Violenza nella coppia: come riconoscere i campanelli d’allarme e cosa fare

Non importa di che tipo di violenza si tratti: ecco cosa fare quando ci si sente esposte o minacciate a una qualsiasi forma di violenza nella coppia

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Antonella Lobraico

Editor specializzata in Salute & Benessere

Specializzata nella comunicazione online, ha collaborato con testate giornalistiche, uffici stampa, redazioni tv, case editrici e agenzie web in progetti su Salute e Benessere.

Pubblicato: 22 Luglio 2021 10:15Aggiornato: 30 Novembre 2022 16:13

I giorni passano, i decenni anche, ma la violenza persiste. Nonostante tutto. Spesso a subirla è la donna e (dato ancora più preoccupante) a compierla è quasi sempre una persona a lei molto vicina come un marito, un partner, un fidanzato. Insomma, qualcuno che dovrebbe prendersene cura e che invece le procura solo dolore.

La violenza nella coppia può assumere diverse forme. Se da una parte c’è quella che ferisce il corpo, dall’altra ce n’è una altrettanto insidiosa e dolorosa che squarcia la psiche. Infatti, nel caso della violenza psicologica, le percosse sono verbali, possono essere continue e logorare nel tempo chi le subisce.

Chiedere subito aiuto alle persone davvero care o contattare un centro antiviolenza, è il primo passo da compiere non appena ci si rende conto che si sta subendo una forma di violenza.

Quali sono le conseguenze della violenza nella coppia, come è possibile riconoscerla e soprattutto, cosa fare? Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Donatella Scardi, Avvocato di diritto di famiglia, Presidente del Centro Antiviolenza Telefono Rosa Piacenza – Associazione “La Città delle Donne – O.d.V”.

Quest’ultimo si occupa di ascoltare, accogliere e dare sostegno alle donne esposte ad ogni forma di maltrattamento. All’interno dell’Associazione c’è anche uno sportello legale con figure professionali specializzate in vari settori, dedicato alle donne che hanno bisogno di un’assistenza legale ma non hanno un avvocato.

In cosa consiste la violenza nella coppia

«La violenza nella coppia intesa come violenza domestica è emersa negli anni Novanta, quando nei centri antiviolenza sono iniziate ad arrivare sempre più segnalazioni da parte delle donne riguardo questa forma di violenza. La violenza ad opera del proprio partner può essere fisica (è più facile da provare dal punto di vista probatorio in un’aula di tribunale in quanto ci sono dei referti del pronto soccorso), ma anche psicologica. Quest’ultima è la più devastante all’interno di una coppia, non solo perché si può consumare quotidianamente, ma anche perché comporta una serie di problematiche a livello psicologico. È infatti più difficile da riconoscere e in più, si tende a giustificare la persona con la quale si vive», spiega la dottoressa.

Differenza tra conflittualità e violenza

«La conflittualità all’interno di una coppia ci può essere: magari ci sono due pensieri differenti, ma alla fine si arriva ad un punto in cui tutto si risolve con il dialogo e in modo pacifico. Quello che non deve accadere è la prevaricazione, la non accettazione del pensiero diverso, perché è qui che la conflittualità può trasformarsi in violenza.

La violenza presenta mille sfaccettature: ad esempio si può arrivare a isolare la donna dalla famiglia di origine, o anche ad avere il controllo su di essa, soprattutto se non ha una sua indipendenza economica», precisa l’esperta.

Le ripercussioni della violenza economica

La dottoressa Scardi si è voluta soffermare proprio su uno degli abusi più sottovalutati. La violenza economica è un problema più grave di quello che si pensa, tanto da essere riconosciuta come tale nell’articolo 3 della Convenzione di Istanbul, citata all’interno di quella che è la violenza domestica, assieme a quelle fisiche, sessuali e psicologiche. Ma anche in questo caso i problemi sorgono, non solo nel riconoscimento e nella dimostrabilità dell’abuso economico, ma anche per la vergogna, delle stesse donne, che non riescono a denunciare.

La violenza economica è infatti sempre accompagnata da forme di abuso psicologico ai danni delle vittime che sprofondano, giorno dopo giorno, in una spirale di sfiducia e insicurezza che le lega sempre di più al partner.

Il bullismo nella coppia

Nei casi più gravi, l’abuso psicologico può sfociare in un vero e proprio bullismo che si insidia nella coppia. È possibile captare questo segnale quando la persona amata si mostra eccessivamente critica e tende a dare giudizi su ogni azione compiuta. Qualsiasi cosa non va mai bene e a volte possono anche scappare degli insulti in pubblico, davanti agli amici o i familiari. Oppure durante le normali discussioni quotidiane, il partner tende ad alzare costantemente la voce, ostacolando a lungo andare la possibilità di esprimersi dell’altra persona. Non rispetta più il suo punto di vista e nei casi più gravi potrebbe anche arrivare al dominio fisico o all’abuso.

Violenza psicologica: quando le parole lasciano i lividi

«La violenza psicologica è più difficile e sottile da riconoscere. Ad esempio, dire alla donna frasi come “non vali niente” minando di continuo la sua autostima, significa fare violenza psicologica. Ed è per questo che è più insidiosa e devastante. Chi la subisce, può finire anche per crederci giustificando i comportamenti dell’altro: per questo non è facile riconoscerla. Altri comportamenti che rimandano a questa forma di violenza sono:

  • Isolamento della donna
  • Controllo su di essa
  • Annullamento della persona (ad esempio facendo a pezzi i suoi ricordi affettivi)»

Le 5 frasi che possono segnalare un abuso emotivo

Ci sono diversi segnali attraverso cui una vittima può rendersi conto di essere sotto scacco di una violenza psicologica, e può farlo riconoscendo cinque semplici modi di dire che, spesso, appaiono innocui, ma che nascondono tremende insidie:

  • Non sono in grado di stare senza te
  • Voglio sempre sapere dove sei
  • Sono sicuro che tra di noi finirà
  • Sono stato bravo?
  • Questa idea non è tua

Le conseguenze di una violenza

«Le possibili conseguenze delle violenze fisiche e psicologiche differiscono da caso a caso. In realtà non ci dovrebbero essere conseguenze, perché in modo lucido le donne dovrebbero cercare di riconoscere la violenza, non giustificarla e non pensare mai che “sia un attimo, un momento, che non lo farà più” perché così non è.

Non c’è una giustificazione alla violenza, prima la si riconosce e prima si è in grado di affrontare un percorso di uscita da essa evitando anche conseguenze importanti. L’unica prevenzione che abbiamo è agire sulla formazione ed educazione dei giovani. Teniamo conto che situazioni in cui un bambino assiste a una violenza domestica (e che ha come modello educativo un padre che usa violenza sulla mamma) o in cui una bambina vede la mamma subire violenza, potrebbero influenzare negativamente lo sviluppo delle loro personalità. Quindi, mai pensare di non separarsi per il bene dei figli, anzi andrebbe fatto proprio per loro», continua la dottoressa.

Come capire se sei una vittima

«Rendersene conto è il primo atto da compiere. È poi importante non restare isolate e chiedere subito un sostegno perché chi subisce una violenza non è indifesa o fragile. Chiunque si trovasse in una situazione come questa sarebbe vulnerabile. Chi subisce violenza non deve considerarsi debole. Possiamo invece dire che chi la subisce in genere è confuso, chi invece la mette in atto è lucido. Ci tengo poi a sottolineare che la donna non si deve vergognare in alcun modo, ma è chi ha commesso violenza che dovrebbe farlo».

Chi subisce violenza può sperimentare anche altre sensazioni come:

  • Provare vergogna
  • Sentirsi in colpa
  • Avere la sensazione di non avere vie d’uscita

I 6 campanelli d’allarme da non sottovalutare

L’avvocato Pamela Jacobs, specializzata in casi di violenza domestica, ha definito sei indicatori di rapporti morbosi e distorti nei quali la vittima viene colpevolizzata e sottomessa dal suo “carnefice”, creando un rapporto di dipendenza difficile da recidere:

Ecco i sei segnali a volte insospettabili:

  • Il partner è esageratamente romantico
  • Vuole subito impegnarsi con te
  • Ti vuole tutta per sé
  • È concentrato esclusivamente su di te
  • È dolce e carino (qualche volta)
  • Gioca a fare la vittima

Cosa fare e a chi rivolgersi

«Il consiglio è di non subire, ma di parlarne con un’amica, un conoscente o rivolgersi ad un centro antiviolenza. Qui la donna ha modo di parlare con altre donne che la ascoltano (e alcune volte potrebbe essere anche più facile aprirsi a persone esterne che sono anche più lucide). Ogni caso viene poi studiato nei minimi dettagli, viene proposta una strada alla donna, ma la decisione finale sul da farsi spetta a lei.

Inoltre, è bene non concedere una seconda occasione perché la persona non cambia nel tempo», conclude l’esperta.

Come capire se una persona è vittima di violenza

Ci sono diversi elementi che possono aiutare a capire se una donna, magari una nostra amica, sta subendo violenza. Ad esempio si può notare:

  • Chiusura e isolamento verso l’esterno
  • Paura, ansia
  • Presenza di attacchi di panico
  • Tendenza a colpevolizzarsi
  • Non credere in sé stessa
  • Ferite, contusioni, lividi

Come aiutare una donna vittima di violenza

Come si può aiutare una donna vittima di violenza? Innanzitutto ascoltala e falla sentire al sicuro, evitare di dare consigli azzardati o che possano essere interpretati male. Piuttosto non stupirsi che dal suo racconto emergano sentimenti contrastanti verso colui che la maltratta, non giudicarla e cercare di porre delicatamente le domande, in modo da poter capire in maniera dettagliata ad esempio, da quanto tempo va avanti la violenza. Bisogna infonderle forza e cercare di farle sentire la propria presenza dimostrandole solidarietà e incoraggiala a contattare un centro antiviolenza, fornendole un numero di telefono. Bisogna mettersi in contatto con un centro antiviolenza, o in caso di emergenza, contattare le forze dell’ordine:

  • Carabinieri: 112
  • Polizia: 113
  • Servizio sanitario di urgenza ed emergenza:118
  • Linea di aiuto per la violenza: 1522 (gratuita)