Nel pieno fervore del 1967, tra speranze e illusioni, tutta l’Italia si riuniva nelle case di amici e parenti in possesso del magico piccolo schermo per assistere e seguire lo spettacolo musicale più importante del nostro Paese. Si trattava del Festival di Sanremo giunto alla sua 17esima edizione.
Eppure qualcosa cambiò per sempre le sorti di quello show allegro spensierato quando, nella notte tra il 26 e il 27 gennaio, venne ritrovato il corpo senza vita del cantante in gara Luigi Tenco. Una morte tragica e misteriosa che ha lasciato tristezza, domande e una scia di buchi neri mai colmati, che ha destato scalpore e critiche quando, nonostante la notizia diffusa, fu scelto di mandare avanti il festival.
Show must go on, dissero tacitamente, mentre la canzone Ciao amore, ciao, che Tenco aveva portato in gara con la star francese Dalidà, si trasformava nell’ultimo saluto al cantante. Messo da parte il trambusto delle ambulanze e della polizia, tutti sono tornati sul palco dell’Ariston a cantare e Claudio Villa e Iva Zanicchi con il brano Non pensare a me, hanno vinto e chiuso quella diciasettesima edizione.
Quella notte folle, però, non è stata mai dimenticata. Non solo rivive in quel Club Tenco, che onora l’eredità dell’artista e delle canzoni d’autore, ma anche in tutti i dubbi e le domande che sono rimaste senza risposta.
Luigi Tenco
La mia più grande ambizione è quella di fare in modo che la gente possa capire chi sono io attraverso le mie canzoni, cosa che non è ancora successa.
Nato a Cassine il 21 marzo del 1938, Luigi Tenco è considerato uno dei maggiori esponenti della scuola genovese di cui fanno parte anche Gino Paoli e Fabrizio De André. A loro il merito di aver rivoluzionato la musica leggera degli anni ’60.
L’infanzia di Luigi sembra quasi calcare le orme della sua morte futura: è confusa, tumultuosa e frammentata. Nato da una relazione extraconiugale, nasce nel Monferrato e acquisisce il cognome di Giuseppe Tenco, marito della madre, anche se non è il suo padre biologico. Tuttavia non riuscirà mai a conoscerlo perché morirà a causa di un incidente poco prima della sua nascita.
Tante le case e le città in cui vivrà i primi anni di vita, fino a trovare un po’ di pace a Genova, dove si trasferirà con la famiglia grazie al sostegno dei genitori materni. Grandi le aspettative riposte nei confronti del piccolo Luigi e in Valentino, suo fratello maggiore, da parte della madre. Dopo il liceo, infatti, si iscrisse all’università, ma la musica aveva già fatto capolino nella sua vita.
Il ragazzo, infatti, durante gli anni del liceo faceva ripetizioni da un insegnante privata che gli insegnò a suonare il pianoforte, fu un quel momento che in lui si palesò una forte attrazione nei confronti della musica. Chitarra, clarinetto e sassofono, Tenco impara a suonare tutto e la sua voce è brillante, anche se in famiglia questa sua capacità non è ben vista perché essere cantante e musicista non era considerato un mestiere.
Abbandonati definitivamente gli studi, Luigi Tenco sceglie di dedicarsi alla musica, è attraverso quella che emergono il suo sguardo critico nei confronti della società ingiusta e quel desiderio entusiasta di poter cambiare le cose.
Inizia così la sua carriera nel mondo della musica, prima a capo di Jelly Roll Boys Jazz band e poi come sassofonista del Modern Jazz Group dove conosce anche Fabrizio De André. Nel 1959 sceglie di trasferirsi a Milano, sono gli anni in cui diventa turnista per Gino Paoli e Ornella Vanoni e viene notato per la sua voce. Con la Dischi Ricordi avviene il suo esordio con un EP contenente quattro brani e poi con un 33 giri. La sua canzone Cara Maestra però viene censurata perché troppo critica nei confronti della chiesa. Stesso destino per le sue canzoni Io sì e Una brava ragazza.
Canterò finché avrò qualcosa da dire e quando nessuno vorrà più ascoltarmi bene, canterò soltanto in bagno facendomi la barba ma potrò continuare a guardarmi nello specchio senza avvertire disprezzo per quello che vedo
Diviso tra Genova e Milano Tenco si trasferisce a Roma e firma un contratto con la casa discografica RCA. Nella capitale conosce Dalidà, la cantante italo francese con la quale trova una perfetta sintonia in studio e nella vita privata. Diventerà sua amante nonché sua compagna di gara al Festival di Sanremo, partecipando però controvoglia secondo l’amico Fabrizio De André, con il brano Ciao amore, ciao.
Il testo, come tutti gli altri di Tenco, raccontava storie di vita reale, parlava del dramma dell’Italia rurale e contadina, ma parlare di quei temi a quel tempo non raccoglieva il consenso degli altri. Il suo brano non piacque alla giuria del Festival di Sanremo che lo confinò al 12esimo posto eliminandolo dalla finale.
Anche l’esibizione fu aspramente criticata al punto tale che Tenco ammise di non voler salire più sul palco dell’Ariston e di voler abbandonare la carriera da interprete per comporre soltanto.
Ciao amore, ciao
Da quel momento, quello dell’eliminazione e del rifiuto, restano solo frammenti. Quello che si sa per certo è che nella notte tra il 26 e il 27 gennaio del 1967 il cantante si recò nella stanza 219 dell’Hotel Savoy e fece due telefonate, la prima a Ennio Melis, il capo della RCA e la seconda a Valeria, la sua fidanzata dell’epoca.
La telefonata sarebbe terminata all’una di notte e un’ora dopo il suo corpo senza vita viene trovato da Dalidà e da Lucio Dalla. La cantante francese ha raccontato poi in seguito di aver trovato il suo partner musicale, dopo l’esibizione, visibilmente irritato dal verdetto della giuria e convinto di voler tenere una conferenza stampa per denunciare il giro di scommesse clandestine presenti all’interno del Festival di Sanremo.
Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.
Il biglietto trovato nella stanza, vicino al corpo senza vita, ha fatto subito pensare a un suicidio. La morte, del resto, era avvenuta con un colpo di pistola alla tempia, la stessa che lui aveva acquistato un anno prima. Eppure l’ipotesi del suicidio non ha convinto molte persone per tanti anni, complice un episodio raccontato dal cantante e avvenuto qualche settimana prima, in cui aveva ammesso di essere stato inseguito e speronato da due automobili.
Le pressioni da parte di giornalisti e dei media, e di suo fratello Valentino, hanno convinto a riaprire il caso dopo 38 anni. La sua salma è stata riesumata per un’autopsia che precedentemente non era stata fatta. Il 15 febbraio del 2006 la procura generale di Sanremo ha confermato il suicidio chiudendo definitivamente il caso Tenco.