Utero retroverso: sintomi e conseguenze

L'utero retroverso è una variazione anatomica in cui l'utero è inclinato all'indietro verso la colonna vertebrale anziché in avanti, solitamente asintomatico ma a volte associato a dolore durante i rapporti sessuali o mestruazioni dolorose

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Andrea Costantino

Medico chirurgo

Medico abilitato alla professione, iscritto all'albo dei Medici e degli Odontoiatri di Siena.

Cosa s’intende per utero retroverso? È una condizione clinica assai più frequente di quanto si possa supporre: interessa una percentuale di donne che varia tra il 20 e il 30%.

L’utero retroverso è dovuto ad una posizione anomala dell’organo all’interno della cavità pelvica: l’utero è rivolto all’indietro – leggermente appoggiato sull’intestino – anziché essere inclinato in avanti e adagiato sulla vescica (utero antiverso).

Tale condizione è molto spesso asintomatica. In altri casi, invece, possono essere presenti disturbi vescicali, intestinali, dolore durante le mestruazioni, dispareunia (ossia sintomatologia algica durante i rapporti sessuali).

La fertilità non è in alcun modo influenzata dall’utero retroverso. Non sono riscontrabili distinzioni rilevanti in caso di gestazione, parto e rischio di aborto rispetto alle donne con utero antiverso. La diagnosi avviene attraverso anamnesi, esame obiettivo ginecologico ed ecografia pelvica, trans-vaginale o retto-vaginale. 

Comunemente la retroversione non richiede alcun trattamento specifico e può risolversi spontaneamente: ad esempio, in seguito all’aumento di volume che si verifica durante una gravidanza, l’utero tende a raddrizzarsi e ad assumere una posizione più corretta. 

La terapia, ove necessaria, può includere lo spostamento manuale o chirurgico dell’utero, il rafforzamento del pavimento pelvico e la cura farmacologica per trattare i sintomi associati (ad esempio antidolorifici per alleviare i dolori mestruali). Solo in rari casi, si fa ricorso all’intervento chirurgico (isteropessi) per correggere la posizione dell’utero.

Tipi di retroversione dell’utero

La retroversione può essere distinta in due tipologie differenti:

  • primaria, quando è congenita (presente, cioè, sin dalla nascita)
  • secondaria (o acquisita), quando è invece associabile a condizioni (come endometriosi, infiammazioni, processi infettivi, neoplasie) che generano la formazione di aderenze, cicatrici, oppure l’indebolimento dei muscoli dell’area pelvica e, quindi, lo spostamento dell’organo.

Nella seconda ipotesi, ossia in caso di retroversione acquisita, l’utero è inizialmente anti-verso e muta la propria posizione a seguito di un’anomalia che insorge nella regione pelvica.

Questa condizione si verifica più frequentemente a causa di un fibroma o di un processo infiammatorio che genera aderenze od un indebolimento dei legamenti pelvici, causando un posizionamento diverso dell’utero. La retroversione si può riscontrare anche in seguito ad aborti o parti difficili. Inoltre, quest’anomalia si può ravvisare in donne molto magre soggette a ptosi, cioè ad un abbassamento degli organi.

La condizione può verificarsi anche durante la menopausa per un rilassamento dei tessuti connettivi o come conseguenza di un pregresso intervento chirurgico.

L’utero retroverso, spesso asintomatico, può talora associarsi a una sensazione di pesantezza alla parte inferiore dell’addome e ad un aumento dei dolori nell’area lombare; questi si intensificano nel periodo premestruale o durante il ciclo. Alcune donne, inoltre, possono essere soggette a dispareunia.

Sintomi dell’utero retroverso

Come già accennato, in una elevata quantità di casi le donne con utero retroverso non accusano alcun tipo di sintomo o almeno tale condizione rimane silente per tanti anni.

La retroversione, infatti, non è da considerarsi una malformazione uterina congenita, quanto piuttosto una variante para-fisiologica della normale anatomia.

Ove presenti, i sintomi sono da collegare a quelle condizioni in cui l’utero viene sollecitato, meccanicamente o chimicamente (da cambiamenti ormonali), e possono includere:

  • tensione e pesantezza addominale
  • fastidio/dolore lombare
  • dolori pelvici
  • dispareunia, ossia dolore durante i rapporti sessuali, soprattutto in certe posizioni che favoriscono una penetrazione profonda; inoltre, in caso di retroversione dell’utero anche le ovaie e le tube di Falloppio sono inclinate all’indietro, ragion per cui tutte queste strutture possono essere sollecitate durante il rapporto sessuale causando fastidio e dolore (dispareunia da collisione). Infine, durante il periodo premestruale o periovulatorio tutta l’area pelvica è più indolenzita e la cervice uterina sensibile, quindi possono esserci posizioni in cui la penetrazione risulta più dolorosa;
  • dismenorrea (mestruazioni dolorose); rispetto ai soggetti con utero antiverso, quelli con utero retroverso sperimentano mestruazioni tipicamente più dolorose, spesso associate a cefalea. Il dolore durante le mestruazioni può accompagnarsi a tensione addominale, specie quando la retroversione uterina sia correlata alla presenza di fibromatosi uterina diffusa;
  • dolore/fastidio all’impiego di tamponi vaginali e assorbenti interni;
  • disturbi intestinali e vescicali, per quanto rari e/o di leggera entità; tuttavia, quando presenti, si verificano attraverso ritardato o mancato svuotamento della vescica e quindi maggiore probabilità di sviluppare infiammazioni/infezioni del tratto urinario e rallentamento del transito delle feci con conseguente stitichezza.

Conseguenze dell’utero retroverso

L’utero retroverso ha delle conseguenze per le donne che mostrano tale variante anatomica? Se sì, quali? La risposta è no, a meno che la retroversione non sia legata ad altre patologie che possono, al contrario, generare delle ricadute anche di grave entità. Nel seguito si passeranno in rassegna le tematiche che più frequentemente destano preoccupazione in caso di diagnosi di utero retroverso:

  • gravidanza
  • parto
  • rischio di aborto

Utero retroverso in gravidanza

Uno dei timori più comuni in caso di diagnosi di utero retroverso è rappresentato dall’impossibilità di rimanere incinta e portare avanti una gravidanza con successo.

Tuttavia si tratta di preoccupazioni infondate: una donna con utero retroverso in forma congenita solitamente non sperimenta particolari difficoltà nel concepimento e impianto.

Nelle prime settimane di gravidanza potrebbero essere presenti una sensazione di peso sul retto e problemi vescicali, ma più la gravidanza procede, più l’utero aumenta di volume e torna in posizione normale (in genere intorno alle 8-12 settimane di gestazione).

Solo in una esigua percentuale di casi la normalizzazione della posizione dell’utero non avviene in modo spontaneo. In situazioni simili, entro la 14^-15^ settimana di gravidanza si tenta una manipolazione che ne ripristina la posizione, anche se l’utero può (certe volte) spostarsi di nuovo e tornare ad essere retroverso.

Come già brevemente menzionato, differente è il caso in cui la posizione uterina anomala sia generata da altre patologie che possono compromettere la fertilità. Per esempio la fibromatosi uterina o l’endometriosi. È quindi di primaria importanza indagare le ragioni sottostanti di questa differente conformazione anatomica dell’utero, in quanto le cause nascoste potrebbero al contrario incidere sulla fertilità.

  • Parto

L’utero retroverso generalmente va incontro a una modifica spontanea della pozione intorno al terzo mese di gestazione. Quando necessario, la modifica avviene manualmente grazie a specifiche manovre da parte del ginecologo. Il parto, quindi, non presenta alcuna criticità.

  • Rischio di aborto

La probabilità di aborto nelle donne con utero retroverso è uguale a quella delle donne con utero antiverso, a meno che la retroversione non dipenda da altre condizioni occulte.

Il rischio di aborto risulta incrementato, invece nei casi di utero incarcerato, cioè quando l’organo è letteralmente incastrato nel bacino impedendo, dunque, il cambio di posizione. In particolare, si parlerà di utero incarcerato nel caso in cui il fondo dell’utero rimanga all’interno della cavità pelvica senza riposizionarsi in maniera autonoma dopo la 16° settimana di gestazione.

  • Utero incarcerato

L’utero incarcerato è una condizione estremamente rara (1 su 3000 gravidanze) ed i fattori di rischio che possono favorirla sono rappresentati dall’endometriosi, dalla malattia infiammatoria pelvica, da chirurgia addominale o pelvica pregressa, anomalie uterine, utero retroverso precedentemente alla gravidanza. I sintomi dell’utero incarcerato durante la gestazione non sono specifici (riconducibili, peraltro, a quelli dell’utero retroverso) e molte pazienti possono essere del tutto asintomatiche.

La diagnosi è, pertanto, spesso difficoltosa: se un utero incarcerato rimane mis-diagnosticato potrà essere responsabile di eventi avversi come ritenzione urinaria, insufficienza renale, parto pretermine, trombosi. Alcuni autori suggeriscono l’impiego di una riduzione manuale come intervento terapeutico utile per questa condizione, sebbene tale procedura sia gravata dalla necessità di ospedalizzazione della donna e da un notevole stress. Inoltre, poiché l’incarcerazione stessa implica potenzialmente la formazione di aderenze uterine con gli organi pelvici circostanti, difficilmente visibili anche con la risonanza magnetica nucleare, la riduzione manuale stessa può causare complicanze potenzialmente invalidanti.

Sarà pertanto premura del medico ginecologo e del personale ostetrico valutare ogni caso in maniera specifica al fine di individuare quelli idonei all’intervento di riduzione manuale.

Fonti bibliografiche: