Pio e Amedeo, perché lo sketch sul politicamente corretto non ci è piaciuto

Il monologo di Pio e Amedeo sul politicamente corretto ha fatto storcere il naso a molti, anche a noi

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Redazione

DiLei è il magazine femminile di Italiaonline lanciato a febbraio 2013, che parla a tutte le donne con occhi al 100% femminili.

Non esistono modi facili per affrontare un argomento spinoso, ma esiste la possibilità di scegliere se farlo o meno. Se decidi però di esporti, devi farlo bene.

Venerdì 30 aprile, durante l’ultima puntata di Felicissima Sera, programma apprezzatissimo da molti telespettatori, Pio e Amedeo hanno deciso di esporsi dicendo la loro sulla libertà di espressione, credendo in qualche modo di fare qualcosa che nessuno era riuscito a fare mai.

Il punto, però, è che andare contro corrente spesso vuol dire andare contro la massa, prendere posizioni scomode, fare parte di quei pochi che la pensano diversamente. Siamo sicuri che loro, con il loro monologo dove tiravano in causa razzismo, omofobia e il politicamente corretto, questo lo abbiano fatto veramente?

Pio e Amedeo: “Contano le intenzioni”. Allora proviamo ad analizzare i fatti

Prima che andasse in onda l’ultima puntata dello show, Pio e Amedeo avevano già pre-annunciato il loro intervento, lo avevano definito scomodo. Ma cosa c’è di scomodo nello schierarsi – ancora una volta – dalla parte di chi non è discriminato? Dire a chi già non ha molta voce di continuare a non parlare troppo, a non farla tanto lunga, è facile.

Allora proviamo ad analizzare i fatti.

Nel concreto, tra risate, battute e l’invito a non prendersi troppo sul serio, hanno detto a chi fa parte di una minoranza per cosa, come e quando bisogna offendersi.

Maschi, bianchi, etero hanno detto a neri, donne e gay – gruppi di cui non fanno parte – di non prendersela per parole, gesti e prese in giro che a loro vengono quotidianamente indirizzate.

Da donne, non abbiamo il diritto di decidere cosa troviamo offensivo? Quando un commento è inopportuno? Quando qualcuno sta oltrepassando il limite? O dobbiamo sempre e solo riderci su?

“Contano le intenzioni”, hanno affermato decisi Pio e Amedeo, non le parole. Eppure è proprio perché spesso ci dimentichiamo di dare un peso alle parole che le intenzioni, alla fine, finisco per essere quelle sbagliate.

Oggi le parole contano.

Volevano svuotare di significato termini di per sé offensivi, e questo è un concetto che alla base è valido, ma va sviscerato bene, saputo affrontare, non può essere liquidato con 10 minuti di sketch ed esempi poco riusciti (sì, perché dovrebbe essere chiaro che paragonare gli ebrei ai genovesi non è proprio la stessa cosa). Sarebbe molto bello se non ci fossero differenze nemmeno nel fare battute goliardiche, se potessimo metterci a ridere e non pensarci sopra, ma – ammettiamolo – questo non è possibile in una società dove le parole sono ancora usate come etichetta discriminante, dove uomini, donne e bambini continuano ad essere offesi per il colore della pelle, il loro orientamento sessuale, le loro origini.

Va ribadito, oggi più che mai: le parole contano.

Felicissima Sera, siamo e possiamo essere migliori

Qualcuno ha scritto che “Pio e Amedeo fanno ridere perché interpretano apposta l’italiano medio”. Ma non è arrivata l’ora di liberarsi anche di questa etichetta? Siamo e possiamo essere migliori della mediocrità.

Certo, è vero che Pio e Amedeo hanno iniziato con i cori da stadio, ci si poteva e doveva aspettare qualcosa di diverso da loro? La risposta è sì, perché se due ragazzi sconosciuti sono riusciti ad ottenere in pochi anni un programma in prima serata, allora questo vuol dire che qualcosa la sanno fare, che sono bravi, che hanno altri assi nella manica.

Non è che non si può più dire niente, è che adesso bisogna dar conto e rendersi conto di quello che si dice, perché abbiamo gli strumenti per farlo e – fortunatamente – c’è più coscienza civile, sensibilità verso certi temi e voglia di cambiamento.

Social, tv, web e ogni mezzo di comunicazione accorciano le distanze e danno spazio a tutti, anche a chi per tanto tempo non l’ha avuto. Basterebbe ascoltare le storie di chi ogni giorno lotta contro bullismo e discriminazione per capire quanto sia sbagliato nascondersi dietro la “libertà di espressione” in questi casi.

Pio e Amedeo, Marcuzzi li difende. Aurora Ramazzotti contro (e ha ragione da vendere)

“Magari volevano utilizzare la comicità per far vedere agli altri che è una cosa normalissima. Punti di vista. Ma ovviamente voi vedete sempre il lato negativo sulle cose”, questo un commento condiviso da Alessia Marcuzzi su Twitter, che in merito allo show di Pio e Amedeo ha commentato: “Io la penso così, non c’ho visto il marcio”.

Eppure qualcuno si è offeso.

L’ironia deve disarmare l’avversario, non fornirgli nuovi punti di attacco.

Al coro delle critiche si sono aggiunte anche le voci di Bianca Balti, modella molto impegnata nel sociale e sempre attiva su questi temi, Michele Bravi, che ha commentato “le parole sono importanti, tanto quanto le intenzioni”, e Lodo Guenzi, cantante de Lo Stato Sociale che su Instagram ha scritto: “Quando in tv si motteggia sulla parola dicendo che il gay Pride non ha senso perché siamo tutti uguali, mentre nel paese gli omosessuali vengono picchiati e offesi come a me non è mai successo in quanto etero, ecco no. Questo è un esempio di intenzioni con cui si usano le parole”.

Una riflessione puntuale e attenta è arrivata invece da parte di Aurora Ramazzotti, che dopo la denuncia riguardante gli episodi di cat calling, ha deciso di esporsi ancora una volta. E ha deciso di farlo bene, lei.

“Questa cosa che si continui imperterriti ad avere la presunzione di decidere cosa sia offensivo per una categoria di cui non si fa parte e di cui non si conoscono le battaglie, il dolore, le paure, il disagio, la discriminazione… rimane a me un mistero irrisolvibile”.

“Mi dispiace ma dovevo dirlo. Fare distinzione tra l’eccesso di ‘politicamente corretto’ (che infastidisce anche me) e l’uso di parole che hanno assunto connotazioni prettamente spregiative e discriminatorie è d’obbligo. Si parla di ‘intenzione’ buona o cattiva, ma oggigiorno utilizzarle (in televisione poi) denota già l’intenzione sbagliata. Lo si fa ignorando che chi fa parte delle categorie in questione ha espresso chiaramente di non volerle sentire. Perché gli fanno male. Punto”.

È in questi casi che non è necessario aggiungere altro, se non una nostra personalissima considerazione: brava Aurora.