Non ha mai avuto figli, ma Monica Vitti è stata una zia amatissima. Una presenza affettuosa, tenera, complice. A raccontarla oggi sono i nipoti Giorgio e Patrizia Ceciarelli, figli del fratello a lei più caro, che hanno condiviso con lei domeniche in famiglia, giochi improvvisati e piccoli riti di vita quotidiana.
A distanza di anni dalla sua scomparsa, il loro racconto svela il volto più privato dell’attrice: la donna dietro l’icona, la “zia Ninni” che recitava copioni in salotto e che amava i suoi cari con discrezione, dolcezza e una risata che non si dimentica.
Monica Vitti, chi sono i suoi nipoti
Per Patrizia, Monica Vitti era semplicemente “zia Ninni”. Una donna di casa, affettuosa, con una risata inconfondibile e la voglia di far giocare i suoi nipoti recitando scene di film sotto le coperte. “La domenica stavamo sempre a pranzo insieme”, racconta, “veniva a casa di nostro padre Giorgio, che era l’amore della sua vita”. Da piccola, Patrizia voleva fare l’attrice proprio come lei: “Sono andata sui set di tantissimi suoi film. Mi ricordo L’anatra all’arancia con Ugo Tognazzi, c’era un clima divertente, spensierato”.
Una delle immagini più vivide per lei è quella di Monica truccata, con quel suo profumo delicato e pudico, quasi antico. “Quando chiudo gli occhi – confessa – ho ancora il suo profumo nel naso. Era cipria, ma era anche il profumo della nonna”. E proprio in quell’atmosfera sospesa, fatta di scene teatrali improvvisate tra le mura di casa e dormite nella camera di zia, si respira tutto l’amore non urlato ma vissuto con dolcezza.
Giorgio: “Senza mio padre, non avrebbe fatto l’attrice”
Giorgio, fratello di Patrizia, vive da anni negli Stati Uniti, dove ha aperto una serie di ristoranti nel New Jersey. Ma appena rientrava in Italia, la prima tappa era sempre da zia Monica. “Non potevo toccare il suolo italiano senza andare a salutarla”, dice oggi. Il legame con suo padre Giorgio – fratello minore dell’attrice – era speciale, quasi simbiotico. “Diceva sempre: se non fosse stato per Giorgio, non avrei mai fatto l’attrice”.
Durante i bombardamenti a Roma, la famiglia Vitti si era rifugiata in Sicilia. Ed è lì che, tra una cantina e un rifugio, Monica e suo fratello mettevano in scena piccoli spettacoli per far sorridere gli altri bambini. “Era un modo per sconfiggere la paura. Mio padre faceva la fila per il pane e poi aiutava la zia: una volta le fece scavalcare la finestra per accompagnarla di nascosto a teatro”.
Un’alleanza fraterna che, secondo Giorgio e Patrizia, ha segnato tutta la vita della loro zia, anche nel modo in cui affrontava il lavoro. Una disciplina ferrea, unita a una dolcezza che non abbandonava mai, nemmeno nei momenti più bui della malattia.
L’opposizione del padre e la scelta del silenzio finale
La carriera di Monica Vitti, all’inizio, non era stata vista di buon occhio dal padre Angelo. Era il tempo dei pudori e delle convenzioni, e l’idea di una figlia attrice faceva storcere il naso. Giorgio ricorda bene quegli anni: “Quando uscivano i nuovi film di zia, il nonno aspettava fuori dal cinema. Non veniva mai. Era un uomo del suo tempo, riservato. Ma poi, in fondo, era orgogliosissimo”.
E anche se non lo diceva, a Roma lo chiamavano tutti “il papà di Monica Vitti”. La mamma, invece, la accompagnava fiera e in silenzio nelle sale, portando con sé i nipoti. “Entravamo al cinema Adriano quasi di nascosto, mentre il nonno girava in macchina”.
Monica non si è mai sposata con Antonioni – un amore che fece scandalo all’epoca – ma con Roberto Russo visse quasi cinquant’anni, fino alla fine. Negli ultimi vent’anni della sua vita, segnati da una malattia degenerativa, si era chiusa nel silenzio, scegliendo di sparire per lasciare al pubblico l’immagine luminosa che di lei aveva amato. “Voleva che la ricordassero com’era”, spiegano i nipoti. “Una donna forte, bellissima, fiera. Non si era arresa, aveva solo scelto di restare privata”.
Il gioco con Michelangelo, gli spiccioli per il gelato
C’era un altro uomo che ha lasciato un segno nella vita dei nipoti: Michelangelo Antonioni. “Abitava al piano di sopra”, racconta Patrizia. “Quando arrivavo a casa di zia correvo da lui. Mi faceva sedere sulle gambe, mi dava 100 lire per il gelato. Per me era come uno zio”.
E anche Giorgio, da adulto, lo considerava parte della famiglia. “Lo vedevamo come uno di noi, nonostante la sua fama”. È in questi piccoli aneddoti che si riscopre il volto intimo e giocoso di Monica Vitti, ben lontano dal mito inarrivabile del cinema italiano.
Un dettaglio che dice tutto? Da piccola, la chiamavano “Sette sottane”, perché la nonna la copriva con mille strati di lana per non farle prendere freddo. Un’immagine tenera, quasi comica, che restituisce l’infanzia timida e protetta di una donna che, con la voce roca e la presenza scenica, ha conquistato tutto e tutti.