La parità di genere deve passare anche per le parole

Il linguaggio è lo specchio della società e per essere paritario deve adattarsi ai tempi che cambiano e abolire i vecchi stereotipi sulle donne

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Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

Quelle che potrebbero sembrare solo una semplice combinazione di vocali e consonanti, in realtà danno vita a delle parole che hanno un significato e una voce potente che spesso ha ripercussioni su chi le ascolta.

Da sempre si è data importanza a cosa vogliano dire le parole stesse, un principio giusto perché ogni termine ha un suo senso e prima di utilizzarlo deve essere soppesato. In realtà non è solo tutto questo ad avere un peso, ma anche la sua declinazione.

Nel vocabolario italiano, ad esempio, c’è una differenza di genere a cui per molto tempo non si è data importanza, ma che ormai si è trasformata in una necessità impellente. Infatti, l’educare al rispetto delle donne passa anche e soprattutto attraverso l’utilizzo delle parole.

Un linguaggio non inclusivo

Il linguaggio è lo specchio della società e l’utilizzo di determinati termini rappresenta il modo in cui vengono percepite le persone che ne fanno parte. Non c’è dubbio però che questa stessa società stia cambiando ed evolvendo, dunque come naturale conseguenza anche il linguaggio deve evolvere con lei. Purtroppo non ci si rende ancora conto che l’uso discriminatorio del linguaggio va a formare le idee della società e per tale ragione si sottovaluta il peso che possono avere. A rendere tutto ancora più grave c’è il fatto che non solo il fenomeno viene poco considerato, ma persino accettato come se fosse normale.

Se si ponesse la giusta attenzione al linguaggio comune, ci si renderebbe conto che molte espressioni sono sessiste, ma non si dà loro un’importanza adeguata perché vengono considerate delle vere e proprie regole di grammatica. Anzi, ancora peggio, non si percepisce come in realtà queste stesse espressioni siano offensive. Tutta colpa degli stereotipi che per anni si sono radicati fin troppo a fondo e che adesso non hanno più motivo di esistere.

La necessità di un cambiamento

Gli esempi di questa discriminazione sono ormai sotto gli occhi di tutti. Le parole declinate al maschile hanno completamente assorbito quelle al femminile, come se queste ultime non esistessero. Tutto questo emerge nettamente in ambito lavorativo, luogo in cui la differenza di genere è già di per sé evidente. Quando si fa riferimento a incarichi, professioni e titoli, i sostantivi femminili non esistono nell’uso comune, completamente oscurati da quelli maschili che vengono considerati “neutri” e quindi validi per entrambe le forme.

È innegabile che si stiano facendo dei passi in avanti nel tentativo di eliminare questa grande differenza nel linguaggio, come ben testimoniato dalla celebre enciclopedia Treccani che ha presentato recentemente un dizionario che va al passo con i tempi. È infatti il primo vocabolario in assoluto che ha promosso la parità di genere, non solo declinando le professioni e molte altre parole al femminile, ma seguendo anche il naturale ordine dell’alfabeto e mettendo al primo posto la forma femminile (bella, ad esempio, viene prima di bello).

È indubbio che iniziando ad abolire la tendenza che finora ha prevalso nel modo di parlare e adottando espressioni paritarie, queste avranno un’influenza culturale determinante sulla società. Soltanto così l’immagine della donna e la sua considerazione potranno essere libere da stereotipi e pregiudizi.