C’è una luce nuova che attraversa l’universo artistico di Rosalía, e non è una luce qualunque. È quella di Lux, il suo attesissimo nuovo album, un progetto che segna una svolta concettuale e spirituale nella carriera dell’artista catalana. A introdurlo è Berghain, il primo singolo già destinato a lasciare un segno profondo, un viaggio orchestrale tra potenza e vulnerabilità, tra misticismo e sensualità, tra sacro e profano.
In Berghain Rosalía si conferma ancora una volta un fenomeno culturale capace di unire linguaggi, suoni e visioni. Il brano prende il nome dal celebre club berlinese, simbolo di libertà estrema e sperimentazione, ma lo trasforma in un luogo simbolico, quasi metafisico: una cattedrale elettronica in cui convivono l’ombra e la luce. La voce di Rosalía si innalza come un canto liturgico sopra un tappeto di archi e cori solenni, mentre l’orchestra — la London Symphony Orchestra diretta da Daníel Bjarnason — amplifica ogni vibrazione fino a renderla esperienza sensoriale.
Rosalía torna con “Berghain”: teatrale e spirituale
Dopo il successo di Motomami (2022), che aveva scardinato ogni etichetta di genere, Lux rappresenta un nuovo capitolo. Qui la dimensione elettronica lascia spazio a un approccio più sinfonico e cinematografico, in cui l’artista dialoga con l’universo classico senza rinunciare al suo magnetismo pop. Berghain è la dimostrazione perfetta di questa evoluzione: una composizione monumentale che intreccia tedesco, spagnolo e inglese, costruendo un ponte tra culture e identità.
L’apertura del brano è maestosa: un coro che intona versi in tedesco — “Seine Angst ist meine Angst, Seine Wut ist meine Wut, Seine Liebe ist meine Liebe, Sein Blut ist mein Blut” — che tradotti significano “La sua paura è la mia paura, la sua rabbia è la mia rabbia, il suo amore è il mio amore, il suo sangue è il mio sangue”.

È un inno all’empatia radicale, alla fusione dei confini emotivi, ma anche una dichiarazione di appartenenza a una femminilità collettiva e viscerale. Poi entra la voce di Rosalía, limpida e dolce come zucchero, ma tagliente come una lama. “Sé muy bien lo que soy”, canta, “dulzura para tu café, soy solo un terrón de azúcar, sé que el calor me derrite, sé cómo desaparecer”. È un autoritratto poetico e disarmante: una donna consapevole della propria fragilità e del proprio potere.
Nel secondo atto del brano arrivano due ospiti straordinari: Björk, che aveva già collaborato con Rosalía nel 2023 per il singolo benefico Oral, e Yves Tumor, figura di culto della musica sperimentale contemporanea. La voce eterea di Björk si fonde con quella di Rosalía in un crescendo quasi sacro: “The only way to save us is through divine intervention”. Poi Yves Tumor chiude la traccia con un finale crudo e magnetico, ripetendo “I’ll f**k you till you love me”, frase provocatoria che contrasta con l’austerità del contesto orchestrale e chiude il brano su una tensione ambigua, sospesa tra desiderio e redenzione.

L’universo visivo di “Lux”: tra sacro e sensualità
Ma Berghain non è solo musica: è visione. Rosalía accompagna il singolo con un videoclip dal linguaggio cinematografico e surreale, in cui un’intera orchestra la segue nei gesti quotidiani — al bar, dal medico, per strada — fino a trasformare la normalità in liturgia. È un cortocircuito tra la vita reale e l’immaginario divino, dove la routine si carica di un’aura mistica.
Nelle immagini promozionali e nella copertina di Lux, Rosalía appare come una figura ieratica, quasi una santa contemporanea. Avvolta in un abito color avorio dalle linee scultoree, disegnato da Casey Cadwallader per Mugler, con un copricapo bianco che richiama il velo delle suore, incarna un nuovo paradigma di femminilità: puro e carnale, dolce e inaccessibile allo stesso tempo. Il viso inclinato, le labbra dorate e lo sguardo chiuso suggeriscono abbandono e potenza, come se la sua arte fosse una preghiera che attraversa il corpo.