Chirurgia estetica, perché si può rischiare di morire. La denuncia di Paolo Santanchè

Paolo Santanchè, uno dei più importanti chirurghi plastici estetici, ci spiega perché la vita e la salute delle/dei pazienti che si sottopongono alla chirurgia estetica non sono ancora tutelati dalla legge e cosa occorre fare

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Laura Sandroni

Beauty Editor

Dopo una laurea in Scienze Turistiche, diventa redattrice e Seo Editor specializzandosi sulle tematiche di bellezza, benessere e cura di sé, il tutto in chiave femminile.

Quando si parla di chirurgia estetica ci si ritrova davanti a tutta una serie di informazioni che dicono tutto e il contrario di tutto. Un bombardamento di notizie che spesso riporta informazioni imprecise se addirittura totalmente non errate. Ma che vengono spacciate per vere traendo in inganno coloro che, sulla fiducia, ne prendono il contenuto come vero.

Notizie che spesso portano ad affidarsi a mani sbagliate e conseguenze disastrose, soprattutto se ci si affida a medici non specializzati, e che senza scrupoli operano in condizioni non adeguate, mettendo a rischio la salute e la vita del paziente. Trattamenti di chirurgia estetica come la liposuzione e gli impianti di protesi al seno, per esempio, sono operazioni chirurgiche importanti che non possono essere affrontate senza la presenza di un’anestesista o nelle semplici stanze di uno studio medico sprovviste dei necessari requisiti di sterilità. MA come fare per non imbattersi in questo genere di problemi? Informandosi e cercando di capire esattamente cosa si sta facendo e come approcciarsi alla chirurgia estetica.

Chirurgia estetica: l'intervista al dott. Paolo Santanchè
Fonte: iStock
Chirurgia estetica: l’intervista al dott. Paolo Santanchè

Chirurgia estetica, l’intervista al dottor Paolo Santanchè

E in questo ci può aiutare il dottor Paolo Santanchè, uno dei più importanti chirurghi plastici estetici italiani di fama internazionale, il quale denuncia la totale mancanza di leggi nazionali in Italia per quanto riguarda le strutture private destinate alla chirurgia estetica (esistono solo leggi regionali e poche regioni hanno leggi adeguate). Ecco le nostre domande e che cosa ci ha detto.

Può spiegarci qual è la situazione attuale?

Innanzitutto, quando si parla di chirurgia estetica, bisogna fare una distinzione. Esistono le case di cura, che sono attrezzate per qualunque intervento chirurgico, con sale operatorie a norma e anche per lunghi ricoveri,  le day surgery, dotate di sale operatorie a norma uguali a quelle delle case di cura, ma adatte a ricoveri di massimo 24 ore e gli ambulatori chirurgici, che hanno dotazioni mediche minime in cui possono essere fatti solo piccoli interventi con anestesie locali. Questi spazi, infatti, non hanno impianti, dotazioni e filtraggio dell’aria che garantiscono la sicurezza e la sterilità necessaria quando si affrontano operazioni importanti. Inoltre sono privi di impianti di ossigeno o di strumenti per la rianimazione. Il problema in questi casi, è che spesso la legge, per esempio in Lombardia, non definisce i tipi di operazioni che si possono fare in queste strutture, ma solo il tipo di anestesia che si può effettuare. Dunque, la sicurezza del paziente è affidata esclusivamente al buon senso del chirurgo, ma è una garanzia insufficiente, anche perché purtroppo non tutti i medici sono scrupolosi.  Può capitare, infatti, che nello stesso ambiente in cui poco prima è stato medicato un paziente vestito e che indossa le scarpe, vengano eseguite operazioni importanti come liposuzione o mastoplastica additiva, senza la minima attenzione alla sterilità del locale e alla sicurezza del paziente, che può incorrere in gravi infezioni, a volte anche fatali.

Quali sono le conseguenze della mancanza di una regolamentazione?

Può capitare che, per risparmiare, il chirurgo dell’ambulatorio, laddove sarebbe necessaria un’anestesia totale o una sedazione profonda con la presenza dell’anestesista (e che non può essere praticata in un ambulatorio chirurgico), utilizzi farmaci anestetici locali in dosaggi elevatissimi con possibili gravi rischi per il paziente, perché potrebbero portarlo all’arresto cardiaco e alla morte. Come del resto è già accaduto in alcuni casi. Altre volte invece vengono trafugati farmaci di uso esclusivo ospedalieri e l’anestesista fa sedazioni profonde che potrebbero essere eseguite solo in day surgery o in casa di cura, perché gli ambulatori non sono adeguati a ospitare tali interventi.

Ma non sol. I problemi, infatti, non sono finiti qui. Purtroppo molti medici nel settore della chirurgia estetica si spacciano per specialisti o per esperti, esibendo master che però non garantiscono alcuna preparazione reale.

Dunque come si possono tutelare i/le pazienti?

Chiunque voglia sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica deve innanzitutto consultare il sito della Sicpre (Società italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica) o dell’AICPE (associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica) prima di affidarsi a un medico qualsiasi che magari millanta titoloni che però non hanno alcun valore.

I titoli validi possono essere verificati sul sito fnomceo.it anagrafica.

Il vuoto normativo attuale, infatti, è molto grave perché non tutte le persone sono in grado di tutelarsi da sole, per questo occorre una legge che possa proteggerle. Questa mancanza è ancora più grave nell’ambito della chirurgia estetica dove i costi di solito sono a carico dei pazienti. Così, spesso allettati dalla possibilità di risparmiare, i più ingenui finiscono nelle mani di medici poco scrupolosi che come dicevo eseguono operazioni delicate in ambulatori chirurgici con tutti i rischi del caso.
Con una legge del 2012 è stato istituito il registro nazionale e regionale delle protesi che però resta quasi del tutto disatteso e sconosciuto ai più. La tracciabilità delle protesi è possibile solo attraverso la conservazione dei tagliandi identificativi nella cartella clinica, peccato che negli ambulatori chirurgici non esistano cartelle cliniche o registri operatori. A quel punto non c’è più alcuna traccia di ciò che è stato inserito nel corpo del paziente.
Ad aggravare la situazione è l’ignoranza diffusa che gira intorno alla chirurgia estetica, i cui interventi vengono sottovalutati ed etichettati da certi media come “operazioni da pausa pranzo”, mentre invece sono delle operazioni e interventi chirurgici a tutti gli effetti. Dunque bisogna diffidare di sconti facili e prezzi low cost, perché quello che non paghi non compri. E in questo caso potrebbe essere l’anestesista non presente in struttura e che, se fosse necessario, potrebbe salvarti la vita. Per questo lo Stato dovrebbe definire delle leggi nazionali che tutelino la sicurezza dei pazienti.

Tra l’altro affidarsi a chirurghi non specializzati, magari perché meno cari, comporta più rischi e risultati pessimi?

Ovviamente, il professionista competente deve essere un tecnico preciso e al contempo avere un elevato gusto estetico. Il vero professionista di chirurgia estetica sa come ottenere l’effetto desiderato, proponendo al paziente un percorso personalizzato, perché la medesima operazione ha conseguenze diverse su soggetti differenti.

Lo vediamo anche in molte vip che dopo i ritocchini sono irriconoscibili. Altre però anche a 60 anni sembrano delle 20enni, eppure negano di aver fatto interventi. Che ne pensa?

Mentono. Sharon Stone ne è un esempio. Sicuramente avrà fatto due o tre lifting. È impossibile non invecchiare senza far nulla. L’importante è intervenire nel modo giusto e all’età giusta. Non bisogna aspettare d’invecchiare per poi ringiovanire. La questione è che nella chirurgia estetica si notano solo gli errori, non gli interventi riusciti bene.

Paolo Santanchè
Il dottor Paolo Santanchè