Vogliamo poter camminare in strada di giorno e di notte, senza avere paura

La paura di uscire da sole è oggi più alta che mai: la morte di Sarah Everard e la nostra "guida alla sopravvivenza"

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Pubblicato: 17 Marzo 2021 12:32

Temi come la libertà, l’autonomia e l’indipendenza, sono sempre attuali, discussi e dibattuti dalla società contemporanea e e, soprattutto dalle donne. E allora perché, una rapida ricerca sui motori di ricerca, ci restituisce il medesimo scenario? Basta navigare un po’ tra i forum in rete o leggere i commenti delle notizie di cronaca per scoprire che nessuna di noi gode di quella libertà che in realtà vorrebbe avere.

E questa mancata autonomia si riflette nelle più semplici delle attività quotidiane, come il poter uscire da sole. Ma da quando una semplice passeggiata in strada, dopo il tramonto, si è trasformata in quella terrificante sensazione di essere in pericolo?

E no, non ci troviamo all’interno di una pellicola horror dove ogni ombra proiettata sull’asfalto si trasforma in una creatura orribile intenta a inghiottirci, perché le notizie di cronaca ci insegnano che purtroppo i mostri esistono anche nella realtà.

La paura di uscire da sole

Sono tante le donne che, oggi, sono spaventate all’idea di uscire da sole dopo il crepuscolo. E allora non lo fanno, oppure chiedono ai fidanzati e agli amici di essere accompagnate, perché così la minaccia sembra meno reale. Ma la paura di un’aggressione o di una violenza, quell’ossessione che qualcuno ci stia seguendo, quella camminata sempre più veloce e affannata, sono reali più di ogni altra cosa.

Perché là fuori, di giorno e di notte, ci sono quei mostri che hanno le sembianze di uomini, ma uomini non sono. E puntano, inseguono e a volte, purtroppo, raggiungono la loro vittima causando tragedie che non riguardano solo l’universo femminile, ma l’umanità intera.

La morte di Sarah Everard

Sarah, 33 anni, il 3 marzo alle 21 e 30 rientra a casa, a piedi, nella zona di Clapham, o almeno ci prova. La donna viene rapita e uccisa, il suo corpo ritrovato giorni dopo in un bosco ad Ashford, nel Kent. L’assassino è stato trovato, si tratta di Wayne Couzen, agente di polizia di 48 anni.

Il caso di Sarah Everard è solo l’ennesima tragedia compiuta. La morte della donna ha scosso il Regno Unito e il mondo intero e ha reso necessario il ritorno al dibattito sulla sicurezza delle donne e sulla privazione della libertà che ognuna di noi subisce per quella minaccia reale che incontriamo in strada, e non solo.

A Londra, un corteo di donne, è sceso in piazza alla veglia della morte di Sarah Everard, per dare voce alla paura fulminante che ormai è radicata nell’universo femminile. Unite per lo stesso motivo, per far sì che nessuna donna più debba correre pericoli in strada, perché nessuna sia più molestata, violentata, uccisa.

Prima dell’arresto di Couzen, la polizia aveva lanciato un appello a tutte le donne chiedendo loro di restare in casa e di non uscire, da sole, nelle ore serali. Ma è davvero questa la soluzione? Privare le donne della loro libertà, indipendenza e autonomia per la loro incolumità?

Perché ancora una volta devono essere le donne quelle che pagano il prezzo più alto delle azioni di qualcun altro? Non bastano già le violenze, in ogni loro forma, e tutte le privazioni che giorno dopo giorno vengono combattute da centinaia di migliaia di donne? L’appello della polizia inglese ha dimostrato ancora una volta che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nella cultura e nell’educazione di questa società: bisognerebbe lanciare un monito agli uomini e punire la loro violenza, piuttosto che chiedere alla donne di cambiare.

È al grido di queste consapevolezze che centinaia di donne sono scese in strada a Londra per la memoria di Sarah e per difendere ogni diritto femminile. Altrettante si sono unite virtualmente attraverso i social network raccontando storie, lanciando appelli, chiedendo allo Stato e alla società delle misure di sicurezza.

La giornalista del Times, Caitlin Moran, si è espressa sull’accaduto portando alla luce una drammatica verità: “La mia giornata “fuori” termina al tramonto. Se non sono uscita col cane o a correre ed è buio rinuncio”. Così le donne sono costrette a un coprifuoco autoimposto, solo per la loro salvaguardia.

WannaBeSafe Italia

Il tema delle sicurezza delle donne è stato affrontato anche in Italia e, anzi, è recente l’iniziativa di tre giovani donne che hanno lanciato una petizione su change.org per rendere il catcalling un reato. Perché per una donna, una semplice passeggiata, può trasformarsi in un percorso insidioso tra uomini che fanno commenti indesiderati, gesti volgari, fischi, inseguimenti e molestie sessuali.

Ed è a partire da questa consapevolezza che è nata la campagna WannaBeSafe Italia di Linda Guerrini e di altre due giovanissime italiane. In pochi giorni sono state raccolta più di 17 mila firme, un numero che fa comprendere quanto la consapevolezza di quello che accade in strada appartenga a tutti noi. Ma sapere che un problema esiste, e riconoscerlo, non lo fa sparire automaticamente.

Ecco perché la petizione è rivolta al Parlamento, affinché i nostri politici possano accoglierla e trasformare la proposta di riconoscere il catcalling come reato, in una legge.

Le regole per la “sopravvivenza” in strada

Parlare di regole per la sopravvivenza in strada, è tanto triste quanto necessario in attesa che qualcosa cambi in maniera definitiva. La verità è che finché la forma mentis di certi uomini e della società intera non cambierà, saremo costrette a dover combattere da sole quei “pericoli” che riguardano esclusivamente l’universo femminile.

Nessuno ci impedirà di non uscire in strada di notte o di non indossare quel bellissimo vestito con scollatura solo per paura che qualcuno faccia dei commenti volgari, o peggio ci molesti, perché non è così che deve andare. Possiamo però seguire alcuni consigli che vengono dal web, come quello di utilizzare le finestre delle case in strada per controllare se c’è qualcuno che ci sta seguendo.

O quello di fare attenzione alle ombre per capire se c’è qualcuno dietro di noi e di studiare con gli occhi la strada che stiamo attraversando per trovare delle vie d’uscita qualora qualcuno decidesse di importunarci. Dovremmo evitare anche l’utilizzo degli auricolari, soprattutto se questi trasmettono musica a alto volume che ci distrarrebbe da quello che sta accadendo intorno a noi. Lo stesso discorso vale per lo smartphone: stare sui social o scrivere a qualche amica senza mai alzare la testa è fonte di grande distrazione.

Un altro consiglio interessante è quello di tenere le chiavi di casa in mano, non solo per evitare di cercarle una volta arrivate davanti alla porta di casa, ma anche per trasformarle in un arma da utilizzare in un’eventuale aggressione. E poi urlare e difendersi, naturalmente. In molti consigliano un calcio alle zone intime e noi non siamo nessuno per non dirvi di non seguire questo consiglio.

Si parla della nostra vita, la cosa più preziosa che abbiamo. E in attesa che qualcosa finalmente cambi, dobbiamo lottare con le unghie e con i denti per proteggerla. Proteggerci.