Patate e solanina, attenzione alla sostanza tossica

Le patate sono uno degli alimenti più apprezzati dai popoli di tutto il mondo, contengono però delle sostanze che possono rivelarsi tossiche, le solanine

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Matteo Migliaccio

Farmacista, nutrizionista e Personal Trainer

Laureato in Farmacia e in Scienze della Nutrizione Umana, attualmente svolge la libera professione di nutrizionista, con l’obiettivo di migliorare lo stato di salute delle persone attraverso una corretta alimentazione e uno stile di vita attivo.

La famiglia botanica delle solanaceae annovera moltissime piante di grande importanza per l’essere umano ed il suo sostentamento, infatti tra le piante che fanno parte di questa famiglia troviamo le patate, le melanzane, i pomodori, i peperoni e le diverse varietà di peperoncini, ortaggi che ricoprono ruoli di primaria importanza nelle cucine di tutto il mondo.

Tra queste piante quella che ha svolto un ruolo fondamentale per l’umanità è sicuramente la patata, che con la sua polpa carnosa, la sua buccia sottile e la sua versatilità ha costituito una fonte di energia importante, ed a buon mercato, per tutte le popolazioni del mondo per molti secoli.

La patata 

La patata, Solanum tuberosum, appartiene alla famiglia delle Solanaceae. E’ uno dei vegetali più diffusi ed importanti al mondo, su di essa si è basata l’alimentazione delle fasce più povere della popolazione per molti secoli ed ancora oggi è largamente consumata ed amata da moltissimi popoli.

Originaria del Sud America si è presto diffusa in tutti i continenti anche se in molti paesi è stata utilizzata poco agli inizi, e spesso solamente come pianta ornamentale, in quanto si pensava che il suo consumo potesse causare patologie quali la lebbra, il gonfiore addominale, le flatulenze e si riteneva anche che avesse proprietà afrodisiache andando ad aumentare la libido in seguito il suo consumo.

I valori nutrizionali

Dal punto di vista nutrizionale la patata presenta poche kilocalorie per 100g, infatti avremo questa composizione:

Energia 72 kcal / 303 kJ
Acqua 80 g
Carboidrati 16 g
Zuccheri solubili 1 g
Proteine 2 g
Lipidi 0,1 g
Vitamina C 16 mg

Quello che deve subito saltare all’occhio è il contenuto abbastanza basso di kilocalorie, infatti abbiamo solo di 72 kcal per 100g di prodotto, quindi siamo di fronte sicuramente ad un alimento ipocalorico, con un elevato contenuto di acqua, poiché l’80% del suo peso è costituito da questo liquido.

I carboidrati sono sicuramente il macronutriente più abbondante in questo alimento, ma sono principalmente costituiti da zuccheri complessi ossia amidi che hanno un più lento assorbimento e possono essere abbondantemente consumati nella nostra dieta, ed anzi dovrebbero costituirne la base, mentre di zuccheri semplici che invece sarebbero da limitare ne ritroviamo solo 1g ogni 100g.

Le proteine al contrario sono sicuramente basse solo 2g ogni 100g di alimento, però il loro profilo amminoacidico è di tutto rispetto infatti sono proteine ad elevato valore biologico che contengono elevati livelli di amminoacidi essenziali che il nostro organismo non è in grado di produrre da sé e per questo motivo devono essere assunti con la dieta.

Il quantitativo di lipidi invece è pressoché inesistente parliamo di 0,1g ogni 100g di prodotto, questo contribuisce a rendere la patata un alimento estremamente povero in calorie.

Un altro dato interessante è il contenuto di vitamina C presente nella patata, questo tubero possiede livelli di vitamina C pari a 16 mg per 100 g, quindi mediamente elevati rispetto alla maggior parte degli ortaggi. Infatti dobbiamo considerare che di questo alimento ne mangiamo facilmente quantità che superano i 500g in un singolo pasto e per questo l’assunzione complessiva di vitamina C derivante dalla patata potrebbe rivelarsi abbastanza elevata.

Essendo però la vitamina C termolabile e fotosensibile in seguito alla conservazione ed alla cottura il suo quantitativo decresce fino anche a dimezzarsi, ma nonostante questo la patata resta un alimento valido per soddisfare almeno in parte il fabbisogno giornaliero di vitamina C che si aggira intorno ai 75 mg/die nell’adulto.

Un altro dato importante da considerare è che rispetto alla gran parte degli alimenti di origine vegetale, la patata è edibile al 100%, ossia presenta poco o nessuno scarto, infatti se non troppo invecchiata, opportunamente conservata e lavata si potrebbe consumare con tutta la buccia in totale sicurezza.

La conservazione

La conservazione delle patate, rispetto a quella di altri ortaggi, deve seguire delle regole particolari e più stringenti.

Le patate sono ortaggi che presentano un basso livello di respirazione e quindi possono anche essere conservate per mesi senza subire significative modifiche strutturali ed organolettiche, ma vanno rigorosamente conservate in un luogo buio, asciutto, poco ventilato ed a temperatura ambiente.

La mancata ottemperanza a tali norme di conservazione porterebbe le patate ad assumere il tipico colore verde che si manifesta in seguito all’aumentata produzione di clorofilla da parte del tubero, inoltre potrebbe andare a sviluppare diversi germogli sulla sua superficie ed al suo interno potrebbero aumentare i livelli di alcuni alcaloidi tossici conosciuti con il nome di solanine.

Le solanine

Le solanine sono una famiglia di alcaloidi tossici prodotti da alcune piante della famiglia delle solanacee.

Nella patata possiamo ritrovare principalmente due molecole distinte a cui ci si riferisce quando si parla di solanine, l’α-Solanina e l’α-Caconina.

Questi alcaloidi tossici sono presenti in ogni parte della pianta, dalle foglie alle radici ma maggiormente nei germogli che si sviluppano sul tubero, vengono prodotti per difendere la pianta dall’attacco di funghi, insetti e piccoli animali.

Gli alcaloidi vengono maggiormente sintetizzati dalla pianta in seguito ad un’offesa meccanica, od anche in seguito all’invecchiamento della stessa, anche l’esposizione del tubero alla luce artificiale o naturale porta ad un incremento della sintesi di queste molecole, le patate che diventano verdi in seguito all’esposizione solare non solo presentano una maggiore concentrazione di clorofilla, innocua, ma anche di solanine e pertanto sono poco sicure per il consumo umano.

Nelle patate questi alcaloidi sono maggiormente presenti nella buccia e nella porzione immediatamente sottostante ad essa, per questo motivo è abbastanza diffusa l’abitudine di pelare le patate prima di cucinarle.

La cottura però non degrada le solanine perché queste vengono degradate a temperature vicine ai 260° per questo nessun metodo di cottura riesce a degradarle in maniera efficace e massiva, infatti nemmeno la frittura che è il metodo di cottura a più alta temperature riesce in questo intento, in quanto arriva solamente a 170-190°.

Questi alcaloidi si rivelano tossici anche per l’essere umano ed infatti l’OMS stabilisce che si possono immettere in commercio patate che presentano una concentrazione di solanine non superiore ai 200 mg per ogni chilogrammo di patata cruda, mentre per i paesi nordici, che basano ancora di più la loro alimentazione sul consumo di questo prezioso tubero, il limite massimo scende a 100 mg ogni chilogrammo di prodotto.

Proprietà

Pur essendo così tossiche per gli esseri umani, nelle giuste dosi, questi alcaloidi presentano delle caratteristiche interessanti ed utili ai fini medici, infatti ad oggi vengono utilizzati insieme ad altre molecole e farmaci per il trattamento delle bronchiti, dell’epilessia e dell’asma, in quanto presentano proprietà sedative, anticonvulsivanti ed anticolinergiche quindi possono essere usate per sedare la tosse ed altre manifestazioni tipiche delle patologie respiratorie ed anche le convulsioni tipiche delle epilessie.

Tossicità

Negli anni molti studi sono stati condotti in tutto il mondo per andare a ricercare correlazioni tra il consumo di patate e lo sviluppo di determinate patologie.

In uno studio epidemiologico è stata trovata una correlazione tra l’assunzione di patate contenenti alti livelli di solanina e l’insorgenza della spina bifida nei neonati, però altri studi non hanno trovato la stessa correlazione.

Alcuni studi hanno invece indagato la relazione tra il rischio di sviluppare il cancro ed il consumo di patate, ma i risultati sono stati inconcludenti ossia non hanno portato ad una correlazione significativa.

Altri studi hanno indagato più nello specifico l’aumento del rischio di sviluppare tumori gastrointestinali, come dell’esofago, del colon, dello stomaco e del retto ed è risultato che un alto consumo di patate ha portato in alcuni casi un valore protettivo, mentre in altri è stato identificato un aumento del rischio.

Tutti queste ricerche hanno determinato dei risultati incerti non solo per via della difficoltà di determinare con degli studi epidemiologici una correlazione diretta, ma anche perché è abbastanza difficile indagare in maniera così chiara ed univoca una relazione certa tra l’ingestione di un alimento e l’aumento del rischio di sviluppare una data malattia nel corso degli anni.

Ci possono essere infatti fattori estranei all’ingestione dell’alimento che possono più o meno concorrere nello sviluppo della malattia, oppure possono svolgere un fattore protettivo nei confronti della stessa, alcune ricerche possono indagare una popolazione più ampia o meno ampia, per questo motivo spesso molti studi che indagano le stesse relazioni giungono a dati discordanti.

L’unica soluzione a questo problema è quella di computare tutti i dati ottenuti da queste ricerche con metodi statistici per ottenere un risultato complessivo degli stessi che sostenga o rigetti la tesi, oppure continuare ad approfondire l’argomento valutandolo con nuovi studi.

Avvelenamento da solanine

L’essere umano si espone al rischio di contrarre una intossicazione da solanine esclusivamente consumando cibi che ne contengono grandi quantità, in particolar modo il cibo maggiormente responsabile di questi eventi è la patata.

E’ stato infatti stimato che in base al loro consumo annuale, negli USA si assumono 12,5 mg al giorno per persona di solanina.

Importante è sottolineare che l’idoneo stoccaggio del prodotto è fondamentale per salvaguardarne la sua salubrità e la sua sicurezza, infatti lunghi periodi di tempo possono comportare un incremento importante della concentrazione degli alcaloidi e quindi favorire la tossicità dell’alimento.

Dal 30 all’ 80% della concentrazione di solanine di un patata si trova però negli strati più esterni del tubero, per questo l’atto di pelare la patata ne ridurrebbe la presenza e di conseguenza l’intake, anche se alcuni studi hanno evidenziato che non sempre questa si rivela essere un’indicazione valida.

L’avvelenamento da solanine si presenta in seguito all’ingestione di patate contenenti alti livelli di questi alcaloidi, infatti saranno tossiche le patate che ne presentano almeno 2 mg/g, i sintomi si manifestano nell’arco di 8-12 ore e comprenderanno diversi disturbi.

  • Diarrea
  • Nausea
  • Vomito
  • Crampi e dolore addominale
  • Mal di testa
  • Vertigini
  • Problemi neurologici
  • Danni emolitici ed emorragie

L’assunzione di 3-6 mg/Kg di peso di solanine risulta essere fatale per l’essere umano.

Fonti bibliografiche

  • Dario Bressanini – La scienza delle verdure – VII Ed. Gribaudo,2022 – p.251