C’è qualcosa che colpisce e che travolge quando si osservano le (pochissime) foto di Camille Claudel. Ce n’è una, in particolare, che la ritrae quando era giovane e che la mostra con lo sguardo fisso dentro l’obiettivo, quasi a volerlo trafiggere, con gli occhi grandi, carichi tanto di malinconia e tristezza quanto di audacia e determinazione. E forse sono queste le parole che meglio descrivono questa artista, a lungo rimasta all’ombra: malinconia, tristezza, audacia, determinazione, insieme a passione, quella passione che ha permeato buona parte della sua esistenza.
Per tutta la sua vita, Camille Rosalie Claudel è stata una straordinaria scultrice e, metaforicamente, è stata anche un’equilibrista: ha camminato in punta di piedi sul filo sottile della sua vita, durata 79 anni e sempre sospesa su un baratro oscuro che la spaventava e la attirava a sé, creando una sofferenza che è riuscita a tradurre in opere magistrali.
Indice
L’infanzia, l’assenza d’amore e l’argilla
La prima tragedia della vita di Camille avviene quando lei non esiste ancora: i suoi genitori, Louis-Prosper Claudel e Louise-Athanaïse Cécile Cerveaux danno alla luce uno splendido bambino che però, nel giro di 16 giorni, muore. Banchiere lui, casalinga proveniente da una famiglia di agricoltori e preti cattolici lei, Louis e Louise impregnano di dolore la scelta di avere immediatamente un altro figlio che, però, delude le loro aspettative: nasce donna. Si tratta di Camille, che per la coppia non riuscirà mai a essere neanche lontanamente paragonabile a quel primo bimbo perduto così in fretta.
Camille cresce ricevendo poco affetto: i suoi genitori sono impegnati a cercare un nuovo figlio maschio, mentre la bambina cerca delle certezze che non avrà mai. La famiglia cambia persino casa, sradicando la piccola da Fère-en-Tardenois, dove era nata. Passano quattro anni e Louis e Louise hanno l’agognato figlio maschio, cosa che segnerà ancor più negativamente l’infanzia di Camille. La bambina non trova rifugio neanche nelle amicizie, perché la famiglia continua a spostarsi: prima a Bar-le-Duc, poi a Nogent-sur-Seine.
Proprio a Nogent-sur-Seine, mentre frequentava la scuola media, Camille scopre quella che sarebbe diventata la sua passione più grande: la scultura. Inizia infatti lavorare l’argilla, realizzando forme umane che lasciavano di stucco le sue insegnanti. Purtroppo, ancora una volta, Camille si trasferirà e la sua vita cambierà, ma a questo punto l’arte fa talmente tanto parte di lei da convincerla a non abbandonarla più, per nessuna ragione al mondo.
Il talento, il percorso artistico e la storia con Rodin
Il rapporto tra Camille e i suoi genitori cambia. Con la madre si crea una frattura irreparabile, resa sempre più grave dalla passione artistica di Camille che la donna non solo non condivide, ma si ostina a non accettare ritenendola poco signorile e osteggiandola quanto può. Il padre, invece, inizia a guardare alla figlia con occhio diverso: riconosce in effetti il talento della ragazzina e decise di rivolgersi a un vicino artista, Alfred Boucher, che non solo conferma il suo talento ma invita la famiglia Claudel a incoraggiare la figlia il più possibile.
Camille studia, impara, apprende: vorace e desiderosa di migliorare, lavora con altri scultori, tra cui Jessie Lipscomb , Emily Fawcett e Amy Singer. L’amicizia con quest’ultima sarà decisiva: il padre della Singer era proprietario di una fonderia e Camille si approccia così alla lavorazione del bronzo, che diventerà un’altra delle sue passioni, nonché cifra stilistica. Claudel lavora sempre sotto l’ala di Alfred Boucher, diventato suo mentore, ma a un certo punto quest’ultimo si trasferisce a Firenze. Prima di partire, però, Boucher chiede a un collega di prendersi cura della sua allieva: si tratta di Auguste Rodin.
Fra Rodin e Camille scoppia una passione tanto incontenibile quanto tumultuosa. Lui non voleva lasciare la compagna Rose Beuret, ma corre sempre da Camille. Ciononostante loro relazione viene vissuta alla luce del sole, tanto da preoccupare la famiglia di Camille e da rendere ancora più ostile la madre, che continua a condannare la sua primogenita per quelle che a suo parere sono scelte inutili e sconsiderate. Camille ha anche un aborto, questo è il punto di non ritorno per la relazione con Rodin.
La salute mentale, i tormenti e la morte
Tuttavia, la fine della loro relazione intima crea non pochi problemi a Camille, che per via dei tempi deve comunque dipendere dall’artista per essere tenuta in seria considerazione. Questo peggiora lo stato della sua salute mentale: Claudel è già una donna tormentata, segnata dal terribile rapporto di rifiuto con la madre e dalle altalenanti attenzioni di Rodin. Pare, così, che nel 1905 manifesta segni di paranoia e schizofrenia.
Il 10 marzo 1913, su richiesta del fratello minore Paul, Camille viene ammessa all’ospedale psichiatrico di Ville-Évrard a Neuilly-sur-Marne. In manicomio Camille continua a scolpire e i medici la trovano serena, pertanto chiedono più volte a Paul e alla madre Louise di portarla via di lì, ma i due si rifiutano. Forse il padre, l’unico con cui Camille aveva stretto una sorta di rapporto, l’avrebbe salvata. Ma lui era morto e non poteva più aiutarla.
Camille trascorrerà ben 30 anni in manicomio, nonostante lo staff medico consiglierà più volte, sia via lettera sia nell’occasione delle rare (solo 7) visite del fratello Paul, di reintegrarla nell’ambiente familiare. La madre non andrà mai a trovarla e gli amici che invece la visitavano sosterranno sempre che la scultrice non è pazza. Morirà il 19 ottobre, reclusa e sola, dopo un mese passato a soffrire per una devastante malattia terminale: nessuno della famiglia sarà presente al funerale.
Nessuno, per molto tempo, ha saputo nulla di lei: oggi la conosciamo perché un professore di Storia, studiando la storia di Paul Claudel (che divenne poeta e diplomatico) decise di indagare su di lei, ritrovando documenti, lettere e cartelle cliniche.