Quando Hitler rubò il coniglio rosa, la storia vera dietro al film (e al romanzo)

La vicenda di una ragazzina costretta a lasciare il suo peluche preferito nella Berlino devastata dalla guerra

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Antonella Latilla

Giornalista, esperta di tv e lifestyle

Giornalista curiosa e determinata. Scrittura, lettura e cronaca rosa sono il suo pane quotidiano. Collabora principalmente con portali di gossip e tv.

Quando Hitler rubò il coniglio rosa è un romanzo della scrittrice tedesca Judith Kerr pubblicato per la prima volta nel 1971 e arrivato in Italia nel 1976. Un bestseller che racconta una storia vera, quella dell’autrice che, come tanti bambini, è stata costretta a rinunciare alla sua infanzia a causa del dittatore nazista. Nel 2019 è stato tratto dal libro un film con i piccoli attori Riva Krymalowski e Oliver Masucci.

La trama del film e libro Quando Hitler rubò il coniglio rosa

Basato sui primi anni di vita di Judith Kerr e sulla fuga della sua famiglia dalla Germania nazista quando aveva solo nove anni, Quando Hitler rubò il coniglio rosa è raccontato dal punto di vista di una bambina di nome Anna, che è troppo impegnata con i compiti e con lo slittino per ascoltare parlare di Hitler.

Ma, un giorno, lei e suo fratello vengono portati via da Berlino in gran segreto, lontano da tutto ciò che sanno, per intraprendere un viaggio complesso verso una nuova vita. I problemi politici e finanziari del padre di Anna portano i Kemper a trasferirsi in un primo momento a Zurigo, in un villaggio delle Alpi svizzere.

Qui, Anna ha davanti a sé lingua, cultura e abitudini a lei sconosciute e, per la prima volta, si sente diversa dai suoi coetanei. La madre della ragazzina è una cantante lirica mentre il padre è un importante critico e scrittore ma lontano da casa i due sono costretti ad accontentarsi di lavori umili e sottopagati per provare a vivere con dignità.

La taglia messa da Hitler sulla testa di Alfred annulla ogni speranza per Anna di rivedere quel coniglio rosa che tanto le manca, simbolo di tutto ciò a cui ha dovuto dire addio. Una vicenda condivisa con tanti ragazzini ebrei, costretti a rinunciare ad un’infanzia felice a causa delle leggi razziali e della Seconda Guerra Mondiale.

La vera storia di Quando Hitler rubò il coniglio rosa

Judith Kerr – morta nel 2019 all’età di 95 anni – scrisse il libro dopo aver portato i suoi figli Tacy e Matthew a vedere Tutti insieme appassionatamente. “Siamo andati a vedere Tutti insieme appassionatamente e mio fratello dopo ha detto: ‘Bene, ora sappiamo esattamente com’è stato per la mamma!’ Quello è stato il momento in cui mia madre ha deciso di scrivere il suo libro, per raccontare meglio la sua storia”, ha confessato alla stampa Tacy, che lavora nel mondo del cinema occupandosi di effetti speciali (tra i tanti ha lavorato anche alla saga di Harry Potter).

Judith Kerr aveva solo nove anni quando la sua vita cambiò radicalmente. Era una bambina come tante, frequentava la scuola, giocava con i suoi pupazzi (tra cui il coniglio rosa citato nel titolo del suo romanzo) e litigava con il fratello maggiore Max quando l’ascesa del partito di Hitler sconvolse la sua esistenza. Il padre era un critico teatrale ostile al cancelliere del Terzo Reich. Si ritrovò da un giorno all’altro a dover dire addio al mondo che conosceva senza avere nemmeno il tempo di capire cosa significasse venire sradicati.

Da Berlino, Judith andò a vivere dapprima a Zurigo e in seguito a Parigi, conoscendo l’onta della segregazione razziale e del pericolo di non sopravvivere. Costantemente in fuga, fu costretta a cambiare di continuo casa, reti sociali e abitudini. Almeno fino a quando non arrivò a Londra, città dove riuscì ad affermarsi come illustratrice e scrittrice.

Nel Regno Unito trovò anche l’amore: nel 1954 sposò lo sceneggiatore Nigel Kneale, noto per aver ideato il personaggio del professor Bernard Quatermass, protagonista di numerose serie televisive e film di fantascienza. La coppia non si separò mai.

Piccola curiosità: il nome della protagonista del romanzo non è stato scelto, come si può facilmente ipotizzare, in onore di Anna Frank ma semplicemente perché Anna è il secondo nome della scrittrice.