Nata nel 1854 a Moskaja, da un’agiata famiglia di mercanti ebrei, Anna Kuliscioff non era la classica figlia di alto borgo, il contrario. Anna fu una ribella, una voce fuori dal coro, senza paura né peli sulla lingua. Fin da bambina si distinse per l’astuzia e la grande capacità di argomentare. Una donna ambiziosa, fiera e pronta a difendere le proprie posizioni. Una rivoluzionaria, fu tra i fondatori e principali esponenti del Partito Socialista Italiano, nonché una giornalista femminista impegnata socialmente.
Gli studi, gli arresti e Andrea Costa
Nel 1871 si trasferì a Zurigo per intraprendere gli studi di filosofia, poiché in Russia alle donne era proibito l’accesso all’università. Ma presto si trovò a strappare il libretto universitario e a tornare in patria: le donne studiose furono cacciate dall’Ateneo. In Russia cercò di dedicarsi alla politica attiva, ma fu costretta a ripararsi in Svizzera, per sfuggire all’arresto. Qui, conobbe Andrea Costa, con il quale si trasferì a Parigi per collaborare all’Internazionale di Kropotkin. Nel ‘78 però venne arrestata ed espulsa dalla Francia. Dalle idee anarchiche, Costa si avvicinò al socialismo proprio grazie ad Anna. Per i due furono anni di arresti, lotte e tumulti. La sfiducia, i dissapori e la lontananza forzata, ruppero il fragile equilibrio del loro amore, dal quale nacque una figlia, Andreina.
La vita di Anna Kuliscioff
Non una donna che si lascia sopraffare dalla fine di un amore. In Svizzera la Kuliscioff si dedicò allo studio della medicina. In Italia si specializzò in ginecologia. Armata di tenacia e spirito guerrigliero, si trasferì a Milano, iniziò la sua attività medica, recandosi tra l’altro anche nei quartieri più poveri della città. Dai milanesi venne chiamata la “dottora dei poveri”. Anna non si tirò mai indietro, la sua vita era volta ad aiutare e migliorare quella di chi aveva meno privilegi, una vera femminista, non da salotto, ma da piazza e proteste.
Proprio a Milano entrò in contatto con le principali esponenti del femminismo milanese, Anna Maria Mozzoni, Paolina Schiff e Norma Casati, che nel 1882 avevano formato la Lega per gli interessi femminili. Con il suo carattere temerario e guerrigliero, Anna Kuliscioff era al suo posto tra le femministe dell’epoca. In molti rimasero stupiti dalla sua esposizione: “Il Monopolio dell’uomo”. Un intervento forte, simbolo della sua brillantezza e acume, che scavò tra i ritardi, le motivazioni sociali, i pregiudizi culturali, le abitudini di secolare sopraffazione. Creò un nuovo modo di parlare di maschilismo.
La collaborazione con Filippo Turati
Nel 1885, nacque un forte sodalizio con Filippo Turati, durato quarant’anni. Un grande amore e un’intesa umana e intellettuale. Ovviamente, Anna non rinunciò mai dall’indipendenza di pensiero e alla necessità di vegliare e affermare la propria individualità, non era fatta per essere domata o per abbassare il capo. Insieme, divennero l’immagine del socialismo, il luogo-simbolo di quegli anni fu proprio il loro appartamento a Milano il cui salotto venne adibito a redazione di Critica sociale.
Convinta di poter raggiungere l’approvazione del suffragio universale, per Anna la legge del 1912 fu un’amara sconfitta. Niente poteva però abbatterla e allontanare questa rivoluzionaria delle proprie battagli. Così fondò la rivista La Difesa delle Lavoratrici. Nel 1914, dopo lo scoppio della guerra, le divergenze politiche con la redazione portarono Anna Kuliscioff a ritirarsi dall’iniziativa editoriale, sulla quale, però, continuerà sempre a pesare l’eminenza del suo giudizio. Anna Kuliscioff era ormai un’autorità.
Con l’avvento del fascismo, la rivista non ebbe vita facile. Chiuse nel 1925, anno della morte di Anna Kuliscioff. Forse non solo una accidentale coincidenza. Proprio mentre il periodo più buio della nostra storia si avvicinava con tutte le sue ombre, Anna Kuliscioff si spegneva nel suo appartamento milanese. La sua luce illuminò per decenni le battaglie delle donne e dell’eguaglianza, è grazie a lei che esiste il femminismo moderno.