Genitori (e insegnanti) così potete salvare i ragazzi dal bullismo

Bullismo, body shaming, sexting, fake news: come agire, come chiedere aiuto quando sono coinvolti i nostri figli? Ne abbiamo parlato con Luca Pagliari, giornalista esperto del tema

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Alessandra Del Re

Giornalista esperta di Costume&Società

Scrive per necessità e passione. Ama le storie degli altri, famosi e non, leggerle e raccontarle

Quello di #cuoriconnessi è un progetto di Unieuro in collaborazione con la Polizia di Stato nato nel 2016 per contrastare il cyberbullismo e promuovere un uso corretto della rete. Body shaming, sexting, fake news: l’obiettivo è quello di diffondere consapevolezza su tutti questi temi, raccontando storie vere, storie di ragazzi che sono i nostri figli, ma anche storie di genitori che spesso si trovano ad affrontare situazioni più grandi di loro. #cuoriconnessi vuole essere un racconto dal basso, dialogo, condivisione. Le attività, sia online che offline, sono rivolte a studenti e insegnanti delle scuole secondarie italiane (qui trovate il calendario degli appuntamenti). Da queste storie sono nati finora quattro libri, distribuiti gratuitamente in formato cartaceo nei punti vendita di Unieuro, e scaricabili in versione digitale online. L’autore di questa collana è Luca Pagliari, giornalista, documentarista e storyteller, con cui abbiamo fatto una chiacchierata. 

Luca, raccontaci come hai iniziato a interessarti al tema bullismo
Ho cominciato molti anni fa quando ancora lavoravo in Rai e a Radio Dimensione Suono. Volevo lavorare a un tipo di giornalismo che potesse lasciare più un segno, così mi sono spostato sempre di più sulla narrazione di storie. Da lì ho iniziato a realizzare delle campagne per Presidenza del Consiglio dei Ministri, su tematiche legate ai ragazzi. Questo approccio diretto e senza retorica, perché non mi piace fare il grillo parlante, si è dimostrato efficace: non ero lì a dire cosa fare ma a fare da ponte. Il passaggio naturale, con l’esplosione del mondo digitale, è stato quello di raccontare delle problematiche legate alle dinamiche del web. La mia è stata una fuga dal giornalismo aggressivo e che non amo più di tanto.

Molti ritengono che la pandemia abbia amplificato tanti problemi, come rifugiarsi nell’isolamento. Cosa ne pensi?
Per certi versi sicuramente è vero, e ha rappresentato un problema non da poco. Ma a mio giudizio i problemi legati al mondo online erano presenti già da prima e forse si sono acuiti degli aspetti, ma il Covid non ha spostato di molto un problema che già esisteva e cioè la dipendenza dal web. Che tengo a dire, non è solo un problema dei ragazzi ma ci riguarda un po’ tutti. Ma siccome ci sono sempre tante verità, va detto che c’è stato anche un aspetto positivo: ci siamo approcciati alla rete anche dal punto di vista didattico. Il device quindi non è stato solo il mezzo per tenere i ragazzi in contatto con il mondo, ma anche con l’apprendimento. Questo non dimentichiamocelo.

A volte sono i genitori che dovrebbero essere educati
Oggi accade questo: un bambino di 8 anni ha in mano un telefono e nessuno lo controlla perché non ha gli strumenti per farlo. Questo è un problema. Questo è quello che manca. Noi genitori a volte pensiamo di sapere tutto, ci sentiamo sicuri dando ai nostri figli due regoline: “Stai attento, non condividere le foto”. Ma è una falsa illusione. In realtà bisognerebbe essere più restrittivi.

L’estate 2023 è stata segnata da due fatti orrendi di violenza: lo stupro di Palermo e quelli di Caivano
Conosco benissimo Caivano, meno il quartiere di Palermo in questione, ma le dinamiche alla fine sono le stesse. Oggi molto spesso la spinta a commettere un reato deriva dal fatto che avrai poi una platea a cui mostrare quanto fatto. Questo deve far riflettere: ci dà l’idea di quanto distorta sia la percezione dei ragazzi di quali sono i valori, ma anche la necessità di dimostrare di esistere attraverso dei reati commessi. Che vanno a pubblicare online, sapendo che nel momento in cui le pubblicheranno saranno inevitabilmente beccati, segnando da soli la loro condanna.

In casi di bullismo è giusto cambiare scuola? O è un rassegnarsi a qualcosa di ingiusto?
Faccio un esempio: è come quando si cambia lavoro perché non ci si trova bene in un certo ambiente. Ricordiamoci che non dobbiamo essere degli eroi e a volte la soluzione più pratica non deve essere vista come una resa. Semplicemente dobbiamo pensare che si è cambiato per stare meglio. Ho assistito a tante storie di ragazzi che hanno cambiato scuola. A volte si riesce a far capire ai bulli che stanno sbagliando, a volte no. Quindi perché non cambiare scuola? Ricordiamoci che ogni storia è a sé. Nella mia esperienza posso dire che a volte, dietro segnalazione all’istituto scolastico da parte delle famiglie dei bullizzati, arrivano anche le scuse, ma purtroppo è piuttosto raro. Perciò i ragazzi e soprattutto le ragazze, che ahimè sono le più bersagliate, spesso finiscono per cambiare scuola.

Ti faccio un esempio pratico, di un figlio o una figlia ricattati online per la diffusione di foto private, o filati. Da genitore, venendo a conoscenza di episodi come ricatti online, come si chiede aiuto alla Polizia Postale?
Si può scrivere al commissariato di polizia online oppure recarsi in questura o al commissariato di zona. Ho constatato direttamente che tutte queste famiglie dove si verifica un disagio del genere, vivono una grandissima solitudine: il figlio è disperato, loro sono disperati, vivono in balia di questo nemico invisibile, con l’angoscia di sapere che in rete circolano foto o video privati dei propri ragazzi. C’è tanta ansia e sofferenza e l’idea di andare dalla Polizia, a volte solo l’idea, spaventa. Ma vi assicuro al 100% che quando le persone riescono a farlo, scoprono che nessuno è lì per giudicare, ma trovano piuttosto comprensione e ascolto. Quel senso di solitudine scompare. E lo dico per esperienza, per le tante storie che sono state condivise con me e che ho raccontato.

Le campagne di prevenzione servono?
Assolutamente sì, e stanno iniziando a lasciare un segno. C’è una grande fragilità tra i ragazzi, questo è innegabile. Ma io vedo comunque che tanti di loro hanno un approccio più disincantato verso il mondo della rete. Forse siamo più noi adulti a subire questa sbornia, i ragazzi che oggi hanno tra i 15 e 17 anni probabilmente sanno meglio gestirla, riescono a trovare un equilibrio. Campagne di prevenzione e sensibilizzazione come #cuoriconnessi, realizzata da Unieuro con Polizia di Stato, hanno l’obiettivo di dimostrare che se la tecnologia è usata bene e in modo responsabile offre immense potenzialità.  Il progetto è un esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato e dopo anni di lavoro capillare e costante ha raggiunto l’obiettivo di essere credibile, autorevole e di aiuto anche come supporto educativo al corpo docente. L’utilizzo dei libri della collana #cuoriconnessi come materia di studio, approfondimento e confronto in classe è il più importante traguardo per noi. È il segno tangibile che le campagne di prevenzione e sensibilizzazione servono sia ai ragazzi, che si sentono seguiti e non più soli, ai genitori e agli insegnanti, coadiuvati nel loro importante ruolo educativo.