Le stime dicono che tre donne su cento, nel corso dell’età fertile, potrebbero presentare qualche segno di malattia renale cronica. Spesso senza saperlo, o quanto meno senza segni e sintomi particolarmente evidenti.
Se è vero che in generale la patologia, pur avendo un’incidenza simile in uomini e donne, tende ad avere una prognosi migliore nel genere femminile, è altrettanto innegabile che questa condizione, così come l’ipertensione e il diabete, può influire su un’eventuale gravidanza. Come comportarsi? Lo indicano gli esperti della Società Italiana di Nefrologia (SIN), in occasione del congresso annuale.
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A cosa fare attenzione
Sono diversi i meccanismi attraverso i quali la malattia renale cronica può influenzare una possibile gravidanza, aumentando i rischi per la madre e per il feto. In particolare, patologie come eclampsia e pre-eclampsia, che si manifestano soprattutto nel terzo trimestre di gravidanza, possono portare a complicazioni severe, come parti prematuri o, nei casi più gravi, alla morte neonatale.
Queste condizioni sono più frequenti in donne con ipertensione, diabete o malattie renali preesistenti, e richiedono un’attenta gestione da parte di nefrologi e ginecologi. Il gruppo di studio dedicato a “Rene e Gravidanza” della società scientifica si concentra sull’ottimizzazione della gestione di queste gravidanze a rischio.
L’obiettivo è migliorare la salute materno-fetale e aumentare le possibilità di portare a termine una gravidanza con successo, anche in presenza di malattie renali. Le donne in dialisi – ancor più dell’uomo – incorrono nel rischio di infertilità, tanto maggiore con l’aumentare dell’età, così come avviene, peraltro, nella popolazione generale.
Tuttavia, oggi anche le donne in dialisi e ancor più le donne trapiantate possono programmare e affrontare la gravidanza, con un team multidisciplinare a supporto aspirare alla maternità, e il buon esito di una gravidanza è una possibilità concreta, anche se richiede cure e attenzioni particolari.
Infine, sul fronte della prevenzione, è essenziale promuovere corretti stili di vita: divieto di fumo, attività fisica regolare, dieta equilibrata come la dieta mediterranea, e la prevenzione di condizioni come sovrappeso e obesità. Nella prevenzione secondaria è cruciale tenere sotto controllo le persone a rischio, tra cui – principalmente – persone con malattie cardiovascolari o con malattie autoimmuni (molto più frequenti nelle donne), diabetiche, ipertese, obese.
Cosa sono pre-eclampsia ed eclampsia e come si riconoscono
Secondo gli studi scientifici, il rischio di pre-eclampsia si aggira intorno al 3-5 per cento ma potrebbe aumentare in futuro, visto che l’età della gravidanza si sta spostando sempre in avanti e aumentano il sovrappeso e il diabete anche tra le donne.
Il primo segnale che deve mettere in allarme è un aumento della pressione arteriosa: se è vero che in gravidanza può salire naturalmente è altrettanto innegabile che l’ipertensione rappresenta un fattore da tenere ben presente. Altro elemento da considerare è la perdita di proteine con le urine, ovvero la proteinuria, che può indicare una sofferenza renale. La gestante che affronta questo problema può riferire inspiegabili mal di pancia, cefalea, vomito, addirittura tremori e incrementi ponderali anche di alcuni chili in pochi giorni.
I meccanismi che portano al quadro si legano al danno che si crea sulle strutture dei vasi materni e della placenta, che porta ossigeno e nutrimento al feto. Di conseguenza la circolazione del sangue porta nel corpo della donna composti potenzialmente nocivi, che creano ulteriori problemi. E purtroppo, la carenza di ossigeno e nutrimento può favorire la sofferenza fetale. Ovviamente il rapporto con il ginecologo che segue la gravidanza è fondamentale per identificare eventuali problemi. Ricordate di chiedere sempre al vostro specialista di fiducia come riconoscere eventuali segni di sofferenza e chiedete specifica consulenza sul tema, considerando che i fattori di rischio sopracitati vanno sempre considerati con attenzione.
Quando si parla di ipertensione gestazionale
Il termine si riferisce ad un’ipertensione arteriosa insorta dopo la 20a settimana di gestazione, senza proteinuria significativa. Solitamente si risolve entro sei settimane dal parto. Il quadro è appunto diverso dalla pre-eclampsia quando all’ipertensione si associa proteinuria o disfunzione utero-placentare.
Se non correttamente diagnosticata e trattata, l’ipertensione in gravidanza può determinare conseguenze gravi sia per la donna che per il bambino (come basso peso alla nascita, aumento del rischio di accesso in terapia intensiva neonatale).
I meccanismi fisiopatologici dello sviluppo di questa forma di ipertensione gestazionale e quelli della pre-eclampsia e dell’eclampsia non sono del tutto chiariti, anche se le ipotesi non mancano. Tra queste sono state avanzate lo scarso sviluppo delle arteriole spirali placentari uterine (che riducono il flusso sanguigno utero-placentare nella gravidanza avanzata), alterazioni genetiche, immunologiche e/o l’ischemia della placenta.
La pre-eclampsia aumenta il rischio di distacco della placenta nella gravidanza in corso, probabilmente perché entrambi i disturbi sono correlati all’insufficienza utero-placentare. La disfunzione placentare provoca il rilascio di fattori anti-angiogenici, portando a una successiva disfunzione multiorgano.
Da un punto di vista epidemiologico l’incidenza della pre-eclampsia è aumentata progressivamente con un trend in crescita spiegato in parte dall’età materna più avanzata e dalla coesistenza di un maggior numero di altre malattie associate. L’ipertensione preesistente è associata ad un aumentato rischio di sviluppare pre-eclampsia che può complicare fino al 25% dei casi.