Kim Kardashian, piaccia o meno, è tra i personaggi più rilevanti della contemporaneità. Fa parlare di sé per la sua strampalata, famosissima famiglia; per il matrimonio burrascoso; gli outfit esagerati; le imprese miliardarie e una vita che è tutto fuorché comune. Il suo reality show si trasforma oggi in un poliziesco e Kim diventa protagonista di un’avvincente e decisamente insolita vicenda giudiziaria. Il processo partito a seguito della rapina di cui fu vittima a Parigi, è già il più seguito di Francia.
L’incubo di Kim Kardashian: rapinata e rapita a Parigi
Era la notte del 3 ottobre 2016, Kim Kardashian si trovava a Parigi in occasione della settimana della moda. Era da poco tornata nella sua suite all’ Hôtel de Pourtalès, nel centro della capitale francese. Sente qualcuno aprire la porta, crede sia la sorella Kourtney, la saluta ma non riceva alcuna risposta. E qui inizia la mezz’ora più brutta della sua vita. In camera entrano due uomini vestiti da poliziotto, incappucciati. Tra loro il portiere dell’albergo, con le mani ammanettate. Kim crede siano dei terroristi, chiama immediatamente il 911, ma quello è il numero d’emergenza statunitense, a Parigi non funziona.
“Ho pensato che mi avrebbero sparato. – raccontò qualche ora dopo alla gendarmerie – Quando ho capito che l’arma era vera, ho deciso di fare tutto quello che mi chiedevano”. I rapinatori le strappano di mano l’iPhone, le chiedono il “ring” che ha al dito, ma il loro accento francese rende la vittima dura di comprendonio. Kim si agita, balbetta, i malviventi diventano sempre più irrequieti. Va a finire che prendono la star, la imbavagliano, le legano mani e piedi e la chiudono in bagno mentre prendono tutto ciò che di prezioso riescono a trovare in stanza.
Salvifica fu una chiamata in arrivo sul cellulare dell’influencer. È la guardia del corpo che, senza dubbio, sarebbe arrivata da lì a poco se non avesse ricevuto risposta. I ladri si spaventano, raccolgono il bottino e scappano via, in bicicletta. “Una sensazione indescrivibile, come se il cuore mi uscisse dal petto. Ero certa che sarei morta” ha raccontato Kim.
I “nonni rapinatori”
Quando a essere rapinata è una delle donne più famose del mondo il colpevole va trovato in fretta, in gioco vi è la reputazione della polizia nazionale. E così, grazie a tracce di Dna rinvenute nella suite, i colpevoli si trovano, ma sono quelli che nessuno avrebbe immaginato. La stampa statunitense li ha ribattezzati GrandPa Gang, la “banda dei nonni”, un’associazione a delinquere formata da malviventi di lungo corso. Perché il più vecchio di loro ha 80 anni (e per questo, per motivi di salute, è stato escluso dal processo) e un altro è addirittura deceduto nel frattempo.
Dei 12 imputati saranno dunque 10 a finire davanti al giudice del processo che ha preso il via proprio in questi giorni. Tra loro Yunice Abbas, anni 71, che sulla vicenda ha persino scritto un libro, dal rivelatore titolo Ho rapito Kim Kardashian. Il capo banda è soprannominato “Omar il vecchio”, il suo scagnozzo, il 68enne Khedache, è ormai completamente sordo. Sul banco dell’accusa, di fronte a loro, il 13 maggio arriverà Kim Kardashian in persona e sono altissime le probabilità che quella che l’avvocato della difesa ha descritto come “un’udienza incredibile” si trasformi presto in un film.