Climate quitting: così la sostenibilità ambientale influenza le scelte di lavoro

Si chiama climate quitting ed è quel fenomeno che coinvolge sempre più lavoratori attenti alla sostenibilità ambientale e ai cambiamenti climatici

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Che ci piaccia o meno, non possiamo negare il fatto che il lavoro riveste un ruolo molto ingombrante nella nostra quotidianità. Forse non è il lavoro dei sogni, probabilmente non è neanche legato alle nostre passioni e gli interessi o, ancora, si tratta solo di un impiego scelto per garantirci le risorse economiche di cui abbiamo bisogno per vivere.

Sono tanti gli scenari che si aprono quando parliamo di lavoro, eppure tutti portano alla medesima consapevolezza del fatto che, indipendentemente dal ruolo ricoperto, questo caratterizza le nostre giornate. Lo fa attraverso il tempo, le energie e le risorse che impieghiamo e dispendiamo ogni giorno per raggiungere risultati e obiettivi.

Ma che succede quando quello stesso lavoro si trova ad anni luce di distanza dai nostri personali valori? Malessere, stress e frustrazione sono solo alcune delle conseguenze più comuni che tutti abbiamo provato almeno una volta nel perseguire mansioni che non erano in linea con il nostro essere. E sono le stesse emozioni che stanno alla base di quel fenomeno che prende il nome di climate quitting e che vede l’abbandono, da parte dei professionisti, di un posto di lavoro poco attento alla sostenibilità ambientale e ai cambiamenti climatici.

Cos’è il climate quitting

Nonostante oggi c’è chi ancora ignora, volutamente o meno, le conseguenze di quello che l’uomo ha fatto fino a questo momento, il cambiamento climatico è già qui. Lo dimostrano le tendenze meteorologiche che stanno sconvolgendo l’equilibrio del pianeta e di tutti gli esseri viventi che lo popolano.

Di parole, rispetto a tutto quello che poteva essere fatto e che invece è stato rimandato per troppo tempo, ne sono state spese abbastanza. Quello che occorre fare, adesso, è agire con consapevolezza e attenzione. Lo sanno bene tutte quelle persone che hanno scelto di cambiare le loro abitudini e la quotidianità, mettendo in atto una vera e propria rivoluzione gentile, a favore di un impatto decisamente più attento e sostenibile nei confronti del mondo che abitiamo.

E lo sanno anche tutti quelli che sono disposti a mettere in dubbio la propria posizione lavorativa, o meglio l’azienda per cui lavorano, per il medesimo obiettivo. Gli esperti hanno coniato per questo fenomeno, che starebbe coinvolgendo sempre più persone, il nome di climate quitting, in riferimento alle dimissioni silenziose di cui vi abbiamo già parlato.

Con il termine quiet quitting, infatti, gli economisti hanno individuato una tendenza in forte crescita perpetuata da tutti coloro che desiderano riappropriarsi del proprio tempo e dei propri spazi. In questo caso non si tratta di vere e proprie dimissioni, quanto più di una nuova consapevolezza, in nome della quale non si sacrifica più la salute e più in generale il benessere personale per la propria professione, e che si traduce in paletti e limiti ragionevoli rispetto al tempo da dedicare al lavoro.

Nel caso del climate quitting, l’esigenza è la medesima, solo che al centro di ogni decisione c’è l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità. Secondo un’indagine condotta dalla Yale School of Management qualche anno fa, il 51% degli intervistati accetterebbe di lavorare con uno stipendio più basso a patto che l’azienda sia impegnata, o comunque responsabile, dal punto di vista ambientale.

Un grande cambiamento, questo, che va completamente a sostituire la tendenza che da sempre primeggia nella nostra società e che si traduce nel mito della produttività a ogni costo, anche a discapito del nostro benessere e di quello del pianeta.

I dati e il nuovo scenario

Insomma, i cambiamenti climatici e tutte le loro conseguenze non si possono più ignorare. Ed è proprio partendo dalla consapevolezza di quello che sta succedendo intorno a noi che molte persone hanno scelto di invertire la rotta, ove possibile. Lo confermano anche i dati, gli stessi che rivelano che il fenomeno del climate quitting si sta già diffondendo in tutto il mondo.

Secondo un report pubblicato da Bloomberg, e che raccoglie i dati dell’International Energy Agency, nel 2022 sono state molte le persone ad aver scelto di intraprendere un percorso professionale all’interno di aziende operanti nel settore dell’energia rinnovabile.

A fare da eco ci pensa l’indagine Global Green Skills Report condotta da Linkedin che ha portato alla luce un’interessante novità che riguarda il mondo del recruitment. Sembra proprio che, nell’ultimo periodo, sia cresciuta in maniera importante la richiesta, da parte delle aziende, delle green skills, ovvero di tutte quelle competenze e abilità che riguardano proprio la sostenibilità, l’impatto ambientale e le energie rinnovabili.

Questo si traduce in una maggiore attenzione sulle problematiche ambientali che non riguarda solo i candidati, e quindi i professionisti, ma anche le stesse aziende che, in un modo o nell’altro, cercando di trovare un ruolo nella green economy. Crescono così nuove esigenze, quelle che si uniscono al desiderio di fare qualcosa di concreto, non solo nella quotidianità privata, ma anche sul lavoro.

Anche la ricerca pubblicata dalla Yale School of Management conferma la tendenza. Su 2.000 studenti intervistati, infatti, il 51% ha dichiarato di essere disposto ad accettare compensi più bassi a favore di un impiego all’interno di un’azienda sostenibile.

Al contrario di quanto si può pensare, il fenomeno del climate quitting non è destinato a far declinare il mercato del lavoro, ma al contrario favorisce la nascita e l’accesso a numerose posizioni professionali. A confermarlo è anche l’Organizzazione internazionale del lavoro che ha analizzato lo scenario del presente ipotizzando che entro il 2023 potrebbero nascere oltre 20 milioni di posti di lavoro green in tutto il mondo.

Se da una parte, quindi, questa nuova e doverosa attenzione all’impatto ambientale crea inedite e potenziali opportunità, dall’altra c’è il rischio concreto che la domanda non sia adeguatamente accolta. Per questo motivo c’è bisogno di educare le generazioni al cambiamento che verrà, e che sarà possibile in maniera positiva solo ed esclusivamente con l’intervento di tutti.

È chiaro che ci vorrà del tempo affinché domanda e offerta troveranno il loro equilibrio ed è probabile che molte posizioni di lavoro non saranno accessibili a tutti, almeno nel breve termine. Tuttavia il fenomeno del climate quitting fa riflettere e ci dimostra che adottare uno stile di vita più sostenibile e attento è possibile, e passa dalle nostre scelte, private e professionali.