Cos’è il LADA, il diabete del “terzo tipo”

LADA sta per diabete autoimmune dell'adulto: come si riconosce e quali terapie sono a disposizione

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 31 Agosto 2020 18:18

Quando si pensa al diabete, escludendo quadri specifici come la forma che compare in gravidanza, la mente va subito alla forma di bambini e adolescenti, il diabete di tipo 1, o a quella degli adulti, diabete di tipo 2. Nel primo caso tutto nasce da una reazione errata del sistema immunitario che attacca le cellule produttrici d’insulina, nel secondo che colpisce dalla mezza età in poi, il meccanismo è diverso. Ma in alcuni casi, nelle forme di tipo 2, può esserci anche un’alterazione dell’apparato difensivo dell’organismo. Si parla quindi di LADA sigla che sta diabete autoimmune dell’adulto.

Ecco come si riconosce

Il 10-15 per cento circa di soggetti con diagnosi di diabete mellito tipo 2 è in realtà affetto dal diabete cosiddetto LADA. “Si tratta – spiega Raffaella Buzzetti, coordinatrice del progetto NIRAD (Non InsulinRequiring Autoimmune Diabetes) finanziato dalla ‘Fondazione Diabete e Ricerca’ della Società Italiana di Diabetologia (SID) e ordinario di Endocrinologia preso l’Università La Sapienza di Roma – di una forma particolare di diabete che insorge in età adulta, ma riconosce una patogenesi autoimmune, simile al diabete tipo 1 ad insorgenza giovanile, in quanto  determinato dalla distruzione delle cellule pancreatiche che producono insulina da parte del proprio sistema immunitario”.

A differenza del diabete di tipo 1 però il LADA ha una evoluzione più lenta; chi ne è affetto può arrivare alla terapia con insulina anche dopo molti anni dalla diagnosi.

“Per porre diagnosi di LADA – prosegue l’esperta – cosa certamente rilevante in quanto il trattamento di questa forma di diabete è diverso da quello del diabete tipo 2, è necessario evidenziare la presenza degli autoanticorpi diretti verso le cellule pancreatiche che producono insulina (si fa attraverso un esame del sangue). La caratterizzazione di questa forma di diabete è stata possibile negli ultimi anni anche grazie ai numerosi lavori scientifici pubblicati su riviste internazionali nell’ambito del progetto italiano NIRAD. Fino ad oggi non esistevano tuttavia linee guida dedicate a questa forma di diabete ancora poco conosciuta. Una lacuna adesso colmata da una pubblicazione su Diabetes, organo ufficiale dell’American Diabetes Association.

“Un panel internazionale di esperti di diabete e metabolismo – spiega la Buzzetti, che è il primo autore del documento – ha siglato una consensus sulla terapia del LADA, pubblicata su Diabetes. C’era assoluta necessità di fornire indicazioni precise circa la terapia di questa forma di diabete. È molto importante porre una corretta diagnosi del tipo di diabete: in particolare, riconoscere il LADA in un soggetto precedentemente considerato affetto da diabete tipo 2, può comportare un cambiamento anche sostanziale della sua terapia che consentirà di ottenere un significativo miglioramento del controllo metabolico e di fare una corretta prevenzione delle complicanze croniche”.

Terapie su misura

L’algoritmo proposto dagli autori della Consensus, che si basa sulla valutazione della riserva insulinica del soggetto con diabete autoimmune, ottenibile con un semplice dosaggio su prelievo di sangue indirizza verso la terapia più appropriata.

“Attualmente – conclude la professoressa Buzzetti – sono molte le classi di farmaci a disposizione del diabetologo per la cura del diabete, ma soltanto una diagnosi precisa permette di prescrivere al paziente una terapia personalizzata. Nel caso del LADA, il trattamento prevede in una prima fase l’utilizzo di farmaci ipoglicemizzanti in grado di preservare la funzione delle cellule pancreatiche che producono insulina; sarà quindi necessario ricorrere alla terapia insulinica, il più precocemente possibile, qualora la funzione delle cellule beta pancreatiche risulti già compromessa. In questo modo sarà possibile prevenire le complicanze del diabete quali infarto, ictus, insufficienza renale”.