Aspartame e rischi, cosa sappiamo e come dobbiamo comportarci

È sempre consigliato l'uso limitato del dolcificante e ridurre il consumo di alimenti dolci nella dieta: quali sono i veri rischi

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Esistono “prove limitate” di potenziale cancerogenicità legate all’impiego dell’aspartame. E sarebbe accettabile una assunzione giornaliera che non vada oltre i 40 milligrammi per chilo di peso. Si possono riassumere così, con un sostanziale affidarsi al consumatore finale al quale è consigliato comunque di limitare l’uso del dolcificante, le indicazioni che giungono dai due enti che hanno affrontato la problematica legata all’aspartame.

A definire che siamo di fronte a prove comunque limitate di cancerogenicità (tanto da essere inserito nel Gruppo 2B) è stata l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro – lo IARC di Lione – mentre a definire il dosaggio massimo auspicabile è stato il comitato degli esperti sugli additivi alimentari della FAO. Ed è proprio sull’aspetto dell’educazione dei consumatori che si punta per non esagerare con aspartame. Tanto che da parte di Francesco Branca, direttore del Dipartimento di nutrizione e sicurezza alimentare dell’OMS,  si ricorda come la sicurezza non sia una preoccupazione significativa alle dosi normalmente impiegate ma si ribadisce anche che occorrono ulteriori studi per capire meglio alcuni aspetti scientifici.

Cosa significa “prove limitate” di tipo 2B

L’aspartame viene impiegato non solo come dolcificante diretto da aggiungere, ma anche come componente di diversi alimenti. E per questi motivi occorre sempre leggere attentamente le avvertenze. Qualche esempio? Oltre alle bevande, va ricordato che può essere contenuto anche in cibi diversi, dai gelati fino agli yogurt fino addirittura ai farmaci o a pastiglie che necessitano di avere un gusto più “gradevole” per chi deve curarsi.

Per quanto riguarda la classificazione dell’OMS, capire cosa significa 2B è importante. E quindi vediamo cosa accade in termine di classificazione per comprendere dove si trova (al momento, visto che le valutazioni proseguono) l’aspartame, che si trova in questo “settore” considerando in particolare, per le poche evidenze disponibili, il rischio di tumore al fegato. Essere di livello 2B significa essere classificato come possibile cancerogeno. E l’aspartame non è l’unico composto ad essere sotto esame in questa categoria: sarebbero più di 300 le sostanze attualmente osservate in questo senso. Va detto che la classificazione 2B risulta inferiore ovviamente alla 2A, che definisce una sostanza probabile cancerogena, e soprattutto non si parla della classe di sostanze del Gruppo 1, che invece caratterizza ed ingloba i composti che hanno dimostrato prove chiare di cancerogenicità.

Non cambiano le dosi

Ci vuole attenzione, quindi, in base a quanto emerge dal giudizio di chi deve controllare gli alimenti. Perché sulla base dei dati presi in considerazione si è considerato di non modificare i dosaggi consigliati ogni giorno, ovvero da 0 a 40 milligrammi al giorno. Rispetto a qualche tempo fa, quindi, cambia davvero poco. Perché anche qualche anno fa un gruppo di esperti scientifici aveva ricordato come non si dovessero superare queste soglie in termini di Dose Giornaliera Accettabile (DGA).

Questo parametro esprime la stima della quantità di una sostanza che può essere assunta quotidianamente nel corso dell’intera vita senza un rischio per la salute. Insomma, siamo di fronte ad un livello quantitativo guida. Questa DGA non è valida per chi soffre di fenilchetonuria, una malattia che richiede la stretta osservanza di una dieta a ridotto tenore di fenilalanina (un aminoacido presente nelle proteine). Tornando a chi non presenta questo quadro. In pratica, visto che l’aspartame ha un potere dolcificante duecento volte circa superiore a quello dello zucchero, occorre ricordare che un uomo di 70 chili dovrebbe introdurre giornalmente una quantità di “potere dolcificante” pari a 560 grammi di zucchero. La presenza dell’aspartame – riconoscibile nelle etichette con la sigla E951

Cosa è l’aspartame e cosa fa nel corpo

L’aspartame è costituito da tre componenti: due aminoacidi naturali (fenilalanina e acido aspartico) che si trovano in tutte le proteine – sia vegetali e sia animali – che assumiamo quotidianamente. Inoltre c’è una piccola quantità di metanolo, che può anch’esso essere presente in alcuni prodotti di origine vegetale. Quando l’aspartame viene metabolizzato nell’intestino, libera i suoi tre componenti, che vengono assorbiti ed utilizzati dall’organismo. Importante, in chiave preventiva, è imparare a leggere bene le avvertenze. La presenza dell’aspartame si può infatti identificare facilmente, dalla presenza della sigla E951 che si trova sulle etichette degli alimenti.

Non esageriamo con il gusto dolce

Il richiamo degli esperti ad una maggior attenzione, quindi, va condiviso. In termini generali ed oltre quanto riguarda l’aspartame. Nelle nostre scelte a tavola, sempre più spesso puntiamo su alimenti e bevande che consentono di limitare l’introito calorico e la componente di zucchero della dieta. Ma forse, prima di tutto, dovremmo abituarci a consumare in generale meno alimenti dolci, senza rifugiarci troppo frequentemente in additivi che consentono di soddisfare il gusto senza quasi offrire calorie.

Non per nulla  l’Organizzazione mondiale della sanità consiglia di non superare il 10 per cento delle calorie totali attraverso il consumo di zuccheri. Un consumo eccessivo di saccarosio, il costituente dello zucchero, aumenta infatti il rischio di obesità e sovrappeso. Per questo si ricorre spesso ai dolcificanti artificiali, che assicurano un elevato potere dolcificante a fronte di un ridotto introito di calorie. Ma queste sostanze non debbono diventare un alibi. La scelta alimentare per la salute va sempre meditata.