Il neonato abbandonato nel cassonetto e le alternative per chi non vuole essere mamma

Lasciato accanto al cassonetto: la vicenda del neonato abbandonato a Villanova Cavanese riaccende il dibattito sulle alternative per chi non vuole o non può essere mamma

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Redazione

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È possibile abbandonare al suo destino un neonato? È possibile lasciarlo in un angolo, accanto a un cassonetto dei rifiuti, pur avendo la piena consapevolezza che questo gesto potrebbe mettere fine alla sua brevissima vita? La risposta è che sì, ancora oggi questi drammatici gesti accadono e spesso portano proprio alla morte dell’infante. Certo, non è il caso di Lorenzo, il piccolo che è stato ritrovato in provincia di Torino: lui, pur essendo attualmente sotto controllo, sta bene perché una famiglia è arrivata giusto in tempo per salvarlo.

Ma il ritrovamento del bambino, a dispetto dell’esito relativamente felice, impone una nuova riflessione su quali siano le alternative per le donne che non vogliono o non possono essere madri. Ci si chiede, ancora una volta, quali sono le opzioni e come si può evitare che alcune donne arrivino sull’orlo del baratro, compiendo gesti estremi e dolorosi che, almeno visti dall’esterno, sembrano senza spiegazione.

Al gelo per ore: il ritrovamento del neonato

D’altronde, come si spiega quanto è accaduto a Villanova Cavanese? Le stesse persone che hanno trovato il neonato non credevano ai loro occhi. A sentire un gemito soffocato, simile a un miagolio, è stato il quindicenne Casey Lafort, che dopo aver intravisto un sacchetto di plastica con qualcosa dentro ha chiamato il suo papà, Paolo Lafort. I due si sono avvicinati al cassonetto a fianco del portone che separa la loro casa dalla strada, ed è stato a questo punto che hanno trovato il neonato, freddo ma ancora vivo.

Il ritrovamento del neonato nel cassonetto
Fonte: Ansa
Paolo Laforet, l’uomo che ha ritrovato il bambino

Senza pensarci un attimo, Paolo e suo figlio hanno preso il bambino, lo hanno liberato dalla busta e lo hanno portato di corsa all’interno della loro casa. Il suo colorito era viola, la pelle del viso indurita, ma emetteva versi e respirava. La famiglia Lafort ha fornito il primo soccorso, coprendo il piccolo con asciugamani caldi e cullandolo, e proprio durante queste manovre Paolo si è accorto che il piccolo aveva ancora il cordone ombelicale attaccato, oltre che la placenta: doveva essere nato da pochissimo tempo.

I soccorsi e le prime ipotesi

La famiglia Lafort ha subito allertato le forze dell’ordine e chiamato l’ambulanza. Il piccolo è stato così stato ricoverato all’Ospedale di Ciriè, dove dal reparto di neonatologia sono subito arrivate buone notizie: Lorenzo non è in pericolo di vita, è sano e in salute. Il sollievo portato da questa notizia, però, non dissipa la coltre di dubbi e di tristezza che avvolge l’intera vicenda. Il piccolo è stato abbandonato accanto a quel cassonetto, secondo le forze dell’ordine e secondo lo stesso Paolo Lafort, perché in quella strada non ci sono telecamere di sicurezza. La persona che ha lasciato il bambino non voleva essere riconosciuta, voleva scomparire e lasciarsi alle spalle il pargolo. E ancora una volta, chi legge la storia si chiede perché.

Bambino lasciato nel cassonetto

Cosa può condurre una madre (o chi per lei) ad abbandonare un bambino appena nato? Secondo le prime ipotesi si potrebbe trattare di una ragazza giovane, forse minorenne, che si è sentita disperata e non in grado di affrontare la maternità. Sono molti, però, i contesti che possono condurre donne, coppie e famiglie (non è detto che la colpa dell’abbandono sia attribuibile esclusivamente alla madre) a rinunciare al proprio bambino: casi di estrema povertà, di precaria salute, di instabilità mentale.

Contesti che non possono essere liquidati con facili condanne, perché per quanto il gesto sia terribile, per quanto sia inaccettabile, nessuno può davvero sapere qual è il movente né tantomeno si può avere certezza che la persona che ha abbandonato il bambino avesse un’idea delle sue alternative.

Le alternative e il peso di una corretta informazione

Alternative, sì. Perché tutte le donne incinte hanno delle alternative: non per tutte la maternità è una gioia, non per tutte è una vocazione, non per tutte è un’aspirazione. Superati i tempi richiesti per le pratiche dell’aborto e dell’interruzione volontaria di gravidanza le donne non sono necessariamente “obbligate” a tenere il piccolo che stanno portando in grembo. Per legge, partorendo in ospedale si può evitare di registrare la propria identità: il parto può avvenire in completo anonimato e il bambino può essere lasciato all’Ospedale dove è nato (DPR 396/2000, art. 30, comma 2), sotto tutela.

Ancora, su tutto il territorio italiano sono collocate le Culle per la Vita e culle termiche (dove per esempio è stata lasciata a Natale la piccola Maria Grazia), strutture create appositamente per lasciare i neonati in tutta sicurezza, mantenendo l’anonimato e assicurandosi che non ci siano rischi. Infine, le mamme in difficoltà possono richiedere al Tribunale dei Minori la dichiarazione di adottabilità del neonato. La verità è che le alternative esistono: è l’informazione, talvolta, a essere carente.