Sportive (e non solo)? Ricordate la corretta respirazione

Le tecniche per imparare a respirare bene e perché è importante conoscerle, anche se non si è sportivi

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Federico Mereta

Giornalista Scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica: raccontare la scienza e la salute è la sua passione. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Non ce ne accorgiamo nemmeno, di respirare. Ma purtroppo spesso assumiamo aria in modo non corretto, anche e soprattutto quando facciamo sport. E se per capire quando stiamo “esagerando” chiedendo troppo al nostro organismo ci può aiutare il “talk test”, ovvero la possibilità di parlare tranquillamente che viene a mancare quando il “fiatone” per uno sforzo troppo intenso ci impedisce di farlo in modo normale, sulla tipologia di respirazione contano molto l’abitudine e l’allenamento.

Purtroppo, se i nostri atteggiamenti respiratori non sono corretti, negli anni rischiamo di più dolori alla schiena, al collo, fastidi dell’articolazione temporo-mandibolare con conseguente cefalee e fastidi della masticazione. Per tutti, ma soprattutto per chi approfitta delle belle giornate per mettersi in forma, è quindi fondamentale “imparare” a respirare bene. Ma non accade sempre. Anzi si tratta di una situazione rara anche tra gli sportivi, come rivela una ricerca apparsa su Journal of Strength and Conditioning Research, condotta su quasi 2000 giovani atleti in Giappone da un’equipe dell’Università Ritsumeikan.

Il modello ideale

Provate a mettervi davanti ad uno specchio per studiare come respirate. Secondo la scienza se vi accorgete che la spalla tende ad alzarsi e il torace si innalza e si allarga, probabilmente non siete sulla strada giusta. La respirazione ottimale è quella che prevede l’impiego dei muscoli respiratori come il diaframma, con conseguente movimento non solo del torace sia in alto che in basso ma anche dell’addome.

Gli studi dimostrano che questo tipo di respirazione tende a far mantenere nel tempo una postura migliore e a limitare i rischi di dolori articolari e reazioni allo stress. Proprio lo stress, peraltro, è uno degli elementi che più incidono sulla respirazione e sul modo che abbiamo di far arrivare ossigeno al nostro corpo. Sembra facile a dirsi.

Ma andando a valutare i risultati della ricerca giapponese c’è di che preoccuparsi, anche perché le analisi sono state eseguite su giovanissimi che fanno sport, attraverso un test specifico per valutare le modalità di respirazione. stando ai risultati, più di nove giovani su dieci (soprattutto nell’età della scuola media) tendono ad avere una respirazione non ottimale, in particolare tra chi gioca a tennis, a pallavolo o a pallacanestro. Insomma, c’è molto da fare. ed a tutte le età.

È importante controllare le modalità della nostra respirazione, soprattutto mentre facciamo attività fisica, per ridurre i rischi che anche per questo motivo l’organismo si trovi esposto a “stress” che non fanno certo bene. Quindi ricordiamo di prestare attenzione anche a questo elemento, sia durante lo sport che nella vita normale. Respirare bene, muovendo correttamente i muscoli che controllano questo atto involontario, significa aiutare il benessere.

Il mistero della respirazione

Forse non ci pensiamo. Ma un atto involontario come respirare – pensate che quando una persona si “impegna” per immettere aria nei polmoni si parla di dispnea – rappresenta un elemento da conoscere. Mediamente, ogni giorno, senza che ce ne accorgiamo, lavoriamo quasi 19.000 litri di aria. Con quella che entra attraverso il naso e la bocca, scende lungo le vie dell’apparato respiratorio e arriva fino ai polmoni,  introduciamo l’ossigeno necessario per la produzione di energia ed il benessere delle cellule ed eliminiamo l’anidride carbonica. Il fenomeno si ripete mediamente quindici – venti volte ogni minuto, più di venticinquemila volte ogni giorno.  L’aria scende dalle alte vie respiratorie attraverso la trachea, un grande tubo che si trova nel torace.

Poi, come una linea ferroviaria che giunge in prossimità di una stazione principale, la trachea si suddivide nei bronchi, i “binari” del respiro. Questi diventano sempre più piccoli, fino ad arrivare alla “centrale operativa” del polmone. Un piccolo “sacco” pieno d’aria, che si chiama alveolo. In questo sacchetto giungono non solo le più piccole diramazioni delle vie del respiro, ma anche i capillari del sangue. E proprio attraverso le pareti degli alveoli, che sono tanto sottili da far passare i gas che arrivano dall’esterno e sono trasportati dal sangue, avvengono gli scambi.

L’alveolo – nel corpo umano ce ne sono circa 300 milioni – svolge costantemente la sua funzione fondamentale. Prende il gas del sangue e lo manda verso l’esterno, per farlo eliminare con la respirazione. E si “impossessa” dell’aria ricca di ossigeno, che verrà poi distribuito ai globuli rossi e quindi andrà ad alimentare tutto l’organismo. La maggior parte dell’ossigeno infatti viene caricato sulle molecole di emoglobina, mezzi di trasporto che, all’interno dei globuli rossi, hanno il compito di portarlo fin nelle zone più lontane del corpo