Mario Draghi, come cambia la scuola: calendario e assunzioni

Il premier incaricato ha illustrato il suo piano: tra le priorità proprio la scuola, nel tentativo di recuperare il tempo perduto

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Redazione

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Questa settimana è iniziato il secondo giro di consultazioni. Il premier incaricato Mario Draghi ha illustrato ai partiti il suo programma e la ricetta per affrontare i temi più urgenti sul tavolo del governo che si appresta a formare. Fra questi un posto di rilievo è occupato dalla scuola, indicata come priorità dall’ex presidente della Banca Centrale Europea. Secondo lui i punti fondamentali su cui intervenire sono due: recuperare il tempo perduto rivedendo il calendario delle lezioni e rimodulare le assunzioni in modo da evitare il solito valzer dei supplenti a settembre.

Scuola, un’emergenza da risolvere

Che gli alunni siano tra le categorie più penalizzate dalla pandemia è ormai un dato di fatto evidente a tutti. L’istruzione è la base su cui deve essere fondata ogni società civile, senza di questa una nazione non ha futuro. Tra didattica a distanza, quarantene, orari ridotti e lezioni in presenza a singhiozzo, di scuola vera se ne è fatta davvero poca, con danni irreparabili per i ragazzi, sia in termini di apprendimento che psicologici e sociali.

Alcuni studi internazionali riportati dal Sole24Ore hanno evidenziato, all’estero, gap formativi incredibili, tra il 30 e il 50 per cento in matematica e nelle lingue. In Italia non abbiamo dati a disposizione, anche per via della mancanza di test nelle scuole (il governo Conte lo scorso anno non ha fatto svolgere le prove Invalsi che avrebbero dato un’idea della situazione). Gli esperti sono comunque concordi nel dire che anche nel nostro Paese i gap formativi non sarebbero lontani da questi numeri, viste anche le difficoltà riscontrate negli apprendimenti già negli anni precedenti.

Il Covid, dunque è andato a inserirsi in un contesto già di per sé da rivedere e, come accaduto per altri settori, come quello dell’occupazione femminile, ha solo esasperato ulteriormente una situazione già disastrata.

Il piano Draghi, cambia il calendario delle lezioni

Mario Draghi è stato chiaro nell’illustrare quella che è la sua priorità, ossia “rimodulare il calendario scolastico” dell’anno attualmente in corso per fare in modo di recuperare i “numerosi giorni persi”. Questo il messaggio mandato alle forze politiche con cui si sta confrontando nelle ultime ore. Ma cosa significherebbe nel concreto?

L’ipotesi è quella di recuperare le lezioni perse prolungando l’anno scolastico fino a fine giugno o luglio, magari prevedendo alcuni turni di pomeriggio durante questi mesi che restano. Opzioni che però rischiano di essere difficilmente praticabili se i lavoratori della scuola, cioè insegnanti e operatori scolastici non remeranno nella stessa direzione. Inoltre, bisognerebbe poi rivedere anche il calendario degli Esami di Stato, che slitterebbero ulteriormente. Senza contare i problemi contrattuali su cui si dovrebbe intervenire. Infine, c’è da considerare la variabile temperature, che in alcune aree del Paese nel mese di luglio arrivano a essere insostenibili.

La decisione spetterà alle singole Regioni, ma c’è da supporre che con la larga intesa che supporterà il nuovo governo difficilmente si metteranno di traverso.

Scuola, stop al valzer dei supplenti: il piano di assunzioni

Altro tema evidenziato da Mario Draghi e catalogato come urgenza è quello di mettere fine al solito domino di cattedre vacanti a settembre, con i supplenti che si ritrovano a occupare posti per pochi mesi (se non giorni) fino all’aggiornamento delle graduatorie, che vede il Ministero dell’Istruzione in costante affanno.

Qui l’ex presidente della Bce è stato molto netto: l’obiettivo del nuovo governo è che a settembre non vi siano posti vacanti e che tutte le cattedre siano assegnate. Secondo i calcoli del Sole24Ore, a settembre si rischiano circa 220mila posti vuoti, da coprire con supplenti (vuol dire che circa un docente su quattro è precario). Numeri incredibili che non si possono certo ignorare. A pesare su questo bilancio è anche il ritardo dei concorsi (che tra una cosa e l’altra sono in ballo da più di due anni, prima ancora che subentrasse la pandemia a complicare ulteriormente le cose).

A oggi, è partito solo un concorso, pur fra tutte le polemiche, quello per le 32mila cattedre, sospeso con l’acuirsi della situazione di emergenza della seconda ondata e che ora si appresta a essere concluso. Fermi invece i restanti due concorsi ordinari, che comprenderebbero circa 46mila posti. Su questi è probabile che il governo formato da Mario Draghi ingrani la marcia non appena sarà nominato il nuovo ministro dell’Istruzione.