Antonietta Portulano e Luigi Pirandello: l’amore, le ombre e la follia

Come un dramma pirandelliano, così è la storia di Antonietta Portulano, moglie del drammaturgo e vittima dell'amore e della follia

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Le fiabe del presente e del passato sanno insegnarci davvero molto. A volte si tratta di suggestioni o di ispirazioni, altre volte di vere e proprie lezioni di vita, ma indipendentemente dal finale tutte sono destinate a lasciarci qualcosa. E quando quelle favole sono reali, perché appartengono a persone che, come noi, hanno amato, odiato, gioito o sofferto, tutto diventa un po’ più magico.

Certo, la storia che raccontiamo oggi non è stata propriamente magica, sicuramente esente dal finale al quale tutte auspichiamo. Perché quella tra Maria Antonietta Portulano e Luigi Pirandello è stata attraversata e segnata dalle ombre, le stesse che hanno portato a un tragico epilogo. Eppure, nonostante la follia che ha regnato come un ingombrante e incomodo ospite per tutta la durata della relazione, questa storia è rimasta impressa nel cuore e nella memoria di tutti noi.

Non c’è un lieto fine, non ci sono equilibrio e armonia, non c’è neanche una favola da raccontare ai bambini. Ma c’è la storia di Maria Antonietta Portulano, figlia di una società patriarcale e maschilista, promessa sposa al Premio Nobel per la scrittura. Una mamma e una moglie, ma soprattutto una schiava d’amore e di follia.

Il primo incontro

Era il 1984 quando il drammaturgo e visionario genio della letteratura convolava a nozze con la sua Antonietta. Ma a differenza delle favole d’amore alle quali siamo abituate, il loro non fu un colpo di fulmine, né un amore costruito con pazienza, premura e reciprocità. Per coronare il loro sogno d’amore non dovettero affrontare draghi e fortezze, ma semplicemente assecondare la volontà di Calogero Portulano.

Fu il padre di Maria Antonietta, infatti, a scegliere per la figlia il suo futuro marito. In accordo con Stefano Pirandello, socio in affari e padre dello scrittore, Calogero mise a punto una cospicua dote sulla ragazza: una miniera di zolfo ad Aragona, in provincia di Agrigento. L’accordo fu così stretto tra i due genitori che decisero il destino dei figli.

Un destino, questo, che in realtà Luigi Pirandello accolse con molto entusiasmo. Dopo il primo incontro con quella giovane ragazza, infatti, il drammaturgo rimase estremamente affascinato da Maria Antonietta, da quella nostalgia velata che apparteneva al suo sguardo, da quei capelli lunghi e scuri e da quella femminilità nascosta e timida. Neanche il ripensamento di Calogero rispetto a quel matrimonio organizzato servì a fermare o posticipare la data di nozze.

Se per Luigi Pirandello quei pochi e fugaci incontri prima del matrimonio erano bastati a far scattare la scintilla, per Maria Antonietta non fu lo stesso. Lui le scriveva numerose lettere chiamandola Antonietta mia. Lei si limitava a rispondere con gentilezza ed educazione, senza mai far trasparire emozioni, entusiasmo o passione. Ma come biasimarla, del resto?

Antonietta, rimasta orfana di madre e cresciuta con le suore di San Vincenzo, non sapeva ancora nulla dell’amore, né tantomeno di quell’uomo che avrebbe dovuto restare al suo fianco per tutta la vita. Ma il destino, ormai, era stato scritto da suo padre e a lei non restava che seguirlo alla lettera.

Il matrimonio e la follia

Nella chiesa della Madonna d’Itria a Girgenti, Luigi Pirandello e Maria Antonietta Portulano si scambiarono le loro promesse d’amore eterno. Se di amore vero si trattava non possiamo saperlo, quello che è certo è che comunque tra i due iniziò una relazione fatta di complicità, dolcezza e tenerezza, contro ogni aspettativa. Purtroppo però, questo docile idillio era destinato a finire.

Dopo una settimana dalle nozze i due neo sposi si trasferirono a Roma, e nonostante le difficoltà di Antonietta nell’adeguarsi alla vita di città e ai ritmi lavorativi di suo marito, tutto sembrava procedere per il meglio. I due decisero così di allargare la famiglia e dopo un anno e mezzo dal fatidico sì nacque Stefano, il loro primogenito. Nel 1897, invece, venne al mondo Rosalia Caterina, chiamata Lietta, e due anni dopo anche Fausto.

Antonietta iniziò così a dedicarsi completamente ai suoi figli mentre Luigi Pirandello cominciò la sua ascesa nella letteratura. Ma i primi segnali della fragilità di quella corda che teneva uniti Antonietta e Luigi iniziarono a palesarsi con una crisi nervosa della donna.

Se in un primo momento il benessere sembrava ritrovato, tutto si complicò quando la zolfara di Aragona, di proprietà della famiglia, si allagò, provocando un danno economico non indifferente che pesò inevitabilmente sulle casse dei coniugi Pirandello. Alla notizia Maria Antonietta ebbe un crollo, cadendo in una forte depressione.

Luigi, invece, non si perse d’animo e iniziò lavorare come insegnante privato e supplente. Ma la situazione in casa non migliorò e, anzi, il comportamento di Antonietta si fece sempre più esasperante. Iniziarono così anche le scenate di gelosia, che si trasformò presto in una vera e propria ossessione nei confronti del marito. Lei lo accusava di tradimenti e scappatelle inesistenti, e i litigi divennero all’ordine del giorno in casa Pirandello. Se in un primo momento il drammaturgo cercò  di alleggerire la tensione sorridendo della gelosia di sua moglie, nei mesi successivi la situazione precipitò.

Nonostante tutto Luigi Pirandello continuò a restare al fianco della moglie, cercando di recuperare l’armonia familiare. Ma in una lettera indirizzata all’amico Ugo Ojetti parlò per la prima volta della follia di Antonietta. “La pazzia di mia moglie sono io”, dichiara, pur decidendo di non abbandonare mai la sua consorte.

E in effetti, quel dubbio che stare al fianco di un visionario come Pirandello potesse trasformarsi in un tunnel tortuoso e insidioso per Antonietta è balenato nella testa di chiunque abbia vissuto, letto e conosciuto la loro storia, quella di un genio e di sua moglie, diventata schiava della gelosia e della follia.

“La pazzia di mia moglie sono io”

Se in un primo momento Luigi Pirandello cercò di supportare sua moglie e troncare sul nascere le continue discussioni, la situazione tra i due peggiorò inevitabilmente. Di quella tenerezza, che aveva fatto capolino nei primi mesi della relazione, non rimase neanche l’ombra. I medici che visitarono Antonietta non ebbero dubbi sulla sua pazzia e consigliarono il ricovero. Ma lo scrittore non voleva e non poteva arrivare a prendere una decisione così drastica:  Antonietta era ancora sua moglie, la madre dei suoi figli.

Tutto cambiò, però, quando una notte, svegliatosi all’improvviso, il drammaturgo trovò sua moglie in piedi, davanti al letto, con un coltello in mano. Quello fu il punto di non ritorno, Pirandello capì che doveva allontanare sua moglie da quella casa, dalla famiglia. Anche e soprattutto per preservare il benessere dei figli.

Luigi e i suoi figli Stefano e Fausto accompagnarono così Maria Antonietta in una casa di cura. Per i medici la donna era affetta da delirio paranoide. Resterà nella clinica fino al 1959, anno della sua morte, senza mai voler più rivedere il suo adorato marito. Terminava così, come un qualsiasi dramma pirandelliano, la tragica storia di una donna rimasta vittima d’amore e follia.