Dopo 20 anni Kathleen Folbigg è libera: non ha ucciso i suoi bambini

No, Kathleen Folbigg non è una lucida assassina, non ha ucciso i suoi bambini. E ora, finalmente, è una donna libera. Ma a che prezzo?

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

20 sono gli anni trascorsi all’interno del carcere di Grafton, 4 le perdite, quelle associate a un dolore incommensurabile e inaccettabile per una madre. Uno è l’appellativo che l’ha fatta conoscere al mondo intero come la “Peggior serial killer d’Australia”, tanti i commenti, gli interventi e le testimonianze che si sono rincorse negli anni e 2 le sentenze: quella di colpevolezza e quella di innocenza.

Questa è la storia di Kathleen Folbigg, della mamma australiana accusata di aver causato la morte dei suoi bambini, tutti deceduti tra il 1989 e il 1999. Ma poche righe di riassunto non bastano a raccontare uno dei casi giudiziari più controversi del nostro secolo.

Kathleen, che si è sempre dichiarata innocente nonostante le accuse e la condanna, è ora una donna libera. Le certezze sulla sua colpevolezza dichiarata in tribunale sono state scardinate, una dopo l’altra, dall’intervento di scienziati ed esperti che hanno portato alla luce le cause del decesso naturale dei piccoli accomunati dal medesimo destino che, ora è chiaro a tutti, non era quello di morire per mano di chi l’aveva messi al mondo.

Chi è Kathleen Megan Donovan

Prima di scoprire i fatti che hanno trasformato Kathleen nella “Peggior serial killer d’Australia”, una premessa sulla sua vita è doverosa perché il dubbio che in qualche modo il suo passato possa avere influenzato i pregiudizi su cosa è successo dopo c’è e non può essere ignorato.

Alla sola età di 18 mesi, Kathleen Megan Donovan è rimasta orfana: sua madre è stata uccisa, e pugnalata per 24 volte, proprio da suo padre. Dopo l’arresto dell’uomo, e la condanna per omicidio, la piccola Kathleen è stata affidata alle cure di una coppia adottiva fino al 1970, anno in cui è stata trasferita nell’orfanotrofio della città di Glebe.

Adottata dai coniugi Marlborough, Kathleen incontra non poche difficoltà nell’integrarsi nella sua nuova vita a causa delle rigide regole imposte dai genitori adottivi. All’età di 15 anni lascia la scuola e quella casa, e inizia a lavorare per mantenersi in autonomia. È in quel periodo che conosce Craig Gibson Folbigg, suo futuro marito e padre dei suoi figli.

I due comprano una casa insieme nel sobborgo di Mayfield e, nel settembre del 1987, convolano a nozze. Sembra l’inizio di un sogno per Kathleen che finalmente può lasciarsi il passato alle spalle, che può formare una famiglia insieme all’uomo che ama, che può essere per i suoi bambini la madre che non ha mai avuto. Ma tutto è destinato a precipitare in maniera drammaticamente inimmaginabile.

Caleb, Patrick, Sarah e Laura

Il 1° febbraio del 1989, Kathleen Folbigg dà alla luce il suo primogenito: si tratta di Caleb Gibson. Il sogno di realizzare una famiglia prende finalmente forma, ma purtroppo è destinato a infrangersi presto. Il piccolo Caleb, infatti, mostra subito dei problemi all’apparato respiratorio, diagnosticati poi come laringomalacia.

Il 20 febbraio, a soli 19 giorni, Caleb muore durante il sonno nella sua culla. Il corpicino senza vita viene ritrovato proprio da sua madre. La causa viene attribuita alla morte in culla.

Il 3 giugno del 1990 nasce  Patrick Allen, il secondogenito dei coniugi Folbigg. Questa volta, affinché tutto vada bene, Craig Gibson decide di restare a casa per alcuni mesi per prendersi cura del bambino e di sua moglie. Nonostante la vigile attenzione di mamma e papà il 18 ottobre di quello stesso anno il dramma sembra ripetersi: il piccolo non respira bene, ma grazie all’intervento tempestivo dei genitori viene salvato e portato in ospedale. Il 18 febbraio del 1991 Patrick non ce la fa e perde la vita a seguito di forti convulsioni.

Dopo il dolore della perdita dei due bambini, i coniugi Folbigg scelgono di darsi un’altra possibilità. Si trasferiscono a Thornton, nel New South Wales, e danno alla luce Sarah il 14 ottobre del 1992. Ma all’età di 10 mesi la bambina muore. Lo stesso destino colpirà anche l’ultimogenita di Kathleen e Patrick, Laura Elisabetta, che nasce il 7 agosto del 1997 e muore all’età di 18 mesi.

Le accuse e la condanna

Nonostante in un primo momento i decessi dei neonati vengano attribuiti a cause naturali, è difficile credere che si tratti di coincidenze così sfortunate che si sono abbattute su tutti i membri della famiglia. Ad alimentare il sospetto sono i diari personali di Kathleen trovati dal marito, e consegnati alla polizia.

Quei testi, che parlano di disperazione e dolore, sembrano una prova di colpevolezza nei confronti della mamma che, nell’aprile del 2001, viene arrestata.

Nel 2003 inizia un processo lungo e complicato che dura 7 settimane. L’accusa non ha dubbi: Kathleen Folbigg ha ucciso i suoi 4 figli, li ha soffocati durante il sonno perché depressa e frustrata. A sostegno della tesi dell’accusa ci sono le pagine dei diari della donna, ma c’è soprattutto la poca propensione nel credere che una tragedia di quel calibro possa aver toccato tutti e quattro i suoi figli.

La difesa, invece, sostiene fermamente l’innocenza della donna, la stessa professata da Kathleen durante questi lunghi anni. Il diario consegnato dal marito viene utilizzato per dimostrare quanto amore la donna nutrisse, in realtà, nei confronti dei suoi figli e quanto dolore c’era in lei per le perdite che si erano susseguite negli anni. La difesa, inoltre, sostiene la tesi della morte in culla.

Ma i dubbi restano, fino a trasformarsi in certezza. Alla fine del processo la giuria dichiara Kathleen colpevole. La peggior serial killer d’Australia viene così condannata a 40 anni di carcere.

La ricerca scientifica e la dichiarata innocenza

Se da una parte c’è chi accusa senza remore Kathleen Folbigg, sulla base della sentenza del processo e di quanto emerso, c’è chi non crede nella colpevolezza della donna. A non farlo sono i medici e gli esperti coinvolti nel caso, e non solo, che sostengono che i decessi sono collegati alla morte in culla.

Nel 2019 viene presentata una richiesta di scarcerazione, corredata da tesi scientifiche, che però viene respinta. Due anni dopo, oltre novanta scienziati, presentano al governatore del New South Wales tutta una serie di studi a dimostrazione di quanto sostenuto fino a quel momento: le morti potrebbero essere spiegate da un disturbo neurogenetico di cui è affetta anche Kathleen.

La svolta avviene il 5 giugno del 2023: a Kathleen Folbigg, dopo 20 anni di reclusione, viene concessa la grazia e può lasciare il carcere di Grafton. Secondo gli esperti, infatti, le due bambine condividevano con la madre una mutazione genetica che comporta gravi rischi di arresto cardiaco mentre Patrick e Caleb soffrivano entrambi di convulsioni ed epilessia, due condizioni che avrebbero provocato la morte.

Kathleen Folbigg ora è una donna libera, ma tutto quello che ha perso in questi vent’anni di vita nessuno glielo ridarà indietro mai più.