Elio Germano: “Porteremo Netflix in tribunale”. Cosa succede

Un gruppo di attori italiani ha intentato causa a Netflix: “Ci pagate troppo poco”, l’accusa di Elio Germano

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Redazione

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La piattaforma di streaming Netflix ha avuto il merito di rilanciare le produzioni televisive italiane, donando loro fama internazionale, l’ultimo eclatante esempio è quello della serie Rai Mare Fuori. Ma non è tutto oro quel che luccica e, dietro il grande successo dei film Made in Italy, pare si nascondano meccanismi che non riconoscono agli attori i giusti meriti.

Per questo motivo, un’associazione che riunisce alcuni tra i più grandi nomi del cinema italiano, dopo mesi di controversie e trattative finite male, ha deciso di portare il colosso dello streaming in tribunale. A Netflix si rimprovera il non condividere in modo chiaro il successo dei suoi titoli, senza così adeguare di conseguenza il compenso di attori e registi.

Gli attori italiani contro Netflix

“La causa è l’inevitabile conseguenza di sterili e lunghe trattative nel corso delle quali la piattaforma non ha ottemperato agli obblighi di legge” ha fatto sapere l’attrice Cinzia Mascoli, presidente di Artisti 7607, organismo di gestione collettiva del diritto d’autore che raggruppa migliaia di nomi dello spettacolo italiano, tra cui Elio Germano, Neri Marcorè, Kasia Smutniak, Claudio Santamaria e Valerio Mastandrea.

Secondo l’associazione, Netflix “non ha fornito dati completi sulle visualizzazioni e i ricavi conseguiti in diverse annualità”. Non si sa, ad esempio, quanto abbiamo effettivamente incassato Era ora, il grande successo di Edoardo Leo e Barbara Ronchi, attualmente in streaming sulla piattaforma. “Anche per opere di grande successo, gli artisti si vedono corrispondere cifre insignificanti e totalmente slegate dai reali ricavi”.

A battersi per la causa anche l’attore Paolo Calabresi, tra i soci fondatori di Artisti 7607 e consigliere di Unita, un’altra associazione di attori italiani: “Siamo da tempo consapevoli di dovere contrastare lo strapotere delle grandi piattaforme streaming per tutelare, nel nostro settore, la dignità professionale e i diritti degli artisti interpreti”.

In Italia esiste una norma che impone alle emittenti di rendere pubblici i dati sullo sfruttamento delle opere. Analogamente, direttive europee sanciscono il diritto degli artisti a ricevere compensi adeguati e proporzionati al successo dei loro lavori. Se le norme esistono, mancano però delle sanzioni ben definite per i trasgressori, il che permette ad ogni piattaforma di aggirare la legge senza conseguenze.

Le proteste degli attori arrivano a breve distanza dallo sciopero dei doppiatori italiani, che hanno interrotto l’attività per una ventina di giorni, a causa dei turni massacranti e della produzione incessante richiesta dalla massiccia produzione delle piattaforme di streaming. La richiesta è quella di un rinnovo del contratto nazionale, che preveda ritmi di lavoro meno serrati.

“Ci sono troppe associazioni diverse”, la risposta di Netflix

Netflix, da parte sua, sostiene che sia la frammentazione degli attori in numerose diverse società a complicare le trattative. “Abbiamo a cuore che gli artisti, gli interpreti e gli esecutori italiani siano remunerati equamente, in linea con la legge italiana” hanno fatto sapere dal quartiere generale negli Stati Uniti.

“Da molti anni, abbiamo un accordo con Nuovo Imaie, la collecting italiana che rappresenta la maggioranza degli artisti interpreti ed esecutori. Abbiamo cercato di trovare un accordo con Artisti 7607; tuttavia, Artisti 7607 non ha fino ad oggi identificato le prestazioni degli artisti che essi rappresentano nei film e nelle serie disponibili sul nostro servizio, né pubblicato una tariffa per i servizi audiovisivi in streaming”. La parola finale, adesso, spetta al Tribunale.