Sono le 7 del mattino: devi preparare la colazione, accompagnare tuo figlio a scuola, chiamare tua madre per le medicine, lavorare otto ore, passare in farmacia, aiutare con i compiti, e coordinare con tuo fratello la visita medica di papà. Se ti rivedi in questa descrizione, probabilmente sei nella tua “generazione sandwich”.
La Generazione Sandwich sono infatti quegli adulti, generalmente tra i 40 e i 60 anni, che si trovano schiacciati tra due responsabilità: prendersi cura dei propri figli e, allo stesso tempo, assistere i genitori anziani.
Il nome richiama un panino, dove la fetta centrale (tu) è compressa tra due strati, con una pressione costante che influisce su tempo, finanze, carriera e salute mentale.
Un fenomeno che riguarda soprattutto le donne, anche se sempre più uomini ne fanno esperienza. E di cui si parla ancora troppo poco. Vediamolo nel dettaglio.
Indice
Da dove viene il concetto di Generazione Sandwich
L’idea che alcune persone debbano occuparsi contemporaneamente di due generazioni è emersa nell’ambito della sociologia negli anni Ottanta e Novanta, quando è diventato chiaro che tre grandi cambiamenti stavano creando una situazione nuova:
- le persone vivevano più a lungo (quindi i genitori avevano bisogno di assistenza per più anni);
- le donne lavoravano sempre di più fuori casa;
- i figli tendevano a rimanere in famiglia più a lungo o a tornare a casa dopo gli studi.
Quindi quello che una volta poteva essere gestito all’interno di famiglie allargate è diventato un peso concentrato su poche persone, in particolare figlie e mogli.
Chi sono e quanti anni hanno oggi le persone della Generazione Sandwich
La fascia di età va comunemente dai 40 ai 60 anni, quindi oggi parliamo di persone nate tra la metà degli anni ’60 e la metà degli anni ’80. Sono persone che magari hanno ancora figli adolescenti o giovani adulti che studiano all’università o cercano il primo lavoro stabile, e contemporaneamente hanno genitori settantenni o ottantenni che cominciano ad avere bisogno di aiuto: accompagnarli alle visite mediche, gestire le loro pratiche, assisterli nelle faccende quotidiane, o anche solo controllarli regolarmente.
Come dicevamo, ad essere più colpite sono soprattutto le donne, che storicamente si sono fatte carico della maggior parte del lavoro di cura in famiglia. Però oggi anche molti uomini vivono questa pressione, specialmente quando sono figli unici o quando le responsabilità familiari sono distribuite in modo più equo.
Perché è importante parlarne
Il carico di lavoro della Generazione Sandwich, giorno dopo giorno, porta a uno stress enorme, a una stanchezza cronica, a disturbi del sonno e a una sensazione costante di non essere mai abbastanza: né come genitore, né come figlio, né come professionista.
Ma le conseguenze non si fermano alla sfera personale; molte persone della Generazione Sandwich sono costrette a fare scelte difficili sul piano lavorativo, come ridurre le ore, rinunciare a una promozione che richiederebbe più trasferte, o passare al part-time.
Questo ha un impatto diretto sullo stipendio, sulle possibilità di crescita professionale e anche sulla loro futura pensione (e vita).
E sono soprattutto le donne a pagare questo prezzo: studi dimostrano che le lavoratrici con responsabilità di cura hanno carriere più frammentate e vengono spesso percepite come “meno affidabili” o “meno dedicate”, anche quando lavorano con lo stesso impegno dei colleghi uomini.
Una donna che chiede orari flessibili per accompagnare il padre dal medico viene spesso vista come “meno motivata”, mentre un uomo nella stessa situazione riceve più comprensione. Questo crea un circolo vizioso: meno possibilità di crescita portano a stipendi più bassi, che a loro volta rendono “naturale” che sia lei, e non il partner, a ridurre le ore di lavoro per occuparsi della famiglia.
Le sfide più grandi
Il problema della Generazione Sandwich non è solo la quantità di impegni, ma il fatto che tutto si sovrappone. Non è possibile fare una lista e spuntare i compiti, perchè i bisogni di un figlio adolescente non aspettano, l’emergenza di un genitore anziano arriva all’improvviso, il lavoro ha le sue scadenze.
Questo può generare:
- Stress, burnout, la sensazione di essere sempre in debito con qualcuno, di correre senza mai fermarsi;
- Problemi di salute, mal di testa, insonnia, ansia, ma anche conseguenze fisiche più serie se lo stress diventa cronico;
- Perdita di opportunità professionali, limitazione delle proprie disponibilità.
Come affrontare la situazione
Non ci sono soluzioni facili quando si è “incastrate” tra le cose, ma una cosa che aiuta è imparare a riconoscere i propri limiti e abbandonare l’idea di “dover fare tutto perfettamente”.
Percorsi di supporto psicologico, gruppi di auto-aiuto tra persone nella stessa situazione, tecniche per gestire lo stress (dalla respirazione alla mindfulness) possono fare la differenza – a patto che ci si prenda il tempo per seguirli!
Importante è anche lavorare sul senso di colpa e chiedere aiuto quando si ha la necessità, senza vergogna.
Ma si può e si deve lavorare anche a livello familiare. Spesso il carico ricade su una sola persona perché “è sempre stata lei a occuparsene” o “abita più vicino”. Lavorare sulla comunicazione familiare, coinvolgere partner, fratelli, altri parenti può distribuire meglio le responsabilità. Anche piccole cose fanno la differenza: se uno fa la spesa per i genitori, l’altro può occuparsi delle pratiche mediche.
Dal punto di vista lavorativo, le organizzazioni più avanzate stanno introducendo:
- Orari flessibili veri, non solo sulla carta;
- Possibilità di lavorare da casa quando serve;
- Congedi per assistenza familiare che non siano solo formali ma culturalmente accettati (senza che chi li usa venga penalizzato);
- Servizi di supporto, dalla consulenza psicologica all’aiuto per trovare badanti o case di riposo;
- Benefit dedicati, come contributi per pagare l’assistenza domiciliare ai genitori anziani.
Il futuro e cosa si può fare
Con l’aumento dell’età media della popolazione e il fatto che molte persone hanno figli sempre più tardi, la Generazione Sandwich è destinata a crescere. Ignorare il problema significa perdere talenti, vedere più persone lasciare il lavoro prematuramente e aumentare i costi sanitari legati allo stress.
Esempi di buone pratiche che già funzionano sono:
- Aziende che offrono la settimana di 4 giorni o giornate lavorative più corte;
- Paesi che hanno sviluppato reti di assistenza domiciliare pubbliche e accessibili;
- Programmi di “sollievo temporaneo” che danno una pausa a chi assiste persone non autosufficienti;
- Comunità aziendali dove i dipendenti nella stessa situazione si scambiano consigli e risorse.
La Generazione Sandwich non è un problema di chi “non sa organizzarsi” o “non regge la pressione”. È una questione strutturale che riguarda come la nostra società distribuisce il lavoro di cura, come le aziende valutano e supportano i dipendenti, come le politiche pubbliche rispondono ai bisogni delle famiglie moderne.
Parlarne apertamente, riconoscere che è una sfida reale e soprattutto condivisa da moltissime persone, è il primo passo per costruire soluzioni che rendano questa fase della vita più sostenibile per tutte e tutti.