Così Virginia Woolf ha ucciso l’Angelo del focolare

"Mi accorsi che se volevo recensire dei libri, dovevo combattere contro un certo fantasma. E il fantasma era una donna, e quando imparai a conoscerla meglio la chiamai come la protagonista di una famosa poesia, la chiamai l’Angelo del focolare"

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

È un’eredità immensa, quella lasciata da Virginia Woolf, grande scrittrice, superba saggista e instancabile attivista britannica, che non riguarda solo la sua incredibile ed emozionante produzione letteraria, ma anche e soprattutto tutto ciò che intorno a questa ha ruotato.

Virginia Woolf è ancora viva. È eterna, è attuale ed è simbolica, così come lo sono tutte quelle opere che hanno segnato la storia della letteratura britannica e il suo impegno in prima linea per la lotta per i diritti e la parità di genere.

Era riuscita a fare quello che molte donne ancora non avevano fatto: liberarsi dagli stereotipi e andare contro il pensiero del tempo. Aveva capito che le più grandi limitazioni per le donne risiedevano proprio nell’accettazione dell’immagine che la società aveva delineato per loro, quella dell’Angelo del focolare. Così, Virginia Woolf, l’ha ucciso.

Il fantasma di Virginia Woolf

Mi accorsi che se volevo recensire dei libri, dovevo combattere contro un certo fantasma. E il fantasma era una donna, e quando imparai a conoscerla meglio la chiamai come la protagonista di una famosa poesia, la chiamai l’Angelo del focolare

Inizia così uno dei testi più belli, taglienti e intensi di Virginia Woolf, tratto dal saggio Professioni per le donne e pubblicato all’interno della raccolta La morte della falena e altri saggi 1942.

Che la scrittrice sia stata una pioniera del femminismo lo sappiamo tutti. Aveva capito, prima di molti altri, che era necessario allontanarsi da quell’immagine della donna imposta dalla società patriarcale. Virginia Woolf aveva sviluppato un’idea che andava in contrapposizione con quella del tempo, l’aveva seguita e aveva scelto di raccontarla attraverso il suo status da intellettuale. Per dare voce al suo pensiero e a quello di milioni di donne.

Perché il destino delle donne non era quello di restare a casa. Di essere mogli impeccabili e madri perfette. Sarebbe inorridita, la scrittrice britannica, nel sapere che l’Enciclica del 1931 ribadiva che le donne non erano fatte per i lavori, se non per quelli domestici. Perché erano il sesso debole, e il loro compito naturale era quello di educare i figli, curare il marito e occuparsi della casa.

Angeli del focolare, appunto. L’unica versione di donna che per secoli la società patriarcale ci ha proposto e ci ha imposto, costringendoci al sacrificio e alla sottomissione, alla rinuncia della libertà e del pensiero. Lo aveva capito già, Virginia Woolf, così aveva deciso di sbarazzarsene. Aveva ucciso il suo angelo del focolare.

“Ho ucciso l’angelo del focolare”

Mi accorsi che se volevo recensire dei libri, dovevo combattere contro un certo fantasma. E il fantasma era una donna, e quando imparai a conoscerla meglio la chiamai come la protagonista di una famosa poesia, la chiamai l’Angelo del focolare. Era lei che quando scrivevo una recensione si metteva in mezzo tra me e il mio foglio. Era lei che mi angustiava e mi faceva perdere tempo e mi tormentava a tal punto che alla fine la uccisi. Voi che appartenete a una generazione più giovane e più felice forse non capite che cosa intendo per Angelo del focolare.

Proverò a descrivervela il più brevemente possibile. Era infinitamente comprensiva. Era estremamente accattivante. Era assolutamente altruista. Eccedeva nelle difficili arti del vivere familiare. Si sacrificava quotidianamente. Se c’era il pollo, lei prendeva l’ala; se c’era uno spiffero, ci si sedeva davanti lei; insomma era fatta in modo da non avere mai un pensiero, mai un desiderio per sé, ma preferiva sempre capire e compatire i pensieri e i desideri degli altri.
E soprattutto, non occorre dirlo, era pudica. Il pudore era ritenuto la sua bellezza più grande, i suoi rossori il suo più bell’ornamento. A quei tempi (gli ultimi della Regina Vittoria) ogni focolare aveva il suo Angelo. E quando incominciai a scrivere me la trovai davanti alle prime parole.

L’ombra delle sue ali cadevano sulla mia pagina; sentivo nella stanza il fruscio delle sue gonne. Non appena presi in mano la penna per recensire il romanzo di quell’uomo famoso, insomma, lei mi scivolò alle spalle sussurrandomi: “Mia cara, sei una ragazza giovane. Stai scrivendo di un libro che è stato scritto da un uomo. Sii comprensiva; sii tenera, lusinga, inganna, usa tutte le arti e le astuzie del nostro sesso. Non far mai capire che sai pensare con la tua testa. E soprattutto, sii pudica”.

E fece come per guidare la mia penna. Mi voltai e l’afferrai per la gola. Feci del mio meglio per ucciderla. La mia giustificazione, se mi avesse trascinata in tribunale, sarebbe stata che avevo agito per legittima difesa. Non l’avessi uccisa, lei avrebbe ucciso me. Avrebbe succhiato la vita dai miei scritti. Perché, e me ne resi conto subito appena impugnata la penna, non si può recensire neppure un romanzo senza pensare con la propria testa, senza esprimere quella che secondo noi è la verità sui rapporti umani, sulla morale, sul sesso.

E di tutti questi problemi, secondo l’Angelo del focolare, le donne non devono parlare liberamente e apertamente; le donne devono ammaliare, devono conciliare, devono, per dirla brutalmente, dire bugie se vogliono avere successo. Perciò, ogni volta che avvertivo l’ombra della sua ala sulla pagina, o la luce della sua aureola, afferravo il calamaio e glielo scagliavo contro. Ce ne volle per farla morire. La sua natura fantastica le dava un vantaggio. È molto più difficile uccidere un fantasma che una realtà.

Credevo di averla liquidata e invece eccola li di nuovo. Benché mi lusinghi di averla uccisa infine, fu una lotta durissima; che richiese del tempo che sarebbe stato più utilmente impiegato a imparare la grammatica greca; o a girare il mondo in cerca di avventure. Ma fu una vera esperienza; un’esperienza che doveva toccare a tutte le donne scrittrici a quell’epoca. Uccidere l’angelo del focolare faceva parte del mestiere di scrittrice.