Margherita Sarfatti, la regina dell’arte che ha vissuto all’ombra del fascismo per amore

Comunemente ricordata come l'amante di Mussolini, Margherita Sarfatti non è stata solo la compagna del duce, anche se nella sua ombra ha vissuto fino alla fine

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Sabina Petrazzuolo

Lifestyle editor e storyteller

Scrittrice e storyteller. Scovo emozioni e le trasformo in storie. Lifestyle blogger e autrice di 365 giorni, tutti i giorni, per essere felice

Ci sono donne che hanno lasciato il segno, pur camminando sempre nella penombra lasciata dagli uomini a ogni passo compiuto. Così ha fatto anche Margherita Sarfatti.

Conosciuta per essere stata la compagna di Benito Mussolini, in realtà Margherita è stata molto altro. La prima donna in Europa a occuparsi di critica d’arte, per esempio. A lei va il merito di aver creato e pianificato una politica culturale nei confronti di un Paese che l’ha poi rinnegata. Una storia la sua, degna di essere raccontata, per tutta quella passione che ha segnato una vicenda umana non priva di contrasti e vicissitudini, prima fra tutte, quella storia d’amore travolgente, appassionata e criticata avuta proprio con il duce, con Mussolini.

L’amante ebrea di Mussolini

Margherita era una donna ricca ed elegante, dotata di una grande intelligenza e competenza, ma ricordata da tutti, ieri come oggi, come l’amante ebrea di Mussolini. Nonostante le sue origini, infatti, negli anni ’10 la donna inizia questa relazione, contribuendo alla definizione delle politiche fasciste fino a quando, con la svolta delle leggi razziali, andò via dall’Italia.

Una contraddizione che si ripercuote, inevitabilmente, anche nel suo ruolo nella società: combatte contro la discriminazione sessista scrivendo e finanziando periodici femminili, ma non rinuncia al lusso e ai privilegi della casta, complice quell’amore inspiegabile nei confronti dell’uomo guida, come lei stessa definiva il suo amante.

Sposati entrambi, Mussolini e Margherita si conoscono a Milano condividendo le posizioni socialiste dalle quali poi si allontanano. Morto il marito nel 1924, il ruolo di Margherita accanto al Duce è più saldo che mai, nonostante gli alti e i bassi che caratterizzano la relazione.

Benito mio, mio adorato. È la mattina del 1 gennaio 1923. Voglio scrivere questa data per la prima volta in un foglio diretto a te, come una consacrazione e una dedicatoria. Benito mio adorato. Sono, sarò, sempre, per sempre tutta, di più tua. Tua.

Innamorata di quell’uomo e del suo carisma, Margherita partecipa attivamente alla fondazione del fascismo, oltre a sostenere economicamente e moralmente la propaganda. La Sarfatti, infatti, è autrice di Dux, la biografia mussoliniana con cui “il capo” viene presentato ai governi stranieri.

Descrive il suo uomo come vitale e spregiudicato, aggressivo e folle, l’incarnazione dello spirito italico. Il libro di Margherita, negli Usa è un successo.

Sono orgogliosa di te, questo; ma per quello che sei, non per quello che appari. Sono orgogliosa di te sino al fanatismo e sino alla pazzia, ma per il tuo valore intrinseco, non per il feticismo che di te ha la folla.

La crisi e l’addio

Ma il rapporto con il suo amante entra in piena crisi, soprattutto a causa del clima antisemita che Mussolini accoglie, passando da un’iniziale tolleranza allo sposalizio col modello nazista. Così Margherita gli dice addio, per salvare la sua vita e quella dei suoi figli nati dal precedente matrimonio.

Ritornerà in Italia solo alla fine della Seconda Guerra Mondiale per trascorrere gli ultimi anni della sua vita lontana dalle luci della ribalta a Cavallasca, vicino al lago di Como. Per essere ricordata “solo” come l’amante di Mussolini.

Non siamo illogiche, al contrario siamo molto più logiche degli uomini. Andiamo dritte all’obiettivo, guidate dall’istinto che ci indica la strada più breve e sicura anche se non è la principale