Lucio Battisti, la battaglia tra eredi e discografici: in gioco c’è la sua musica

Continua la battaglia legale tra gli eredi di Lucio Battisti e la Sony, la disputa intorno ai diritti delle sue canzoni

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Maria Francesca Moro

Giornalista e Lifestyle Editor

Giornalista e content editor. Dalla carta al web e ai social racconta di lifestyle, cultura e spettacolo.

Il 9 settembre saranno trascorsi esattamente 25 anni dalla morte di Lucio Battisti, ma la sua arte non ha ancora trovato pace. Da anni è in corso una battaglia legale che vede, da un lato, la moglie e il figlio del cantautore e, dall’altro, Mogol e la casa discografica Sony, che ne hanno pubblicato i lavori. A contrapporsi la volontà del guadagno e il desiderio di tenere il riserbo su un artista che ha passato la vita a nascondersi dall’attenzione mediatica. Ma è giusto tenere l’arte fuori dalla portata di tutti?

La disputa tra la famiglia di Lucio Battisti e Mogol

Sulla musica di Lucio Battisti si combatte ormai da anni. Tutto è iniziato nel 2013, quando Giulio Rapetti in arte Mogol – il paroliere che assieme a Battisti diede vita ad alcuni tra i più grandi capolavori della musica italiana – chiese a Grazia Letizia Veronese, vedova del cantautore, un risarcimento di 8 milioni di euro.

Rapetti e Veronese (insieme al figlio Luca Battisti) si dividono le azioni dell’etichetta Edizioni Musical Acqua Azzurra, che detiene i diritti della musica composta da Mogol e cantata da Battisti, seppur la quota di netta maggioranza spetti alla moglie dell’artista. La colpa di Veronese, secondo Mogol, è di aver ostacolato lo sfruttamento commerciale del repertorio musicale. Il contenzioso ha infine portato alla liquidazione della società.

Le richieste avanzate da Sony

Nel frattempo, la stessa accusa è stata mossa a Grazia Veronese dal colosso della musica Sony che, nel 2017, ha intentato una nuova causa contro gli eredi di Lucio Battisti. La moglie del cantautore decise di autorizzare la diffusione della musica del marito esclusivamente per vinili e cd. Revocato invece il mandato alla SIAE per l’utilizzo online delle opere musicali – è solo nel 2019, dopo anni di dispute, che Lucio Battisti è arrivato su Spotify e su le altre piattaforme di streaming musicale. Ancor di più pesa il veto della vedova sulle sincronizzazioni, ossia sulla possibilità di utilizzare le registrazioni in studio di Battisti per spot commerciali (Barilla e Fiat, tra tutti, ci sperano da anni).

La Sony aveva chiesto alla famiglia Battisti un risarcimento del danno pari a 8,5 milioni di euro. La sentenza di primo grado aveva respinto la richiesta e, oggi, la Corte d’appello di Milano ha confermato l’esito del primo processo, rigettando l’appello e condannando la Sony Music al pagamento delle intere spese processuali. Vince il volere della famiglia e, in questo caso, sembra giusto così.

Lucio Battisti, l’artista timido

Sarebbe stato un peccato vietare la diffusione della musica di Lucio Battisti su Spotify e simili, perché l’arte ha bisogno di fruitori e privare le generazioni più giovani di tali capolavori suona come un reato contro l’umanità. Per quel che riguarda lo sfruttamento a fini commerciali, invece, è quasi certo che Lucio sarebbe stato d’accordo con l’amata moglie.

Lucio Battisti detestava l’attenzione mediatica, la stampa, la televisione e i giornalisti. L’ultima volta che apparse sul piccolo schermo era il 1972 poi, come Mina, smise di mettere il proprio volto a disposizione altrui. Era una questione che pesava parecchio sul suo delicato animo d’artista: “Devo distruggere l’immagine squallida e consumistica che mi hanno cucito addosso. – aveva dichiarato nella sua ultima intervista, rilasciata nel 1979 – Non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare solo per mezzo del suo lavoro. L’artista non esiste. Esiste la sua arte”.

Speriamo allora che l’artista possa esser lasciato finalmente in pace e che si smetta di parlare, limitandosi ad ascoltare, quell’arte che ancora esiste ed è viva potente come il giorno in cui fu creata.