Alzheimer, cos’è la riserva cognitiva e quanto incide lo stress

Lo stress cronico aumenta il rischio di Alzheimer, intaccando la riserva cognitiva. Attenzione anche a insonnia e depressione

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Ce lo dicono sempre. Per mantenersi in salute, le relazioni con gli altri, gli interessi per quanto accade, i rapporti sociali sono fondamentali. E lo sono ancor di più con il passare del tempo, quando magari il cervello comincia a perdere qualche colpo e magari, complice anche la depressione, ci si chiude in se stessi.

Ma ci sono elementi che possono influire su questo quadro generale, anche in chiave negativa. E lo stress, complice anche la difficoltà a riposare bene e per il tempo giusto, può diventare una variabile che incide sul percorso di un eventuale deficit, come si può avere in caso di malattia di Alzheimer. Addirittura, questo fattore potrebbe limitare quella che viene definita riserva cognitiva in chi soffre di questa condizione patologica. Una ricerca svedese mostra come e perché.

Cos’è la riserva cognitiva

Ognuno di noi, con le proprie esperienze, nella vita mette da parte una certa dose di informazioni e conoscenze, che si integra quotidianamente con quanto accade. Progressivamente, con l’avanzare dell’età questo tipo di valore impercettibile ma estremamente importante diventa la base per invecchiare in salute.

Grazie a questi meccanismi, infatti, riusciamo meglio a fronteggiare i mutamenti che la vita ci propone e che in qualche modo possono agevolare, o al contrario contrastare, i rischi che si sviluppino deficit cognitivi. In questo senso, quindi, chi appare maggiormente “preparato” in termini di riserva può presentare probabilità inferiori di sviluppare carenze cognitive.

Anche per questo mantenere rapporti con gli altri, conoscere ed informarsi a tutte le età può aiutare. E per questo riuscire ad avere comportamenti efficaci, che impongano sempre un’attività per il cervello, diventa uno strumento per un invecchiamento in salute.

Il ruolo negativo dello stress

Teniamo quindi sempre presente il ruolo che giocano le attività mentalmente stimolanti e le esperienze di vita sul fronte della capacità cognitiva. Ed in questo senso, tra i possibili “nemici” in agguato, consideriamo anche lo stress che può arrivare a rendere meno efficaci gli effetti della prevenzione per il buon funzionamento cerebrale, anche in caso di malattia.

Perché proprio in persone con deficit cognitivi legati all’Alzheimer si è svolta la ricerca, condotta dagli esperti dell’Istituto Karolinska e pubblicata su Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association. Gli studiosi sono partiti da un punto fermo.

Quando lo stress è alto e si mantiene nel tempo, quindi parliamo di stress cronico e non del classico meccanismo che ci permette di reagire al meglio ad un evento inatteso, si presentano più facilmente limitate interazioni sociali, ci si impegna con maggior fatica nell’attività fisica e nel divertimento. Quindi questa situazione sarebbe associata ad un maggior rischio di deficit gravi.

Gli scienziati hanno voluto verificare quanto e come lo stress conti negativamente sulla riserva cognitiva su persone con deficit della memoria e malattia di Alzheimer. Rilevando come lo stress agirebbe negativamente sui vantaggi che si legano ad una valida riserva cognitiva.

Contromisure: nelle persone con malattia di Alzheimer bisognerebbe forse puntare anche su strategie di controllo dello stress, utili peraltro anche per tutti noi. Gli esercizi di consapevolezza e la meditazione, come riportano gli autori dello studio, potrebbero infatti contribuire a limitare i valori degli ormoni dello stress come il cortisolo e quindi influire positivamente sulle capacità cognitive.

Importante il sonno

Sia chiaro. La ricerca è stata condotta su un numero molto piccolo di persone, quindi non si possono trarre conclusioni generali. Ma si sa che lo stress disturba anche il riposo notturno, sia in termini di quantità che di qualità, e questo influirebbe anche sulle capacità cognitive. Per questo dormire bene conta, anche e soprattutto in chiave preventiva.

Purtroppo l’insonnia è un problema per tanti. E questo incide non solo di notte, ma ha anche un impatto sul benessere diurno con cali di attenzione e riduzione delle performance. La cattiva qualità del sonno a lungo termine può infatti essere causa dello sviluppo o dell’aggravamento di problemi al sistema immunitario, endocrino, infiammatorio, cardiovascolare ma essere anche associata all’insorgenza di patologie psichiatriche e psicologiche.

Insomma: dormire male apre la porta allo stress. con tutto ciò che ne consegue, anche sul fronte della riserva cognitiva. Per questo l’impegno degli studiosi svedesi e di molti altri gruppi di ricerca nel mondo continua, per capire come e quanto un cattivo riposo notturno, per qualità e quantità può influire sulla riserva cognitiva nei malati che non conservano la memoria, come avviene nella malattia di Alzheimer.