Vaccinazione e bambini, cosa fare in tempi di Covid-19

La situazione di pandemia sta creando dei rallentamenti e ritardi nelle vaccinazioni nei bambini. Esistono periodi specifici entro cui i vaccini sono efficaci per la protezione nei confronti dei diversi virus e batteri

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Redazione

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La pandemia da Covid-19 sta avendo, tra i tanti effetti collaterali, anche un riflesso negativo sulla prevenzione delle malattie infantili prevenibili con la vaccinazione. A segnalarlo è la Società Italiana di Pediatria che ha rilevato un rallentamento con conseguente “ritardo” soprattutto nei richiami vaccinali, a fronte dei tempi proposti nel Piano Nazionale Vaccinazioni e nel Calendario per la Vita. È però importante rispettare le indicazioni del Ministero della salute e delle Società Scientifiche, perché esiste un tempo ideale per la protezione nei confronti dei diversi virus e batteri che possono attaccare il bambino. Un esempio? L’infezione da meningococco B, è più frequente nel primo anno di vita e la prevenzione va quindi fatta per tempo. Per ricordare le indicazioni della scienza ecco il parere di Susanna Esposito, Ordinario di Pediatria all’Università di Parma e Direttore della Clinica Pediatrica presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria della città emiliana.

La sicurezza dei servizi vaccinali

In epoca di Covid-19, le strutture si sono organizzate per offrire percorsi protetti, evitando attraverso appuntamenti mirati la possibile sovrapposizione di persone in sala d’attesa e al momento della vaccinazione e quindi riducendo i possibili rischi. “Dobbiamo sempre ricordare che le vaccinazioni hanno cambiato la storia della pediatria, facendo calare il peso in termini di mortalità e conseguenze sulla salute di molte malattie infettive, quindi sono una conquista che deve essere salvaguardata nell’ottica della salute dei bambini – commenta la Esposito – È fondamentale però, per ottenere la massima efficacia protettiva, che i cicli di immunizzazione inizino al momento giusto in base all’epidemiologia delle infezioni e che soprattutto siano completi, cioè comprendano anche in cosiddetti “richiami” secondo le indicazioni. In questa fase, con la pandemia da Covid-19, sono emerse molte paure che sono comprensibili, anche considerando che si ha paura di esporre bimbi molto piccoli ad una possibile infezione da Sars-CoV-2 in ambito sanitario. Ma le mamme possono essere tranquille. Le vaccinazioni si effettuano in strutture dedicate a persone senza patologie acute in atto, dove si entra con la mascherina, si fa attenzione al distanziamento e all’isolamento e gli ambienti sono perfettamente e continuamente sanificati”. Insomma: per genitori e bambini nei centri vaccinali ci sono percorsi sicuri. Se bisogna fare attenzione che i timori per Covid-19 non diventino un boomerang negativo per la salute dei bebè. “Non rispettare i normali cicli di vaccinazione, con la prima immunizzazione ed i successivi richiami, significa esporre il proprio e gli altri bambini ad un rischio ben superiore a quello della stessa infezione da Sars-CoV-2″ riprende l’esperta. “Pensate solamente al morbillo, che in qualche area sta rialzando la testa proprio a seguito di un calo delle coperture vaccinali che ha portato alla formazione di “cluster” di alcuni casi che andrebbero comunque evitati”.

Proteggere la mamma per preservare il bimbo che verrà

Se per i neonati è importante “aprire” e “chiudere” correttamente i cicli di vaccinazione, la donna dovrebbe sempre ricordare che la prevenzione delle malattie infettive per il bambino dovrebbe iniziare già prima della sua nascita, in quel percorso dei “1000 giorni” che caratterizzano il periodo che va dall’inizio della gravidanza fino ai primi anni di vita. Il che significa prestare attenzione alle vaccinazioni in gravidanza. Volete un esempio? Pensate alla pertosse. Il sito web del Ministero della Salute ricorda che “la pertosse, se contratta dal bambino nei primi mesi di vita, può essere molto grave e persino mortale. La fonte di infezione è frequentemente la madre, e la protezione conferita passivamente da madri infettate dal batterio della pertosse o vaccinate molti anni prima della gravidanza è labile e incostante”.  “Anche la donna incinta può avere comprensibili timori in questo periodo Covid-19, ma conviene abituarsi ad uscire una volta di più se l’appuntamento è per una vaccinazione che può proteggere il suo bambino” conclude la Esposito. “La pertosse nei primi mesi di vita può essere anche molto grave e purtroppo anche risultare mortale. La vaccinazione della mamma nell’ultimo periodo della gestazione offre al piccolo anticorpi che passano attraverso la placenta, proteggendolo in caso di contatto con il microrganismo responsabile dell’infezione all’inizio della sua vita”. Insomma: vaccinare la madre nelle ultime settimane di gravidanza consente il trasferimento passivo di anticorpi in grado di proteggere il neonato fino allo sviluppo di una protezione attiva attraverso la vaccinazione del bambino, a partire dal terzo mese di vita. Teniamolo presente.

Con il contributo di Adn Kronos