Un padre, un figlio e il Prof. Vecchioni. Uno di fronte all’altro, con i desideri, le paure e le certezze provvisorie di tre diverse generazioni. Così si presenta Prima di essere principi, edito da Salani, il quarto libro di Niccolò Agliardi.
Cantautore, vincitore di un Golden Globe e di un Nastro d’Argento per la canzone Io sì (Seen), che ha firmato con Laura Pausini e Diane Warren, autore della colonna sonora della fortunata serie, Braccialetti rossi, e scrittore dalla fulminante carriera, Niccolò Agliardi ci ha raccontato di come è nato Prima di essere principi, di come il suo libro può essere prezioso per chi vuole realizzare il suo sogno, senza farsi però incantare da luccichii ingannevoli.
Prima di essere principi è il tuo quarto libro, giusto?
Esatto, è il quarto libro. Ne ho scritti tre per Salani e uno in collaborazione con Alessandro Cattelan: quattro libri, quattro dischi. È un percorso che mi ha portato a esplorare lati di me che la musica non riusciva a esprimere del tutto.
Com’è nata l’idea di Prima di essere principi?
Tutto parte da una lettera che ricevetti trent’anni fa dal Professor Roberto Vecchioni, a mia insaputa e a insaputa dello stesso mittente. Infatti, il giornalista musicale, Mario Luzzato Fegiz, pubblicò sul Corriere della Sera un mio testo, dedicato a un ipotetico professore e la risposta di Vecchioni a questo mio testo che ho trovato magica. Quella lettera mi ha segnato profondamente. Trent’anni dopo, alla soglia dei miei cinquant’anni, ho voluto rimettere in circolo quell’esperienza, pensando a mio figlio, che oggi ha l’età che avevo io allora. Ho invitato Vecchioni a cena, e quella serata è diventata il cuore del libro.
Perché dovremmo leggere il tuo libro?
Non è un libro “necessario” nel senso assoluto, ma può essere prezioso per chi è in cerca del proprio sogno. Parla di scegliere con cura il sogno da perseguire, senza lasciarsi incantare dal primo che appare più brillante. È una riflessione sulla vita e sul valore delle scelte consapevoli, un invito a guardare oltre, a non adattarsi a risposte vecchie.
La vita, dunque, è una ricerca continua? È questo il messaggio che vuoi dare?
Assolutamente. Le risposte servono solo a generare nuove domande. La bellezza della vita sta proprio nel rimanere curiosi, senza adagiarsi. Però ogni tanto bisogna anche fermarsi, contemplare un tramonto e riposare.
Vecchioni, nella sua lettera, lanciò un messaggio potente. Lo trovi ancora attuale?
Sì, è universale. Il titolo del libro riflette questo: prima di essere principi, dobbiamo diventare uomini. Non servono attestati per dimostrare il nostro valore se ci sforziamo di costruirlo con consapevolezza. È una lezione che oggi, a cinquant’anni, sento ancora più forte.
Scrivi libri e canzoni: quanto sono diversi questi due mondi?
Moltissimo. La canzone è istantanea, deve racchiudere tutto in pochi minuti. Il libro, invece, richiede lungimiranza e un diverso tipo di disciplina. Sono due forme d’arte opposte, entrambe affascinanti.
Dove trovi l’ispirazione per le tue canzoni?
Un tempo cercavo l’ispirazione dentro di me. Ora la trovo nelle storie degli altri, nelle conversazioni casuali, nei racconti di amici o sconosciuti. Il mondo è pieno di storie che meritano di essere raccontate.
Tra le tue canzoni, ce n’è una che ami particolarmente?
Sì, Non vale tutto. È una preghiera che ricordo sempre a me stesso: nelle relazioni, come nella vita, ci sono limiti e valori che vanno rispettati.
E dell’esperienza del Golden Globe che cosa ci racconti?
Lisergica! Mi sono svegliato con un messaggio di Laura Pausini che diceva: ‘Aiuto, Golden Globe’. Mi ha ricordato il bungee jumping che feci in Australia. Una scarica di adrenalina indescrivibile. Non credo che esistano parole per descrivere questa emozione.
A proposito di nuove avventure, stai lavorando anche a un film?
Sì, è la prima volta che ne parlo. È tratto dal mio penultimo romanzo, Per un po’. Racconta la mia esperienza di padre affidatario. Vedere la mia vita trasformata in un film è un privilegio enorme, e sono grato per tutto ciò che la vita mi ha donato.