Felicissima sera di Pio e Amedeo è stato un incredibile successo (in parte) annunciato. E la scena finale, con tutti i lavoratori dello spettacolo, dai ballerini, ai tecnici, dai costumisti ai cameraman, sul palco, a ricevere l’applauso del pubblico e l’abbraccio degli stessi Pio e Amedeo, è stata forse la cosa più bella, emozionante e riuscita. Di sicuro, quella che ha messo d’accordo tutti. Un po’ meno il monologo sulla necessità di sdoganare il politically correct, che ha messo il bavaglio a qualunque parola, ritenuta ormai offensiva. “Non è la parola che conta, ma l’intenzione con la quale si usa” ha ribadito il duo. Suggerendo a chi subisce insulti di “ridere in faccia” a chi le usa con l’intento di offendere.
Ma all’indomani della puntata si sono levate non poche voci contrarie alle loro considerazioni. Soprattutto da parte di chi ha vissuto sulla propria pelle discriminazioni e offese (come Vladimir Luxuria) o ci ha messo tanto tempo per trovare le parole giuste per rispondere. Come Michele Bravi, che dal palco del Concertone del primo maggio ha espresso il proprio pensiero sul valore e importanza della parola, replicando, seppur indirettamente a Pio e Amedeo:
In questi giorni si è parlato tantissimo dell’uso delle parole. Qualcuno ha detto che l’intenzione è molto più importante delle parole che si usano. Io una cosa da autore la voglio dire: uso le parole per raccontare la visione creativa del mondo. E per me le parole sono importanti tanto, quanto le intenzioni. Le parole scrivono la storia, le parole anche quelle più leggere possono avere un peso da sostenere enorme. Io ci ho messo tanti anni a trovare le parole giuste per raccontare il mio amore per un ragazzo. Per questo dico grazie tutti voi che avete ancora voglia di ascoltare le parole degli artisti e di dare il giusto peso alle parole…