Da Torino la foto simbolo della seconda ondata della pandemia

La foto simbolo di questa seconda ondata è diventata virale perché racconta una realtà diversa, quella della speranza

Foto di Irene Vella

Irene Vella

Giornalista televisiva

Scrive da sempre, raccogli emozioni e le trasforma in storie. Ha collaborato con ogni tipo di giornale. Ha fatto l'inviata per tutte le reti nazionali. È la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera.

Arriva da Torino la foto simbolo della seconda ondata, a scattarla e postarla su Instagram è Pietro Izzo. Una lunga coda di dieci ambulanze, con le sirene spente e le luci blu accese, quasi a creare un collage di quelle che sembrano giocattoli, che in un silenzio irreale raccontano una storia.

Questa la didascalia aggiunta a corredo in un primo momento:

“Dieci ambulanze in coda sotto casa. Una luce blu che ha riempito tutti gli appartamenti della via. Senza sirena, quindi vuote (spero) e in procinto di tornare al deposito, o dove vanno a dormire le ambulanze quando finiscono un turno. Però impressionante. E siccome mi ha impressionato, ho filtrato la foto in modo che sembrassero tante macchinine giocattolo, per mettere un po’ di distanza fra me e loro e avere un po’ meno tristezza. Con tutto che le ambulanze sono speranza di vita”.

La mattina successiva un amico giornalista chiede il permesso di utilizzarla per un articolo diventando virale, ed è così che l’autore della foto si sente quasi in dovere di aggiungere una nota a margine spiegando che secondo lui una foto accompagnata da riflessioni personali non fa una notizia, che le ambulanze stavano trasferendo i malati di Covid verso il nuovo ospedale di Tortona, che quindi non erano in ingresso, ma in uscita.

La realtà però è un’altra, quella foto è diventata virale perché ci sono immagini che non hanno bisogno di parole, ci sono scatti che segnano profondamente un periodo storico, e che le ambulanze fossero in uscita non cambia di una virgola quello che riescono a descrivere, e quello che raccontano è un paese in ostaggio di un mostro invisibile.

Ma raccontano anche una diversa realtà, visto il ricordo ancora forte e nitido della fila di camion militari che trasportavano bare al loro interno, quelle luci sembrano urlare un messaggio di speranza, sembrano richiamare l’attenzione per dire “forza ragazzi che questa volta sarà diverso, noi trasportiamo malati, persone contagiate, ma vive”.

Forse alcuni di noi saranno particolarmente romantici, o forse degli inguaribili ottimisti, o magari degli ingenui tremendi, sta di fatto che all’alba del secondo lockdown, mentre i numeri dei nuovi contagiati (30.550 oggi) si rincorrono e si mescolano a quelli dei nuovi ricoveri nelle terapie intensive (67), quella foto così potente e silenziosa ha dato voce a quello che noi ci tutti ci auguriamo.

La speranza di combattere una guerra ad armi pari, la speranza di conoscere il nemico e di riuscire ad arginarlo e a rinchiuderlo nei meandri della memoria, quella che un giorno racconterà “di quando le strade erano vuote, i negozi erano chiusi, nessuno usciva più di casa fino a quando tornò la primavera“, quella che non lo sapeva, ma che forse aveva solo sbagliato data, non era quella del 2020, ma quella del 2021.

Perché noi inguaribili ottimisti siamo fatti così, cerchiamo una soluzione dove altri cercano una via di fuga, vediamo la speranza dove altri vedono la fine, cerchiamo motivi per sorridere anche se quelli per piangere sarebbero molti di più.

E allora caro Pietro sappi che ti sbagli, la tua foto non è diventata virale raccontando una realtà modificata, la tua foto è diventata virale perché racconta la speranza.

Quella di tutti noi.