Sono stata anche io una studentessa. Ed è stato bellissimo

Sono stati gli anni in cui ho diviso la cucina con degli sconosciuti, proprio io che sono sempre stata gelosa dei miei spazi. Ma quello che sembrava essere un incubo si è trasformato in una bellissima avventura

Foto di Sabina Petrazzuolo

Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

E chi se lo dimentica più quel periodo da studentessa. Uno dei più intensi, divertenti, impegnativi e a tratti drammatici della mia vita. Quello fatto di notti infinite trascorse a studiare, di discussioni con le coinquiline per il rispetto mancato delle regole, di nuovi amici e nuovi amori, di gioie e dolori, di ansie pre-esame e di prime occhiaie (queste sconosciute!) sul volto. Quando crescevo, quando cambiavo, ma ero così presa a definire il mio futuro che neanche mi accorgevo.

Anche io sono stata una studentessa. Prima per obbligo, e poi per scelta. Vi confesso che l’entusiasmo non mi è sempre appartenuto, soprattutto quando ero costretta e seguire le ore di economia aziendale e politica sociale, colpevole di aver scelto una scuola che mi allontanava dai sogni che diventavano sempre più nitidi. Ma a 13 anni, quando sei chiamata a scegliere del tuo futuro, sei più orientata a seguire i tuoi amici, che il tuo cuore.

Non che non siano degni di essere ricordati, quei 5 anni. Quelli fatti di scioperi in prima fila a manifestare contro le regole imposte, convinti di poter cambiare il mondo. Gli stessi in cui cercavamo ogni escamotage possibile, anche piuttosto creativo, per sfuggire all’interrogazione, quelli della campanella, del cortile e della merenda. Quelli dei numeri scambiati nel corridoio e delle sigarette fumate di nascosto.

Poi, quella magica e indimenticabile notte prima degli esami e la fine di tutto. L’inizio del resto. Gli anni universitari sono stati completamente diversi perché richiedevano una maturità e una consapevolezza che forse a 20 anni ancora non mi apparteneva. Ero eccitata e spaventata quando i primi giorni mi perdevo tra i corridoi di quella facoltà immensa, perché questa volta ero sola.

La mia migliore amica e tutti i miei compagni di scuola non c’erano più. Perché questa volta avevo scelto di seguire il cuore e loro hanno fatto lo stesso. Così, nonostante la paura di fallire e di non riuscire, ben nascosta agli sguardi orgogliosi di mamma e papà, ho abbracciato forte i miei genitori e mi sono messa in viaggio con una valigia enorme che facevo fatica persino a trasportare. Roma è diventata la mia casa.

Quella città così caotica, bellissima e complessa, ha fatto da sfondo agli anni delle nuove esperienze, quelle reali, quelle mature. Quelli in cui mi sono ritrovata a dormire sul divano, nonostante il giorno dopo avessi un esame, solo perché la mia coinquilina aveva scelto di trascorrere la notte con un bellissimo ragazzo biondo dagli occhi azzurri. Potevo mai biasimarla?

Anni in cui ho diviso la cucina con degli sconosciuti, proprio io che sono sempre stata gelosa dei miei spazi. Ma quello che sembrava essere un incubo, all’inizio, si è trasformato in una bellissima avventura. Anche quando mi sono ritrovata a dover pulire la casa perché le mie coinquiline saltavano i turni, o toccava a me cucinare a ogni cena organizzata per tutte perché ero la più brava – e forse l’unica – a saperlo fare.

Sono stati gli anni in cui mamma e papà, quando potevano, venivano da me. Loro il famoso pacco da giù non me lo spedivano, me lo portavano a mano perché solo così sarebbe potuto essere più grande e ricco, a prova di coinquiline. Gli stessi in cui ho dovuto mal sopportare i gusti di arredamento tremendamente kitsch scelti dalle altre e i loro continui bussare alla porta per chiedere favori e consigli nonostante chiedessi sempre di non disturbare – con tanto di cartello. Mi arrabbiavo, tanto. Ma bastavano i cornetti del forno sotto casa per farmi passare tutto.

In quegli anni ho scoperto di avere tantissimi limiti, come quelli legati alla pazienza. Ma ho capito anche di poterli superare. Sono stata triste e fragile, e poi fortissima. Ho detto addio a tante persone, ma ne ho conosciute di nuove che ancora oggi rendono più bella la mia vita.

Quelli da studentessa sono stati anche anni di sconforto perché mi sono ritrovata a fare i conti con me stessa e con il mio futuro. Perché questa volta non potevo più rimandare, perché ormai l’adolescenza era solo un ricordo lontano. Sono stati gli anni in cui sono scappata dalle mie responsabilità, da quella città troppo grande per me, cedendo alla convinzione di non essere abbastanza.

Ma poi ce l’ho fatta e sono ritornata. E sono diventata grande.