Quando stiamo per affrontare un esame o un colloquio di lavoro le nostre “antenne” sono pronte ad offrire una risposta immediata, aumentando il respiro, i battiti cardiaci, la capacità di risposta dell’organismo. Questa è la classica reazione acuta di stress. E ci aiuta a superare gli ostacoli. Ma quando il fenomeno si mantiene nel tempo e diventa cronico, minaccia il benessere.
Si diventa irritabili, il sonno diventa una chimera, la digestione rallenta, compaiono i mal di testa. Come difendersi? Ecco i consigli di Piero Barbanti, docente di Neurologia all’Università San Raffaele di Roma.
Covid-19 e i timori per la salute
Stando ad una ricerca di Assosalute, “Associazione nazionale farmaci di automedicazione” in collaborazione con Human Highway, il Covid-19 ha profondamente modificato nell’ultimo anno la percezione di stress. Per una persona su tre e a tutte le età, la salute è diventata la prima causa di ansia emotiva, in particolare per le donne che arrivano addirittura a dichiararla come prima fonte di stress nel 40% dei casi. La paura del Covid-19 crea ansia: si teme di ammalarsi o che il virus colpisca i propri cari.
Non manca, tra le preoccupazioni, anche quella per il lavoro, che affligge un italiano su quattro, soprattutto tra gli uomini (28%), con particolare riferimento ai timori per le prospettive future. Infine, il 15% degli intervistati vede nella limitazione alle relazioni sociali la principale causa di stress, problema sentito soprattutto dai più giovani e dagli over 65.
Attenzione però: esiste uno stress “buono” ed uno “cattivo”, come detto. “Esistono due tipi di stress: uno buono o fisiologico, che permette di compiere azioni che ci fanno superare i problemi, e uno cattivo che si ha quando la reazione che determina lo stress non è strettamente legata al fattore scatenante, ma si attiva per un nonnulla e rimane attiva abbassando la soglia di scatenamento dello stress, con danni di tipo ossidativo e infiammatorio all’organismo nel tempo” – spiega Barbanti.
“I campanelli di allarme sono rappresentati da quei sintomi che non hanno una base organica consistente e sono persistenti: difficoltà a concentrarsi, sensazione di tensione, sonno non riposante e mal di testa, ma anche tensione muscolare, respiro corto e affannato, variazione (o percezione di variazione) del battito cardiaco, alterazione dei quantitativi salivari, bruciore allo stomaco e disturbi legati alla sfera sessuale.”
Attenzione alla solitudine
Risultano più comuni rispetto al periodo pre-Covid sintomi come nervosismo, irritabilità, disturbi del sonno (più diffusi tra i 25 e i 44 anni), tensioni e dolori muscolari (in particolare negli over 55).
“La pandemia ci ha fermato e ci ha messo di fronte a una condizione: la solitudine, che ci ha costretti ad affrontare problematiche che nel periodo pre-lockdown potevano nascondersi nella frenesia quotidiana – riprende Barbanti. Sono emersi nuovi ansiosi: soggetti che si sono trovati di fronte a un nuovo scenario che ha scatenato situazioni di stress. All’inizio della pandemia si è verificata la cosiddetta ‘sincronizzazione emotiva’, ovvero un pericolo comune che ha portato le persone a unirsi. Presto, però, ci siamo trovati di fronte a una infodemia senza precedenti che ha generato pensieri intrusivi, bloccando la capacità del cervello di andare oltre il problema attuale”.
Dall’analisi emerge che chiedere consiglio al medico e assumere farmaci di automedicazione per i piccoli fastidi passeggeri sono i due comportamenti più diffusi in caso di piccoli disturbi legati allo stress, adottati rispettivamente dal 42,7% e dal 41,7% degli intervistati.
Ma occorre anche “reagire” e proteggersi con stili di vita adeguati. Secondo la ricerca, sonno e alimentazione corretta quelli più diffusi per prendersi cura di sé, adottati rispettivamente dal 39% e dal 34% del campione. Seguono sport e attività fisica (23,8%), più tipico degli uomini che delle donne, e il prendersi del tempo per dedicarsi alle proprie attività preferite, stare da soli, con i propri affetti, o a contatto con la natura.
“Praticare un’attività motoria è importante, poiché in quel caso l’attività cerebrale è subordinata a quella fisica – conclude Barbanti. Un’altra attività di grande aiuto è leggere un buon libro. La lettura impone al nostro cervello di sognare e rallentare, di produrre immagini diverse da quelle che vediamo sugli schermi tutto il giorno. Riguardo gli alimenti alcol e caffè sono da limitare, così come i cibi contenenti grassi saturi che aumentano i livelli d’infiammazione. In questo senso seguire una buona dieta mediterranea è il miglior antidoto”.