Ci sono storie che parlano di dolore e di sofferenza, ma anche di libertà e di coraggio, di persone che si sono spinte oltre le aspettative degli altri, fino a infrangerle, per diventare ciò che avevano sempre sognato di essere.
Così ha fatto Dora Richter, che fin dalla sua nascita ha dovuto sopportare un peso troppo grande, quello di nascere in quel corpo che giorno dopo giorno diventava una prigione sempre più soffocante. Che oscurava l’anima che le apparteneva, la sua vera essenza.
Rudolph e Dora, due vite condotte su binari paralleli che rischiavano di non incontrarsi mai. Due nomi e due identità differenti che celano però lo stesso cuore, quello di una sola persona. Quello di una donna che ha scelto di essere chi aveva sempre desiderato. Questa è la sua storia.
Chi era Dora Richter
I nomi di Rudolph e di Dora, dietro ai quali si intrecciano le vicende della stessa persona, sono sconosciuti a molti. Più famosa, forse, è la vicenda che ruota intorno a loro. Perché Dora è stata la prima persona al mondo a sottoporsi a un intervento chirurgico di riassegnazione di genere, seguita poi da Lili Eber, la Danish Girl che abbiamo conosciuto attraverso l’omonimo romanzo portato poi sul grande schermo.
La storia di Rudolph comincia nel lontano 1981. Primogenito di una famiglia di contadini, cresce nella zona dei Monti Metalliferi e sin dall’infanzia manifesta dei comportamenti diversi da quelli di coetanei. Sono strani, per gli altri, per tutte quelle persone per le quali l’identità di genere è stabilita alla nascita.
Rudolph non si sente a suo agio nel proprio corpo, al punto tale che all’età di 6 anni commette un atto sconsiderato e pericoloso, provando a rimuovere il suo pene con l’ausilio di un laccio emostatico. Nonostante il supporto della famiglia, in quella continua affermazione dell’identità, Rudolph sceglie di lasciare il suo piccolo paese.
Di giorno lavora come fornaio, ma nel tempo libero muove i passi in un campo a lui conosciuto e rassicurante. Si veste da donna, Rudolph, e finalmente si sente se stesso. Si sente libero. Viene però arrestato più volte con l’accusa di travestimento. Viene portato in cella e lasciato tra gli altri uomini. Perché per gli altri lui è un uomo.
Ma Rudolph non cede a quello che gli altri dicono, vogliono e pretendono da lui e, anzi, assume sempre più consapevolezza del suo genere. È un suo amico a parlargli del dottor Magnus Hirschfeld e delle cure del pioniere della ricerca sul sesso. Così si trasferisce a Berlino per esaudire il suo sogno: diventare la donna che aveva sempre sognato di essere.
Qui inizia anche a lavorare come domestica all’Institute for Sexual Research, uno dei pochi luoghi ad assumere personale transgender, senza discriminazione alcuna.
Rinascere nel proprio corpo
Il 1922 è l’anno in cui Rudolph può uscire dalla prigione del suo corpo. Si sottopone così a un intervento di orchiectomia per rimuovere i testicoli. Quello è solo l’inizio di un percorso ben più articolato che lo renderà definitivamente Dora.
Nel 1931, infatti, si sottopone ad altre due operazioni, diventando così la prima persona al mondo ad affrontare il percorso di cambio di sesso. Finalmente Dora si sente al sicuro, in quel corpo che sente suo.
Due anni dopo, però, succede qualcosa di inaspettato. Nella follia divagante delle ideologie naziste, l’istituto viene attaccato da una folla di studenti nel 1933. Tutti i documenti vengono distrutti dalle fiamme, e da quel momento si perdono anche le tracce di Dora.
Per alcuni studiosi, Dora Ritcher potrebbe aver perso la vita proprio durante quell’attacco. C’è chi sostiene, però, che la donna riuscì a scappare, tornando nella sua città natale. Secondo un articolo redatto da Charlotte Charlaque sui pazienti del dottor Magnus Hirschfeld, c’era anche una certa Dora Richter, nata a Karlsbad, proprietaria di un ristorante.
La verità sulla sua morte, probabilmente, non la sapremo mai. Quello che sappiamo, invece, è che Dora ha vissuto, fino alla fine, come aveva sempre desiderato diventando la donna che voleva.