21 grammi: così la scienza misurò il peso dell’anima

Si dice che il peso dell'anima corrisponda a 21 grammi, ma non è una leggenda romantica e suggestiva. E questo esperimento lo conferma

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Cos’è l’anima? Un mistero, un enigma indecifrabile e affascinante che da tempi immemori ha mosso teorie, idee e ipotesi, scientifiche, religiose o più romantiche di quello che sembra essere il principio vitale e fondamentale dell’uomo.

Per cercare una definizione, o meglio un significato, poeti, scienziati, filosofi e religiosi hanno tentato di spiegare ciò che non sembra spiegabile, arrivando alla conclusione che l’anima è la parte vitale e spirituale dell’essere vivente, separata e distinta, quindi, dal corpo umano.

Ma se c’è chi si è limitato a scandagliare lo spirito umano, c’è anche chi è andato oltre a questo tentando e riuscendo, possiamo dire, a distanza di oltre un secolo, a misurare il peso dell’anima.

21 grammi

È stato fissato a 21 grammi il peso dell’anima, la misura dello spirito e dell’essenza dell’essere umano. 21 grammi cantati dagli artisti, celebrati dalle parole, dalle poesie e dai film in maniera romantica e quasi favolistica. In realtà, però, dietro a questo numero non si nasconde una leggenda suggestiva né tanto meno una favola della buonanotte, ma un esperimento scientifico condotto lo scorso secolo.

Correva l’anno 1901 quando Duncan MacDougall riuscì nell’impresa di misurare il peso dell’anima. Il medico statunitense, dopo aver elaborato diverse teorie su questo, scelse di fare un’esperimento sull’uomo. Il ricercatore era convinto che, al di là delle convinzioni più spirituali e legate alla religione, l’anima fosse composta da una massa e quindi potesse essere misurata se separata dal corpo. Come poteva fare, dunque, ad avvalorare questa teoria?

MacDougall scelse di condurre il suo esperimento prendendo in esame sei uomini affetti di tubercolosi allo stato terminale. Dopo aver studiato i loro corpi, e il loro peso, mentre erano in vita, fece lo stesso dopo il decesso. Ma il risultato arrivò solo quando potette assistere al processo di morte di uno di loro.

Così la scienza misurò il peso dell’anima

Osservando uno dei pazienti in punto di morte, il medico statunitense registrò una perdita di peso pari a 21 grammi nel momento esatto in cui questo esalò l’ultimo respiro. La sua teoria sembrava confermata.

I risultati dell’esperimento furono diffusi sei anni dopo, nel 1907, attirando l’attenzione di molti, ma anche il dissenso del resto della comunità scientifica. Le sue teorie, infatti, furono rifiutate dai suoi colleghi, anche se in realtà è giusto precisare che lui per primo, nel suo rapporto, affermò che sarebbe stato necessario ripetere più volte l’esperimento.

Questo non avvenne, ma l’11 marzo del 1907, il New York Times raccontò la storia del peso dell’anima, e la notizia delle teorie di Duncan MacDougall si diffusero in tutto il mondo, arrivando fino ai giorni nostri.

Negli anni 2000, il fisico Lewis E. Hollander Jr. provò a replicare l’esperimento prendendo in esame un campione di pecore. Ma con la morte, il peso di quegli animali, era aumentato. Nel 2005, il medico Gerard Nahum, propose a diverse università statunitensi di replicare il primo esperimento, ma le sue richieste furono rifiutate.

Nonostante la teoria di MacDougall non abbia mai ricevuto conferma da parte della comunità scientifica, il suo esperimento ha reso popolare nella cultura di massa l’idea che l’anima abbia un peso: 21 grammi.