Sydney parla con tono complice, quasi da testimonial d’altri tempi. In un’altra scena si rivolge direttamente alla camera: “I miei jeans sono blu”. E intanto qualcuno nota che il cameraman si distrae… inquadrando il décolleté. Il tutto condito da un montaggio che sembra più un omaggio al vintage che un manifesto politico.