La Principessa Diana vive la sua esistenza divisa a metà, da una parte una vita da star fatta di party e red carpet, dall’altra il suo grande impegno sociale: sostiene molte cause, anche lontane da quelle richieste dal suo ruolo istituzionale all’interno della famiglia reale, come la lotta all’AIDS, alla lebbra e all’abolizione delle mine antiuomo, ed è sempre in prima linea per le associazioni che difendono i più deboli e i bambini.
Indice
Diana e Madre Teresa di Calcutta
Storica è la sua visita in India presso l’ospizio dei malati terminali voluto da Madre Teresa di Calcutta. Un’improbabile amicizia sboccia tra la principessa inglese e l’anziana suora cattolica: le due si incontrano per la prima volta nel 1992. Sebbene la Principessa del Galles ha uno stile di vita privilegiato e fiabesco, molto diverso da quello della devota suora che ha fatto voto di povertà, castità, carità e obbedienza, la loro amicizia dura fino alla prematura morte di Diana, avvenuta il 31 agosto 1997.
Madre Teresa è più abituata a prendersi cura dei poveri tra i poveri, ma è aperta a conoscere “chiunque Dio Onnipotente metta sul suo arduo cammino” e parlando della sua amicizia con la Principessa, descrive Diana come “molto preoccupata per i poveri” e “molto ansiosa” di aiutarli, aggiungendo: “Questo è il motivo per cui mi è vicina”.
Un’amicizia duratura
Nei cinque anni successivi, Diana e Madre Teresa si vedono più volte, un incontro avviene a New York, nel Bronx, presso il convento delle Missionarie della Carità, ordine religioso fondato dalla Suora. La Principessa, in quel momento, si trova negli Stati Uniti per un’asta di beneficenza dei suoi abiti, il cui ricavato è destinato ad aiutare i malati di cancro e di AIDS in America e nel Regno Unito. Dopo la scomparsa della Principessa Diana, Madre Teresa stessa muore solo cinque giorni dopo, all’età di 87 anni.
La lotta contro l’AIDS
Un’altra battaglia che vede in prima linea la Principessa è la lotta all’AIDS. Nel 1987 Diana inaugura al London Middlesex Hospital la prima unità ospedaliera dedicata all’HIV/AIDS, che si occupa esclusivamente di pazienti infettati dal virus.
Di fronte ai media di tutto il mondo, Diana stringe la mano di un uomo affetto dalla malattia senza guanti. Negli anni Ottanta è credenza diffusa che l’AIDS si trasmetta da persona a persona attraverso il tatto. La Principessa cambia questa convinzione con un solo gesto.
“L’HIV non rende le persone pericolose da conoscere. Si può stringere loro la mano e abbracciarle. Il cielo sa che ne hanno bisogno. Inoltre, potete condividere le loro case, i loro posti di lavoro, i loro parchi giochi e i giocattoli”, spiega la Principessa.
Nel 1989 Diana inaugura il Landmark Aids Centre a Londra, un centro che offre cure e supporto ai pazienti affetti dalla malattia. Nel 1990, il National Aids Trust organizza la prima conferenza “Donne, AIDS e futuro”, alla quale partecipa la Principessa Diana che, solo tre anni dopo, tiene un discorso su “Donne e bambini affetti da AIDS” in qualità di patrocinatrice dell’associazione.
Il suo lavoro di supporto alla lotta contro l’AIDS la porta in Sudafrica in molte occasioni e nel 1997 Diana incontra il Presidente Nelson Mandela e insieme decidono di unire il Nelson Mandela Children’s Fund con il Diana, Princess of Wales Fund per aiutare le vittime di AIDS.
Riscontrando la mancanza di conoscenza sulla malattia, Diana utilizza il suo status per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’AIDS. Le azioni di Diana contribuiscono a cambiare la percezione del pubblico sul comportamento da tenere con le persone che hanno contratto il virus. Per il resto della sua vita, Diana continua a dare risalto alla causa utilizzando la sua immagine e le sue azioni.
Seguendo le orme della madre, anche il principe Harry continua il suo lavoro di sensibilizzazione sull’AIDS. Nel 2016 effettua un esame del sangue per l’HIV in diretta davanti alla telecamera e negli ultimi anni continua a raccogliere fondi per le associazioni di beneficenza sul tema.
L’aiuto ai malati di lebbra
Proprio come per l’AIDS, la Principessa Diana porta all’attenzione del mondo anche la condizione delle persone affette da lebbra, visitando ed entrando in contatto fisico con i malati. Grazie alle sue azioni, Diana sfata il mito che la lebbra possa essere contratta con un contatto di breve termine e nel 1990 diventa ambasciatrice della Leprosy Mission.
Come organizzazione, la Leprosy Mission si propone di fornire medicine, cure e sostegno alle persone colpite dalla malattia e alle loro famiglie. Diana è un membro attivo dell’organizzazione e visita diversi enti di beneficenza in tutto il mondo, dalla Nigeria al Nepal, dall’India allo Zimbabwe.
Diana e i senzatetto
Il suo sguardo caritatevole si rivolge anche ai giovani, infatti, nel 1992, Diana diventa ambasciatrice di Centrepoint, un’associazione di beneficenza che fornisce alloggi e sostegno ai ragazzi dai 16 ai 25 anni di tutto il Regno Unito. La sua missione è quella di dare un futuro agli adolescenti senzatetto e arginare il fenomeno dei giovani senza fissa dimora, alla povertà e alla sensibilizzazione sulla salute mentale.
La morte della Principessa Diana non ha messo fine al suo lavoro con l’associazione. Il Principe William, ha assunto il patrocinio di Centrepoint nel 2005, lavorando attivamente e interessandosi in modo speciale e continuo.
La raccolta fondi per la ricerca sul cancro
Dalla fine degli anni Ottanta, la Principessa collabora anche con la Royal Marsden NHS Foundation come portavoce e sostenitrice, diventando addirittura presidente dell’ospedale nel 1989. Nel 1993 inaugura la Wolfson Children’s Cancer Unit dell’ospedale e nel 1996 rappresenta il Royal Marsden per un evento di fundraising, raccogliendo più di un milione di sterline a sostegno della ricerca sul cancro.
Il Principe William succede alla madre diventando presidente del Royal Marsden Hospital nel 2007. Essendo una causa molto importante per Diana, il Principe visita regolarmente l’ospedale e i pazienti. Nel 2008, William inaugura l’unità di endoscopia, fondamentale per la diagnosi dei tumori gastrointestinali.
La sua ultima missione: le mine antiuomo
Al momento della sua morte, Diana è strettamente legata alla campagna contro le mine antiuomo della Croce Rossa Britannica. La Principessa lavora incessantemente per far conoscere uno dei grandi problemi globali: le mine antiuomo, soprattutto facendo emergere le storie di coloro che sono rimasti feriti e menomati a causa delle mine abbandonate dopo la fine della guerra; tra le persone più colpite ci sono tanti bambini.
Dopo aver visitato un campo minato in Angola nel 1997, Diana lavora a stretto contatto con HALO Trust, un’organizzazione che si occupa di rimuovere le macerie dopo le guerre, con particolare attenzione alle mine antiuomo.
A seguito della sua visita in Sudafrica nel 1997, Diana tiene un discorso molto importante a sostegno della campagna contro le mine alla Royal Geographical Society di Washington D.C. Il suo lavoro e la sua passione per la causa saranno determinanti per arrivare al Trattato internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo – la Convenzione di Ottawa per la rimozione delle mine in tutto il mondo – firmato ad oggi da 133 Stati.
Il Principe Harry succede alla madre per il 25° anniversario di HALO nel 2013, continuando il lavoro di Diana per rimuovere definitivamente le mine terrestri dal suolo.
Le oltre 100 associazioni di beneficenza sostenute da Diana sono passate in parte ai suoi due figli, il Principe William e il Principe Harry. Nonostante le divergenze tra di loro, i fratelli si impegnano a portare avanti il lavoro dell’amata madre, aiutando e dando voce a chi ha bisogno e, almeno su questo, Diana sarebbe orgogliosa di entrambi.