Niko Pandetta: la storia e come si chiama davvero

Dal passato difficile all'amore per la musica, fino all'arresto: la storia del cantante Niko Pandetta, uno dei neomelodici/trapper di maggior successo

Il corpo e il volto ricoperti da tatuaggi, look super firmati e foto che immortalano una vita estrema in cui lusso, armi e mazzette di denaro sono all’ordine del giorno. Si definisce “Melo Ganstar Italiano” nella description del suo profilo Instagram il cantante neomelodico Niko Pandetta, una vera celebrità tra gli amanti del genere. Fuori dagli schemi, senza dubbio, con uno stile inconfondibile e la spesso citata (e contestata) vicinanza con la malavita. Oltre che una totale avversione per la legge, che non ha mai nascosto in alcun modo.

Niko Pandetta, dal passato difficile all’amore per la musica

Classe 1991, Niko Pandetta è nato a Catania nel quartiere Cibali. Il suo è un passato difficile, segnato da una famiglia problematica e dallo spaccio di droga, attività che gli ha procurato non pochi problemi con la legge. Il carcere è certamente un’esperienza che ti segna e per Niko Pandetta a un certo punto è arrivato il momento di dire basta con tutto questo.

La musica è stata per lui l’occasione di riprendere in mano la sua vita, abbandonando la strada e realizzando a poco a poco i suoi sogni. Giunto al successo come cantante neomelodico – uno dei più celebri del Bel Paese – Pandetta ha poi deciso di cambiare genere, segnando un punto di rottura col passato e dedicandosi al rap e alla trap, quest’ultima genere in voga soprattutto tra i giovanissimi. Così ha dato vita a uno stile unico che lo renderebbe riconoscibile anche a milioni di anni luce di distanza.

Niko Pandetta, il vero nome (e la parentela col boss)

Un passato da galeotto e un presente da artista. Almeno era quello che si era prefissato quando ha deciso di dare il via alla sua carriera nel mondo della musica neomelodica, scegliendo un nome d’arte com’è d’uso tra moltissimi cantanti di questo genere: il vero nome di Niko Pandetta è, infatti, Vincenzo.

Tra un concerto e l’altro, Pandetta ha continuato ad avere guai con la legge ed è da sempre inviso alle Forze dell’Ordine per via della sua strettissima parentela con un boss pluripregiudicato di Cosa Nostra, Salvatore “Turi” Cappello, condannato al 41 bis dal 1993 e braccio destro di Salvatore Pillera. Lo stesso zio che ha esaltato in uno dei suoi brani di maggior successo, senza troppi giri di parole e scatenando le ire di molti: “Zio Turi io ti ringrazio ancora per tutto quello che fai per me – canta nel brano -, sei stato tu la scuola di vita che mi ha insegnato a vivere con onore. Per colpa di questi pentiti sei chiuso là dentro al 41 bis”.

Proprio per via della canzone incriminata, il cantante più volte è stato costretto ad annullare alcune date dei suoi tour, nonostante abbia ribadito più volte di essere cambiato: “Sono nato e cresciuto in strada, nella mia vita ho commesso molti errori e li ho pagati sempre a caro prezzo. Quando sono tornato in libertà ho inciso il mio primo singolo ed ha avuto un enorme successo ed ha suscitato a molte critiche. Ma ero un ragazzo diverso avevo la testa altrove. Oggi ringrazio sempre di essere cambiato e che l’unica passione che avevo da bambino mi ha salvato dalla strada e permesso di realizzare alcuni dei miei sogni”.

Niko Pandetta arrestato a Milano

Cambiato o no, l’unica certezza è che Niko Pandetta è stato rintracciato e arrestato a Milano dagli agenti della sezione Criminalità organizzata della Squadra mobile nella mattinata del 19 ottobre 2022 con le accuse di spaccio di droga ed evasione, per cui aveva già ricevuto un ordine di carcerazione.

Dopo aver visto respinto il ricorso presentato dai suoi avvocati difensori (rendendo definitiva la condanna a 4 anni di carcere), Pandetta aveva deciso di sfuggire alla pena con la complicità del suo manager, che lo avrebbe aiutato a nascondersi. Nei giorni di “latitanza” non sono mancate le provocazioni sui social: “Maresciallo, non ci prendi”, aveva scritto su Instagram postando una foto con indosso il cappello da Carabiniere.

Ma alla fine sembra aver avuto la meglio il buon senso: “Sono cambiato ma pagherò il mio passato finché ci sarà da pagarlo. Non fuggo più né dalla polizia, né dalle mie responsabilità“.