Ci sono alcune storie che non vorremmo mai ascoltare, perché sono atroci, terribili e dolorose. E a renderle ancora più drammatiche è il fatto che sono reali e non si possono dimenticare. Così come non si può dimenticare il nome di Pamela Mastropietro, la protagonista di quell’episodio di cronaca nera che ha sconvolto il Paese intero.
Chi era Pamela Mastropietro
Classe 1999, Pamela Mastropietro nasce e cresce a Roma, nel quartiere di San Giovanni. Purtroppo però la sua adolescenza non è spensierata come quella dei suoi coetanei perché la ragazza si ritrova a fare i conti con il diagnosticato disturbo di personalità bordeline. A questo si aggiunge una spirale di dipendenza dalla droga che la farà precipitare in un tunnel senza un’apparente via d’uscita.
Appena diciottenne, Pamela, si trasferisce a Corridonia, in provincia di Macerata, in una comunità di recupero. È intenzionata a ricominciare, a tornare a vivere. Passo dopo passo inizia a comporre i pezzi della sua vita, per cercare di affrontare e sconfiggere tutti quei mostri che l’hanno spinta ad abusare di droghe e alcol sin dall’adolescenza.
Per qualcuno è colpa delle cattive compagnie che Pamela ha frequentato. Identificano in questo le cause della sua tossicodipendenza, ma forse le ferite che ha dentro la ragazza sono troppo grandi per cercare negli altri dei colpevoli.
29 gennaio 2018, la sparizione e l’omicidio
È il 29 gennaio del 2018 quando la fotografia di quella giovane ragazza inizia a fare il giro dell’Italia. Pamela non è più in comunità, è fuggita. Lo ha fatto di sua spontanea volontà raggiungendo la stazione di Corridonia-Mogliano, con la complicità di un tassista, con sole due valigie, una di colore rosso e l’altra di colore blu.
Le ricerche iniziano, ma sono in molti a pensare che quella sparizione non sia preoccupante, del resto non è la prima volta che qualcuno lascia la comunità per andare alla ricerca di una dose di droga. Eppure mamma Alessandra è preoccupatissima, così come lo è papà Stefano. Le ore passano e di Pamela non si ha traccia, così seguono gli appelli in televisione.
Due giorni dopo, a pochi chilometri da Macerata, un uomo nota due valigie, una rossa e una blu. Sono quelle di Pamela, la ragazza dagli occhi grandi e tristi che tutta l’Italia sta cercando. Che fine abbia fatto Pamela viene svelato immediatamente dopo, quando i resti del suo corpo smembrato vengono ritrovati proprio all’interno di quelle due valigie.
La speranza dei genitori, di riabbracciare la loro bambina, viene meno con il confronto del DNA: si tratta di Pamela. Alessandra e Stefano Mastropietro sono divorati dal dolore, quello di aver perso la loro figlia che forse, più di tutti, meritava una seconda possibilità.
Quella possibilità Pamela non l’aveva avuta e, anzi, le è stata strappata via prepotentemente da un uomo. Il suo nome è Innocent Oseghale, un pusher nigeriano che la ragazza aveva incontrato la notte della sparizione. Le autorità lo rintracciano subito grazie al sistema di video sorveglianza che lo ha ripreso proprio in compagnia della sua vittima.
In un clima di pregiudizi, razzismo e paura, la città di Macerata e tutto il Paese crollano davanti a quello che è uno dei fatti di cronaca nera più brutali degli ultimi anni. Sono gli stessi giorni in cui l’incensurato Luca Traini commette un attentato in città a sfondo razzista.
Intanto le indagini continuano e Innocent Oseghale viene considerato colpevole. A nulla serviranno le sue dichiarazioni di innocenza, che parlano dell’overdose come la causa della morte di Pamela. Nonostante il lavaggio effettuato con la candeggina, per eliminare residui, il DNA dell’uomo viene trovato sui resti del corpo della ragazza. Innocent Oseghale, così, viene condannato all’ergastolo e a diciotto mesi di isolamento.