Violenza economica: una donna su due è vittima. Lo studio

Un sondaggio - all'interno del rapporto Ciò che è tuo è mio. Fare i conti con la violenza economica - traccia i numeri di questa piaga

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Virginia Leoni

Giornalista e Lifestyle Editor

Nata nel 1981, giornalista, ufficio stampa e socia di una casa editrice, ha trasformato la sua passione in lavoro. Ama scrivere, leggere e raccontare.

Una piaga silenziosa, ma dolorosa e reale. Stiamo parlando della violenza economica, le cui vittime sono le donne e che in Italia è drammaticamente presente e tocca molte persone.

È quanto emerge da uno studio realizzato da WeWorld, al cui interno si trova un’indagine portata avanti con Ipsos. Si tratta del rapporto Ciò che è tuo è mio. Fare i conti con la violenza economica pubblicato il 22 novembre e che evidenzia – tra le altre cose –  i dati emersi da un campione di individui intervistati sul tema e fa il punto della situazione in merito a una forma di violenza – come viene descritta sul sito: “Subdola e, spesso, meno conosciuta”.

E i dati, dicevamo, sono allarmati: una donna su due è vittima, infatti, il 49% di quelle intervistate ha dichiarato di aver subito nella vita almeno un episodio di violenza economica. I numeri emersi dall’indagine.

Ciò che è tuo è mio. Fare i conti con la violenza economica: il rapporto

Numeri, dati allarmanti e messi nero su bianco che tratteggiano una panoramica piena di ombre sulla violenza economica in Italia. Sono quelli emersi nel rapporto Ciò che è tuo è mio. Fare i conti con la violenza economica che “nasce con l’intento di fare luce su una delle forme di violenza contro le donne più subdola e, spesso, meno conosciuta – viene spiegato nella documentazione -. Dopo aver inquadrato il fenomeno e le sue caratteristiche, il rapporto si concentra sui risultati dell’indagine inedita che WeWorld ha realizzato insieme a Ipsos per valutare la percezione di italiani e italiane della violenza contro le donne e, in particolare, della violenza economica”.

Il sondaggio di opinione realizzato da WeWorld, in collaborazione con Ipsos, ci restituisce una panoramica dei numeri che mettono, ancora una volta, nero su bianco i contorni di una piaga che in Italia colpisce tantissimi individui di sesso femminile e che si va ad affiancare ad altre forme di violenza come quella fisica e verbale.

Come viene spiegato sul rapporto, il sondaggio di opinione “è stato condotto a settembre 2023 su un campione di 1.200 individui (di cui 209 donne separate o divorziate) rappresentativo per età e area geografica della popolazione italiana”.

Cinque le sezioni, da cui emergono dati allarmanti. In merito alla violenza economica ricordiamo che una donna su due (il 49% delle intervistate) ha dichiarato di aver subito un episodio almeno una volta nella vita. Percentuale che sale al 67% tra le donne separate o divorziate.

Tra gli altri dati vale la pena riportare che “1 donna su 10 dichiara che il partner le ha negato di lavorare. Più di 1 donna separata o divorziata su 4 (28%) dichiara di aver subito decisioni finanziarie prese dal suo partner senza essere stata consultata prima. Quasi 1 italiano/a su 2 ritiene che le donne siano più spesso vittime di violenza economica perché hanno meno accesso degli uomini al mercato del lavoro”.

Un altro ambito di indagine era quello sulla relazione tra violenza di genere e stereotipi. Qui è emerso, ad esempio, che “più di 1 italiano/a su 4 (27%) pensa che la violenza dovrebbe essere affrontata all’interno della coppia. Il 15% degli italiani/e pensa che la violenza sia frutto di comportamenti provocatori delle donne. Il 16% degli uomini, contro il 6% delle donne, pensa che sia giusto che in casa sia l’uomo a comandare”.

Come avviene la violenza economica e come intervenire

Il rapporto Ciò che è tuo è mio. Fare i conti con la violenza economica, oltre ai dati e alle testimonianze di alcune donne, segnala anche quali sono i modi in cui si manifesta, declinandoli in controllo, sfruttamento e sabotaggio. Quest’ultimo ambito intende l’impedimento nell’avere accesso al mondo del lavoro o alla formazione.

WeWorld – che è (come viene riportato sul sito) un’organizzazione no profit italiana, attiva in 27 paesi compresa l’Italia – ha anche pensato a tre strade per poter agire in maniera concreta attraverso prevenzione, riconoscimento e monitoraggio e interventi.