Infibulazione in Italia: storie di un viaggio verso l’inferno

Ci sono le leggi che puniscono, quelle che contrastano e prevengono l'infibulazione e le mutilazioni genitali femminili, eppure le donne ancora non sono al sicuro

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Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

Doveva essere una vacanza, un viaggio di famiglia, come quelli che si fanno sempre con tanto entusiasmo quando si è piccoli. E invece, quello delle due sorelline di Piacenza che insieme al padre sono volate in Africa la scorsa estate, si è trasformato in un viaggio di andata verso l’inferno.

E il ritorno ha cambiato tutto, lo ha fatto perché quella vacanza altro non era che una scusa per mutilare le bambine. L’episodio di cronaca, uno dei tanti, ci fa capire ancora una volta che voltarsi dall’altra parte non è possibile, che quello delle mutilazioni genitali femminili è un fenomeno concreto e reale, spaventoso e terribile, che dobbiamo prevenire e contrastare in maniera decisa.

Molto è stato già fatto, ma c’è ancora tanto da fare. In Italia, le leggi 583bis e 583ter, vietano l’esecuzione di qualsiasi forma di mutilazione genitale femminile tra cui anche l’infibulazione, l’escissione e la clitoridectomia con l’obiettivo di abolire e reprimere tutte queste pratiche, nonché di prevenirle e contrastarle. Eppure questo non è abbastanza, evidentemente, se basta un viaggio in Africa per tagliare le ragazze e privarle di ogni loro diritto umano. Vediamo insieme a che punto siamo.

Infibulazione e non solo: storie di mutilazioni

I numeri sono sconcertanti e fanno paura. Riguardano l’Italia, il mondo, riguardano tutti. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità circa 140 milioni di donne nel mondo sono state sottoposte a qualche pratica di mutilazione e altre 3 milioni sono costantemente a rischio. Parliamo di donne, parliamo di bambine, che spesso non raggiungono neanche i 15 anni di età. È per proteggere loro, e tutte le altre, che l’Onu ha istituito nel 2003 la Giornata Mondiale contro l’infibulazione e le MGF che cade ogni 6 febbraio, per ricordare e porre fine a quella violenza che calpesta tutti i diritti fondamentali delle donne.

Ma cosa sono le mutilazioni genitali femminili? Le MGF inglobano nel termine tutta una serie di pratiche di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni che vengono effettuate sul corpo femminile per diverse ragioni sociali o culturali.

La pratica affonda le sue origini in tempi antichissimi ponendosi alla base di tutta una serie di credenze popolari molto dure da scardinare. L’epilogo, però, è sempre lo stesso: quello di stravolgere e sconvolgere l’esistenza di migliaia di bambine privandole della dignità e della libertà dei loro corpi, delle loro vite. Le conseguenze, poi, sono pericolosissime, sia a livello fisico che psichico.

L’infibulazione e le mutilazioni vengono praticate senza anestesia e da persone non esperte. Questi asportano il clitoride o eliminano le labbra, cuciono, restringono e tagliano, come se fossero dei sarti dell’orrore. Lo fanno per tutta una serie di credenze, per lo più errate, che riguardano ragioni di bellezza, di purezza e persino di salute, tutte scardinate dal report 2000 “Mutilazioni dei genitali femminili. Si crede che… Invece… Perché questa pratica deve finire”, pubblicato dall’AIDOS, Associazione italiana donne per lo sviluppo.

Il fenomeno, come dicevamo, è piuttosto diffuso. Sono molti i Paesi, oltre l’Italia, che l’hanno abolita, ma in molti altri è tollerata e diffusa. È questo il caso dell’Africa e della penisola arabica, ma le migrazioni moderne e contemporanee hanno fatto sì che il fenomeno si espandesse anche nel resto del mondo. Quando non si può operare nel luogo di residenza, dove c’è una legge che lo vieta, basta un viaggio nel Paese di origine, per torturare l’anima e il corpo delle giovani vittime di una società barbara.

Non una scelta consapevole, s’intende, ma indotta e obbligata da parte dei capi famiglia o dalle madri, le stesse che prima di loro hanno provato sulla pelle quello stesso dolore. Eppure non lo risparmiano alle loro bambine perché devono permettergli di adeguarsi agli ideali di bellezza e di purezza che appartengono alla comunità.

E intanto loro soffrono dentro e fuori, a volte sanguinano tanto e contraggono malattie a causa dell’assenza di strumenti idonei. Altre volte le complicazioni sono così grandi che la pratica, oltre alla dignità, spezza anche le loro vite.

I numeri in Italia

In Italia, come abbiamo anticipato, nonostante le leggi emanate contro le mutilazioni, le bambine del mondo non sono al sicuro. Non lo sono perché basta un viaggio lontano dai Paesi dove le MGF sono proibite per raggiungere lo scopo, quello di perpetuare una pratica crudele che priva alla donna di avere il controllo sul suo corpo, sulla loro dignità e sulla loro libertà.

Secondo quanto dichiarato da Elisabetta Aldrovandi, presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime, sono quasi 5000 le bambine che rischiano l’infibulazione anche nel nostro Paese e la maggior parte sono di origine somala. Un numero che ci sembra spaventosamente alto ma che in realtà conferma una diminuzione della pratica rispetto agli anni precedenti.

Secondo Actionaid, invece, almeno di 61.000 le donne presenti sul territorio italiano sono state sottoposte durante l’infanzia alla mutilazione dei genitali, la maggior parte avvenute proprio durante un viaggio di ritorno nel loro Paese di origine. Amnesty International, anche lei impegnata alla lotta contro le MGF, sostiene che la pratica dell’infibulazione sia in costante diminuzione, un’inversione di tendenza, questa, che c’è oggi grazie all’educazione e alla sensibilizzazione delle comunità, ma anche alle denunce che a volte, per fortuna, avvengono dagli stessi membri della famiglia.

Le donne vittime di questa pratica brutale sono soprattutto somale e maliane, ma anche sudanesi e burkinabé. A essere colpite sono principalmente le giovanissime, quelle minorenni che ancora non possono ribellarsi alla volontà delle famiglie e delle loro comunità. È evidente, quindi, che per contrastare definitivamente l’infibulazione e le altre pratiche di mutilazione è necessario più controllo sul territorio e sulle comunità.

Le leggi italiane e la tutela

La legge italiana, come abbiamo anticipato, già punisce la pratica delle MGF non solo sul territorio, ma anche se queste sono condotte all’estero. Inoltre, nel caso di mutilazioni genitali nei confronti di minori possono essere applicate le stesse disposizioni generali di protezione dei bambini.

Considerata come grave violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze e principale ostacolo al raggiungimento della parità tra i sessi, il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, concede l’asilo a titolo di rifugiato a tutte le donne che hanno subito l’infibulazione o qualsiasi altra mutilazione, o si trovano in una situazione che mette a rischio la loro salute e i loro diritti fondamentali.