Marina Crialesi: “Io e Nicolò Zenga da tre anni lottiamo per avere un figlio”

L'attrice racconta la sua dolorosa battaglia per riuscire a diventare madre insieme al marito, erede dell'ex portiere Walter Zenga

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Antonella Latilla

Giornalista, esperta di tv e lifestyle

Giornalista curiosa e determinata. Scrittura, lettura e cronaca rosa sono il suo pane quotidiano. Collabora principalmente con portali di gossip e tv.

A tre anni dal romantico sì celebrato a Roma, Marina Crialesi e Nicolò Zenga sono oggi alle prese con una dolorosa battaglia: la coppia sta lottando per avere un figlio. Un percorso, quello della fecondazione assistita, che si sta rivelando più complicato e tortuoso del previsto, con delle ripercussioni decisamente importanti sull’attrice e sul figlio dell’ex portiere Walter Zenga. Marina e Nicolò hanno però deciso di condividere il loro dramma per dare fiducia e sostegno a chi sta attraversando lo stesso inferno.

Marina Crialesi e Nicolò Zenga: infertilità e fecondazione assistita

Sulle pagine del settimanale DiPiù Marina Crialesi ha rivelato che da tre anni sta provando ad avere un bebè con Nicolò Zenga, fratello maggiore di Andrea Zenga, ex concorrente del Grande Fratello Vip, e dunque cognato dell’attrice Rosalinda Cannavò (ex Adua Del Vesco). “Nonostante il dolore, fisico e psicologico, la delusione, la frustrazione e le mille difficoltà che incontra chi, come noi, si rivolge alla medicina e alla procreazione assistita per avere un bambino, non intendiamo arrenderci, perché il desiderio di avere un figlio è più forte di tutto”, ha ammesso Marina, anche lei attrice (dal 2016 al 2021 ha indossato i panni di Beatrice nella soap opera Un Posto al Sole).

Prima di rivolgersi ad un centro per la fertilità, Marina Crialesi e Nicolò Zenga hanno provato per otto mesi a concepire un figlio naturalmente. La coppia ha così scoperto di soffrire di infertilità sine causa, cioè senza causa, senza motivazioni. Nessun impedimento fisico particolare o problema medico da risolvere, insomma.

La Crialesi e Zenga hanno pertanto deciso di iniziare il percorso di procreazione assistita. Un percorso complicato, che prevede l’assunzione di molti farmaci, degli integratori e un piano alimentare ben preciso. Le iniezioni di ormoni sono state la parte più complicata, soprattutto per Marina.

Marina Crialesi e la fecondazione assistita
Fonte: IPA
L’attrice Marina Crialesi nella struttura alla quale si è affidata per la procreazione assistita

Marina Crielesi: le iniezioni di progesterone e l’aborto

“Ho sempre avuto il terrore degli aghi – ha spiegato la 34enne – Inizialmente me le faceva Nicolò e quando lui non c’era mi aiutava un’amica che è medico. Ma non sempre era possibile perché le iniezioni vanno fatte in momenti precisi, orari precisi, e non sempre potevo correre da lei o da lui. Così ho dovuto superare la mia grande paura. Non auguro a nessuno di fare iniezioni di progesterone“.

Marina Crialesi ha aggiunto: “Il composto che si inietta ha una consistenza oliosa, quindi provoca dolore e anche piccoli ematomi. Mi sentivo come se mi avessero presi a calci sulle natiche. Dopo poco avevo la pancia piena di lividi per le iniezioni di eparina, per evitare i coaguli di sangue, e il fondoschiena pieno di ematomi per quelle di ormoni, tanto che era doloroso sia stare seduta sia alzarmi. Mi è capitato di doverle fare mentre ero sul set della seconda stagione di Lea“.

Dopo il primo tentativo, dopo il primo trasferimento degli embrioni, Marina Crialesi è rimasta incinta ma ha perso il bambino. “In seguito abbiamo fatto altri due tentativi, ma entrambi non sono andati a buon fine”, ha precisato. Nonostante lo sconforto, la rabbia e la frustrazione, lei e Nicolò non intendono abbandonare l’idea di avere un piccolo Zenga.

“Non intendiamo fermarci, anche se è un percorso doloroso e anche molto costoso – ha puntualizzato Marina – Se ci si affida a strutture pubbliche i tempi di attesa sono lunghi e si rischia di perdere tempo prezioso. Se si va in strutture private, si spendono migliaia di euro per ogni tentativo. Diventare genitori dovrebbe essere un diritto maggiormente tutelato, sostenuto”.