Nel 1964, il provocatorio monokini di Rudi Gernreich è diventato un simbolo di ribellione. Un messaggio chiaro, inequivocabile e diretto: “mio il corpo, mia la decisione di coprirlo o scoprirlo come mi pare e piace”. Perché tanto clamore? Il monokini originale non ha nulla a che fare con quello che conosciamo oggi. La parte inferiore del costume era una versione più sgambata dei graziosi minidress che hanno dominato la moda mare per oltre vent’anni, mentre la parte superiore era ridotta a due bretelline che lasciavano completamente scoperto il seno. Provocante ma non volgare, anche se – riporta il magazine online Messy Nessy Chic – le modelle ingaggiate dalla rivista Look si rifiutarono di indossarlo.
A dare scandalo quando fu messo in commercio non era tanto la nudità, quanto la libertà di scelta che rappresentava. E se vi sembra una preoccupazione dal retrogusto vintage, pensate al doppio standard di Instagram sulla questione #Freethenipple o alle lamentele contro il burkini, anche se lo si indossa per spontanea volontà e non per costrizione.
Mettersi in topless oggi è un gesto meno polemico, anche se possiamo scordarci la relativa privacy di chi è cresciuta prima di internet, dei droni e delle fotocamere sempre in tasca. Nella maggior parte dei casi non ci si spoglia per fare la rivoluzione, ma solo per evitare i segni del costume. Togliere il pezzo di sopra del bikini è come liberarsi del reggiseno a fine giornata, lo si fa con naturalezza e in cerca di relax. A patto che non urti la sensibilità dei vicini di lettino, causando incidenti diplomatici dai risvolti imprevedibili.
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La regola d’oro: giocare d’anticipo
Chi ama l’abbronzatura integrale non è obbligata a frequentare solo spiagge di naturisti, ma per evitare momenti spiacevoli o imbarazzanti è meglio fare un sopralluogo (anche virtuale) dei posti che possono garantirvi la massima serenità. Se andate all’estero, il personale di resort e alberghi può aiutarvi a capire quanto è alta la soglia di tolleranza per la nudità nel paese che vi ospita e anche come tutelarvi in caso di reazioni scomposte o inopportune. Non tutto il mondo è paese e quello che è tranquillamente ammesso in Giamaica potrebbe essere offensivo in Madagascar o in Giappone, anche se siete ignare turiste.
In Italia, Grecia, Francia e Spagna è più facile trovare stabilimenti balneari o piscine in cui nessuno batte ciglio nel vedervi preferire il topless al bikini, ma niente può essere dato per scontato: dove non arriva la legge può arrivare l’ordinanza sindacale, più o meno restrittiva a seconda del momento.
In montagna e al lago
Prendere le misure sul comportamento da adottare in montagna o in riva al lago è tutt’altro che semplice, anche perché non sempre esistono regole chiare a cui attenersi. Sedervi vicino a una famiglia con bambini potrebbe farvi sentire più tranquille rispetto a un angolino isolato, ma prima di spogliarvi è meglio fare due chiacchiere con i genitori e assicurarvi che sia tutto ok.
Al di là del quieto vivere, un altro consiglio utile è di non sottovalutare il sole ad alta quota. Il timore che prendere la tintarella in topless possa favorire il cancro al seno è stato ridimensionato da diversi studi, ma si tratta pur sempre di una zona delicata e poco abituata all’esposizione diretta. Ecco perché molti dermatologi raccomandano di iniziare per gradi, anche quando la temperatura è gradevole. Almeno per i primi giorni, la protezione 50 è consigliata sia sul seno che sull’addome, così come un doveroso regime di aftercare a base di latte o crema doposole. Avendo cura di evitare l’esposizione al sole nelle ore più calde e di bere molti liquidi, proprio come al mare.
Un altro fattore da non prendere alla leggera? Flora e fauna, a prescindere da quanto avete intenzione di denudarvi: insetti molesti e piante urticanti possono trasformare qualsiasi paradiso naturale in un vero inferno.
Parchi, giardini pubblici e orti botanici
Metti un pomeriggio di agosto al parco, o magari in un orto botanico. La tentazione di uscire direttamente con il costume sotto i vestiti verrebbe a chiunque, soprattutto dopo un anno di sovraesposizione alle luci al neon di uffici e negozi. Meglio però ripiegare su un crop top e un paio di shorts: un consiglio che non vale solo per le amanti del topless ma anche per quelle dei bikini a vita alta anni ’50, così come per gli uomini tentati di togliersi la maglietta. Il concetto di pubblica decenza è vago e declinabile e potrebbe costarvi una multa salata, oltre che attenzioni indesiderate da parte di chi non ha ancora ben chiaro il concetto di autodeterminazione.
Lo stesso discorso si applica alle terrazze condominiali. Chi ha la fortuna di avere un angolino dove piazzare una sdraio e mettersi comodo è comunque tenuto a confrontarsi con la sensibilità dei vicini, ma soprattutto con il regolamento di condominio. Non importa se sono le sei del mattino e non vi vede nessuno tranne i piccioni, alcuni regolamenti potrebbero prevedere limiti all’uso degli spazi comuni che includono osservazioni sulla quantità di pelle che è lecito scoprire.
Sul balcone e in veranda
A dirla tutta la cautela non guasta anche quando il balcone o il giardino sono privati. In teoria a casa propria si dovrebbe essere liberi di fare quello che si vuole, ma che succede quando si è esposti allo sguardo dei passanti o degli altri condomini? A meno che non siate circondate da siepi fittissime potreste correre gli stessi rischi a cui accennavamo prima nel caso dei parchi pubblici e delle terrazze comuni. Meglio quindi assicurarsi di essere davvero protette da sguardi indiscreti o di poter arginare facilmente eventuali lamentele.