I reni pesano circa 200 grammi l’uno. Hanno la forma di un fagiolo e, anche se li consideriamo sempre e solamente come i “depuratori” dell’organismo visto che producono l’urina, conservano ciò che ci serve ed eliminano i “rifiuti”, hanno davvero tante funzioni. Tra queste, basti pensare che attraverso il controllo della vitamina D ci aiutano a preservare le ossa (e non solo), ci proteggono dall’anemia producendo l’eritropoietina, favoriscono il controllo della pressione.
Campanelli d’allarme
Solo che i reni hanno un difetto: lavorano sempre, senza lamentarsi. Così non ci accorgiamo che qualcosa non funziona se non compaiono i primi segnali della loro inefficienza, spesso poco riconoscibili. Magari ci si sente sempre stanche – proprio per un’eventuale anemia – oppure compaiono gonfiori alle caviglie o sotto gli occhi. Per questo gli specialisti della Società Italiana di Nefrologia lanciano l’allarme.
Dieta ed esami di controllo
Arrivare presto a riconoscere che il rene non funziona significa poterlo aiutare al meglio, soprattutto con un giusto stile di vita (attenzione al sovrappeso, regolare attività fisica ed alimentazione mediterranea con largo spazio alle proteine vegetali e controllo del sale e dell’eccesso proteico) e con i farmaci se lo specialista li ritiene necessari. Proprio sul sale, peraltro, c’è da fare una riflessione: secondo Giuliano Brunori, presidente della società Italiana di Nefrologia, un solo panino da cento grammi (a meno che non si scelga un pane particolare) può arrivare a dare il 40 per cento del fabbisogno di sodio necessario all’organismo.
Per questo occorre controllare la salute dei reni e basta davvero poco: un esame urine per verificare la presenza di albumina e (se il rene non la trattiene sta soffrendo) ed un semplice esame del sangue, la creatininemia, con successiva stima del valore della filtrazione glomerulare, principale parametro indicativo del funzionamento dei reni. “L’approccio più corretto per cercare di contrastare la malattia renale cronica – spiega Giuliano Brunori, Presidente Sin – è quello non di “attendere” i pazienti in ospedale ma di andarli a “cercare” nella popolazione, e soprattutto nei soggetti a rischio.
In quest’ottica un aiuto determinante può arrivare dal fatto che i test per la diagnosi della patologia sono ampiamente disponibili, facili ed economici e che è noto l’identikit dei soggetti a rischio di insufficienza renale cronica: sono i diabetici, gli ipertesi, gli obesi, le persone con dislipidemie ed in generale gli over 65. Tutti soggetti che dovrebbero controllare la funzione renale almeno una volta all’anno.”
I rischi al femminile
Non pensate che le malattie renali, prima tra tutte quella cronica, siano di pertinenza maschile. Più o meno il rischio è pari nei due sessi e addirittura ci sono condizioni che si coniugano soprattutto al femminile.
Secondo alcuni studi, in generale, la probabilità di sviluppare una malattia renale cronica è più elevata nel sesso femminile, con una prevalenza media del 14 per cento per le donne e 12 per cento per gli uomini.
Alcune malattie renali, come la nefropatia lupica e le infezioni renali (pielonefrite acuta o pielonefrite cronica) affliggono tipicamente le donne. La nefropatia lupica (legata al Lupus Etitematoso Sistemico) è causata da una malattia autoimmune, in cui i meccanismi di difesa del corpo si rivoltano contro le sue stesse cellule e interessano vari organi, tra cui il rene. La pielonefrite è un’infezione renale, che può coinvolgere uno o entrambi i reni. Le infezioni renali (come molte delle infezioni delle vie urinarie) sono più comuni nelle donne e il loro rischio aumenta in gravidanza. Per assicurare buoni risultati del trattamento, come in molte malattie renali, la diagnosi e le cure devono essere tempestive.
In gravidanza
Proprio parlando della gravidanza, la malattia renale cronica è un fattore di rischio che può anche influire negativamente sulla fertilità. Le donne che ne soffrono corrono un rischio più elevato di sviluppare problemi in gravidanza, con complicazioni sia per la madre che per il bambino e quindi vanno seguite con particolare attenzione durante la dolce attesa.
Il rischio aumenta con l’aumentare della gravità della malattia renale, e questo comporta una più alta elevata probabilità di sviluppare ipertensione, preeclampsia ed un parto pre-termine. Sia chiaro però che anche nelle donne sottoposte a dialisi, sebbene la fertilità sia molto ridotta, il concepimento è possibile. I migliori risultati si registrano in pazienti trattate con dialisi più frequente: per questo è importante sviluppare programmi dedicati alle donne in età fertile.
Nelle donne che hanno ricevuto un trapianto renale, le possibilità di concepimento e di una gravidanza senza complicazioni sono più elevate. Rimane però una situazione da non sottovalutare, che richiede un’attenta valutazione pre-concezionale da parte del ginecologo e del nefrologo. In tutti i casi occorre conoscere meglio le malattie renali e il loro impatto sulla gravidanza, identificare tempestivamente la malattia renale cronica in gravidanza, e seguire strettamente tutte le donne che soffrono di questa patologia durante e dopo la gravidanza stessa.
Attenzione però: a volte la gravidanza diventa un’occasione preziosa per diagnosticare una malattia renale e trattarla per tempo. All’inverso, alcune complicazioni che possono insorgere in gravidanze normali possono aumentare il rischio di sviluppare malattie renali.
Prima tra tutte è la preclampsia, una sindrome in cui un difetto dell’impianto della placenta provoca ipertensione, proteinuria, e danno renale. Sebbene il danno renale sia in genere reversibile, almeno a breve termine, la preeclampsia può essere molto grave e rappresenta una delle tre cause principali di decesso in gravidanza. Preclampsia, infezione della placenta ed emorragia post-partum sono tra le cause più frequenti di malattia renale acuta nelle donne giovani, e sono associate con lo sviluppo di malattie renali croniche in futuro.